Omelia (15-04-2012)
padre Ermes Ronchi
Credere senza aver visto

E' la domenica di Tommaso e di una bea­titudine che sento mia: Beati quelli che non hanno visto eppure credono! Le al­tre le ho sentite difficili, cose per pochi co­raggiosi, per pochi affamati di immenso. Questa è una beatitudine per tutti, per chi fa fatica, per chi cerca a tentoni, per chi non ve­de, per chi ricomincia. Siamo noi quelli di cui parla Gesù, noi che non abbiamo visto e­p­È pure di otto giorni in otto giorni con­tinuiamo a radunarci nel suo nome, a distanza di millenni e a prossimità di cuo­re; di noi scrive Pietro: «voi lo amate pur sen­za averlo visto». Otto giorni dopo venne Gesù, a porte chiu­se. C'è aria di paura in quella casa, paura dei Giudei, ma soprattutto paura di se stessi, di come lo avevano abbandonato, tradito, rin­negato così in fretta. Mi conforta pensare che, se anche trova chiuso, non se ne va'. Ot­to giorni dopo è ancora lì: l'abbandonato ri­torna da quelli che sanno solo abbandona­re.
Viene e sta in mezzo a loro. Non chiede di es­sere celebrato, adorato. Non viene per rice­vere, ma per dare. È il suo stile inconfondi­bile. Sono due le cose che porta: la pace e lo Spirito.
Pace a voi. Non un semplice augurio o una promessa futura, ma una affermazione: la pace è a voi, vi appartiene, è già dentro di voi, è un sogno iniziato e che non si fermerà più. Io vi porto questo shalom che è pienezza di vita. Non una vita più facile, bensì più pie­na e appassionata, ferita e vibrante, ferita e luminosa, piagata e guaritrice. La pace a­desso.
Soffiò e disse loro: ricevete lo Spirito Santo. Su quel pugno di creature, chiuse e impaurite, scende il vento delle origini, il vento che sof­fiava sugli abissi, che scuote le porte chiuse: ecco io vi mando!
Scende lo Spirito di Gesù, il suo segreto, il suo mistero, ciò che lo fa vivere, il suo respiro stesso: vivrete di ciò di cui vivo io. Lo ha spe­rimentato Paolo: non son più io che vivo, è Cristo che vive in me. Lo ha comunicato a tutti: Voi siete già stati risuscitati con Cristo (Col 3,1). Già risorti adesso, per una eternità che già mette le sue prime gemme. In quel soffio Gesù trasmette la sua forza: con lo Spi­rito di Dio voi farete le cose di Dio. E la pri­ma delle cose da Dio è il perdono.
Tommaso, metti qua il tuo dito nel foro dei chiodi, stendi la mano, tocca! Le ferite del Risorto, feritoie d'amore: nel corpo del cro­cifisso l'amore ha scritto il suo racconto con l'alfabeto delle ferite, indelebili ormai come lo è l'amore.
Gesù che non si scandalizza dei miei dubbi, ma mi tende le sue mani. A Tommaso basta questo gesto. Non è scritto che abbia tocca­to. Perché Colui che ti tende la mano, che non ti giudica ma ti incoraggia, è Gesù. Non ti puoi sbagliare!