Omelia (22-04-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
Veramente il Signore è Risorto: è apparso.

Dopo la risurrezione, Gesù appare ai discepoli, comprese le donne. Apparirà poi a più di cinquecento persone prima di incontrare Paolo sulla via di Damasco, e questi, pentito del suo passato di persecutore della comunità cristiana, si paragonerà ad un aborto (1Cor 15, 8).
Proprio l'esperienza di Paolo è utilissima a descriverci il fenomeno delle apparizioni come un dato di attendibilità della risurrezione di Cristo, come qualcosa che inequivocabilmente ci dà la certezza che egli è Vivo e non più relegato al sepolcro.
Anche Luca si avvale di questa verità, poiché esclama categoricamente: "Davvero Gesù è risorto ed è apparso a Simone!" e adesso descrive un'esperienza significativa della presenza del Risorto "in mezzo ai suoi". Gesù, nella versione di Luca infatti "sta in mezzo a loro", cioè interagisce, comunica, parla e soprattutto reca loro la "pace", quella condizione di benessere e di gioia spirituale che non si trova nel mondo, ma che solo Dio può concedere.
Certamente egli si mostra nella vera umanità e deve anche darne un saggio concreto agli increduli discepoli che stentano a riconoscerlo: mostra loro le mani e il costato, li rassicura e consuma una porzione di pesce arrostito in mezzo a loro. E' necessario ricorrere a tutte queste manifestazioni esteriori, poiché i suoi interlocutori, straniti e inebetiti, credono di vedere un fantasma. La credenza dei fantasmi non doveva essere un fatto nuovo presso i contemporanei di Gesù, visto che non è la prima volta che il loro Maestro viene confuso con una figura spettrale: anche quando egli camminava sulle onde marine i discepoli, guardando quella strana apparizione in mezzo ai flutti, pensavano ad un fantasma e in quell'occasione Gesù dovette dir loro "Coraggio, sono io, non temete."(Mt 14, 22 - 36). Essa non è neppure estranea nella Bibbia, visto che nonostante il divieto da lui stesso imposto al suo popolo, il re Saul in incognito si reca da una negromante perché gli evochi lo spirito di Samuele, che di fatto appare (1Sam 28, 7). La credenza nei fantasmi e degli "spiriti", forse anche proveniente da qualche cultura limitrofa', era evidentemente relativa al regno dei morti, ai trapassati che non avevano più nulla da spartire con coloro che ancora erano in vita. Gli increduli apostoli di conseguenza vedendo quella strana immagine che "sta in mezzo a loro" pensano ad un trapassato, ad un estinto che non potrà dare loro più nulla e che nulla potrà apportare a parte lo spavento e lo sbigottimento.
Tuttavia Gesù non è un fantasma e non appartiene al regno dei morti "che non hanno più parte in questa vita" (Salmo 90, 14). Egli sta in mezzo ai suoi come il Vivente, il trionfante sul peccato e sulla morte, il cui corpo non è più paragonabile a quello di cui disponeva prima della crocifissione, ma è un corpo glorioso e indistruttibile, non più soggetto alle intemperie e alle necessità somatiche comuni a tutti gli uomini. Gesù si mostra loro effettivamente "in carne ed ossa", quindi nella pienezza delle fattezze umane e mostra anche le mani e i piedi (Giovanni dirà mani e costato) ma ciò non toglie che il suo corpo non è più quello del Crocifisso, ma del Crocifisso Risorto, che è passato dalla morte alla vita. Un corpo insomma glorioso destinato a conoscere la vita per sempre.
Gli apostoli subito dopo probabilmente se ne rendono conto, visto che passano dalla paura alla gioia: essi continuano a non credere perché avvinti dalla gioia, che impedisce loro di accettare che quello stano figuro sia proprio Gesù. Forse vorrebbero credervi, ma non ci riescono. Solo dopo che Gesù mangia davanti a loro il pesce comprendono che colui con il quale stanno conversando non è il lugubre esponente del regno dei morti ma il Cristo che con la risurrezione ha reso inesistente il regno dei morti per affermare il Regno di Dio. Ma ciò che agli apostoli si rimprovera è la mancata rammentazione delle Scritture, le quali dal canto loro parlavano espressamente della morte e della risurrezione del Messia e Salvatore e avrebbero potuto essere già di prima oggetto della loro meditazione e della loro comprensione.
L'episodio narrato fa seguito all'incontro con i discepoli sulla via di Emmaus, che avevano riconosciuto Gesù allo spezzare il pane e che avevano avvertito in cuore una certa arsura mentre questi, camminando con loro in incognito, spiegava loro le Scritture su quanto si riferiva a lui. E proprio gli stessi discepoli sono presenti ora, mentre avviene la comparsa del presunto "fantasma".
Sia quel che sia, per mezzo delle sue apparizioni Gesù offre una certezza della sua resurrezione perché procura dei testimoni credibili del suo messaggio. Gli apostoli, primo fra tutti Pietro, potranno garantire con la loro personale testimonianza che davvero il Signore è risorto e che per questo è tempo di novità e di vita piena e indefinita.
Paolo renderà testimonianza del Signore risorto con la sua testimonianza che è già sufficiente a rendere ragione del suo messaggio e della motivazione della sua missione. Tuttavia, sulla scia di quanto il maestro ha insegnato, arringando il popolo dei Giudei, non trascurerà di illuminarlo intorno alle prefigurazioni della Scrittura, le quali avevano preannunciato la morte e la risurrezione del Messia.
La frase più eloquente dell'apostolo Pietro è che i Giudei avevano ucciso "l'autore della vita", ma che Dio lo ha ora risuscitato perché la vita avesse davvero l'ultima parola sulla morte.
E tale è la conclusione che anche a noi ci si prospetta sulle apparizioni del Risorto: il trionfo della vita e il fatto che per noi adesso il vivere è Cristo e il morire è un guadagno (Fil 1, 21), poiché il morire cristiano è il vivere per sempre. E comporta la necessità che non ci ostiniamo, con il peccato e con le brutture di sempre, a cercare fra i morti colui che è vivo.