Omelia (29-04-2012) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Atti 4, 8-12; Salmo 117; Prima Giovanni 3,1-2; Giovanni 10,11-18 Il tema che troviamo oggi nelle letture che la liturgia ci propone è quello della relazione. Non c'è misericordia se non c'è relazione, se non c'è incontro, se non c'è rapporto. È la relazione con un nome, Gesù (prima lettura), è la relazione con il Padre nella quale ci riconosciamo realmente figli (seconda lettura), è la caratteristica di Gesù-Pastore che conosce le sue pecore e a sua volta è conosciuto dal Padre (vangelo). Nella prima lettura Pietro dichiara, nella sua arringa davanti al sinedrio, il primato assoluto del Cristo per la salvezza: in nessun altro c'è salvezza. Cristo diventa il punto di coesione "la pietra angolare" attorno a cui si costruisce l'intero edificio della storia e della comunità redenta. La stessa affermazione la troviamo nel Salmo 117, con una ulteriore sottolineatura: "Questo è stato fatto dal Signore: una meraviglia ai nostri occhi" (cioè dà valore a ciò che apparentemente non lo ha). Giovanni nella sua lettera ci ricorda che Gesù è il dono che il Padre ci ha dato, per essere chiamati figli di Dio, e questo è il nome con il quale ci chiama Dio. Noi lo conosceremo in modo pieno quando Lui si manifesterà, perché saremo simili a Lui. Un messaggio di fiducia per il momento che viviamo noi qui, ora, e un motivo di speranza per il futuro. Nel vangelo troviamo la figura di "Gesù buon pastore", che offre la sua vita per le pecore, le conosce ad una ad una e vuole condurre all'ovile. Il tema del pastore è di chiara derivazione biblica. Per Giovanni il pericolo che corrono le pecore non è materiale, ma è l'oscurità e la lontananza da Dio, è l'incredulità che esclude dalla salvezza. Gesù dice "E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare", questo per dirci che la sua venuta non è solo per alcuni (il popolo di Israele), ma per tutti. Egli infatti è l'unico pastore che condurrà, attraverso la sua morte e resurrezione, tutte le le pecore alla salvezza. Anche noi quindi siamo chiamati ad aprire il nostro sguardo e porre la nostra attenzione su tutti i nostri fratelli, di qualunque razza e religione. Gesù ci chiede anche di essere capaci ad allontanare da noi i falsi profeti, i mercenari, cioè coloro che ci usano solo per i loro interessi e sono pronti a lasciarci nel caso del pericolo. Ci chiede cioè di vivere da pecore e non da pecoroni! Questo significa prendere sul serio le parole di Gesù. Il pastore è Colui che fa passare l'idea di Dio-Amore e che ama in modo incondizionato tutti. Ci dice che una vita vissuta coscientemente come offerta continua è una vita libera, che si realizza nella vita di coppia e di famiglia, che vede nella relazione/donazione reciproca il senso della propria esistenza. Il "chiamare per nome" ci rimanda al senso della relazione, dietro al nome c'è sempre un volto, una persona della quale dobbiamo prenderci cura, come fa Gesù con le sue pecore: il nome apre il mondo dell'altro e quindi il mondo di Dio. Gesù, buon pastore, ci rende partecipi della sua cura per tutti, in questo troviamo la bellezza della vita cristiana: pensare agli altri, amare gli altri, aiutare gli altri, dare la vita per gli altri. Ecco quindi il grande mistero del dono che si fa vita, che si trasforma in un tutt'uno con Dio e con i fratelli, attraverso il comando di Dio e la mediazione di Gesù Cristo. Come non trovare questa dinamica all'interno della coppia e della famiglia? Per la riflessione di coppia e di famiglia: Abbiamo la coscienza di essere figli, amati, cercati, indirizzati, salvati e guidati per un progetto di vita buona? Come lo riscontriamo nella nostra vita quotidiana? Questo stile lo travasiamo nella nostra relazione di coniugi, genitori, di persone presenti sul territorio? |