Omelia (15-04-2012) |
don Maurizio Prandi |
Un corpo eternamente ferito La seconda domenica di Pasqua è nota come la "domenica di San Tommaso" perché sempre ascoltiamo questo brano di Vangelo, in cui uno dei discepoli fa questo percorso così importante e decisivo: dall'incredulità alla fede piena. Al centro della Liturgia della Parola sta ovviamente il Risorto, ma un ruolo importante e decisivo lo gioca la "comunità dei credenti" (così la chiama il libro degli Atti degli apostoli). E' stato bello nelle nostre comunità ascoltare come lo Spirito di Dio cambia, trasforma, resuscita la prima chiesa: da gruppo di uomini impaurito e ripiegato su di sé, nascosto, che quasi giace in una tomba (la casa nella quale sono riuniti, con le porte ben chiuse la possiamo assimilare ad un sepolcro - questa non è una casa, è un loculo! ha detto una signora della comunità di Las Nieves) a comunità che viene fatta risorgere per essere capace di testimonianza e di annuncio (comunità di Bose). Gesù, alitando sui discepoli come Dio fece con il primo uomo, crea la nuova comunità. Due sono le cose che ci hanno colpito per quello che riguarda i rapporti tra i discepoli presenti alla prima venuta di Gesù e Tommaso, l'unico assente; due dati che paiono opposti e allo stesso tempo presenti, e proprio per questo diventano domande utili ad una verifica di stile per le nostre comunità. La prima (forse esagero, ma la credo una interpretazione plausibile): non sembra una comunità così capace di annunciare il Risorto, se uno dei suoi membri non riesce ad accogliere la sua testimonianza. Una comunità che afferma di aver visto il Signore e basta, non c'è nessuna sottolineatura particolare in Giovanni: con il cuore colmo di gioia gli dissero... saltando di felicità gli dissero... immediatamente gli annunciarono: il Signore è Risorto... niente di tutto questo. Ecco la domanda allora: forse qui sono rappresentate tante comunità, forse qui è rappresentata la Chiesa, forse qui ci sono anche io che non riesco a comunicare, a trasmettere quella bellezza, quella gioia della Risurrezione che può dare vita a tutti i credenti? Ripeto allora qualcosa che già la notte della vigilia ci siamo detti e che mi pare importante per provare a concretizzare un poco, per provare a calare nella realtà di tutti i giorni la Risurrezione di Gesù: se Resurrezione è una sola parola, quella parola è formata da altre parole che Gesù ha vissuto: povertà, umiltà, condivisione, disponibilità, servizio, dono, misericordia, bontà, umanità. Per meno di questo non si può trasmettere niente, non si può suscitare nessuna emozione, diventa davvero difficile credere nella Resurrezione. Lo stesso avviene quando la Resurrezione è presentata come qualcosa di molto più grande della povertà, della umiltà, della condivisione, della disponibilità. La seconda cosa che ci ha colpiti (tanto diversa da sembrare all'opposto ma a me non pare in contraddizione) è che questa comunità pare aver immediatamente accolto il comandamento della misericordia, del perdono. Sempre ascolto con attenzione le parole di Gesù in questo brano: La pace sia con voi (per gli ebrei era il saluto normale, di tutti i giorni e per qualsiasi incontro, ma sappiamo che lo stesso Gesù ha detto ai suoi discepoli che la sua pace è differente rispetto a quella che dà il mondo); io vi mando (ancora prima di dare loro lo Spirito, nonostante fossero impauriti e chiusi); perdonate... è questo, secondo Gesù, il primo compito dei discepoli (forse l'unico???): perdonare! E immediatamente con Tommaso usano misericordia: non lo giudicano né lo condannano per questa mancanza di fiducia in loro; al contrario lo accolgono ponendo così una base importante perché Tommaso possa, otto giorni dopo, credere senza dover comprovare toccando le ferite di Gesù. D'altra parte Tommaso sa molto bene che il Risorto non può essere un'entità spirituale, un qualcosa al di là della materia che entra nella vita delle persone... no! Il Risorto ha un corpo e questo corpo è un corpo ferito, eternamente ferito. In questo senso dovremmo, credo, augurarci tutti di essere davvero gemelli di Tommaso per poter incontrare Gesù risuscitato in ogni ferita, in ogni dolore, in ogni debolezza che ci chiede di essere visitata, accompagnata, condivisa. E a chi ci annuncia: Ho visto il Signore! con quell'aria tra il trasognato e il mistico, anche noi abbiamo il diritto di dire: E le ferite? Dove sono? Domenica scorsa, durante la celebrazione dell'Eucarestia a Cascajal avremmo potuto dire: Abbiamo visto il Signore! Sì, il Risuscitato, ferito... in una giovane mamma (Yisela, 18 anni), che con il suo sposo hanno battezzato la loro bambina. Yisela, due anni e mezzo fa', ha cominciato a frequentare gli incontri nella sua comunità dopo essere stata violentata da suo padre e in mezzo a mille difficoltà, credendo fermamente che l'amore vince tutto, ha conosciuto e sposato Yandri. Celebrare il battesimo di Heidi, la loro figlia ha dato concretezza alla mia Pasqua e a quelli che erano a conoscenza di quello che era successo: Abbiamo visto il Signore! E' veramente Risorto! |