Omelia (01-01-2004)
don Elio Dotto
Custodire ed essere custoditi

In questi giorni di Natale abbiamo ascoltato e riascoltato il racconto evangelico della nascita di Gesù, sia nella tradizione di Luca che in quella di Matteo. In questo racconto c'è un particolare che stupisce sempre: Maria, la madre di Gesù, non dice una sola parola. L'attenzione è tutta concentrata sull'evento dell'incarnazione di Dio, tanto da lasciare sullo sfondo i vari personaggi che partecipano all'evento. Questo avviene per Giuseppe, per i pastori, per i magi dell'Oriente, per Erode... e questo avviene anche per Maria, che pure è la Madre di Gesù.
Non significa certo che la partecipazione di Maria al Natale sia stata passiva, quasi superflua. Anzi, è vero il contrario: «Maria, da parte sua, serbava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore» (cfr Lc 2,16-21). Maria partecipa attivamente all'evento del Natale, ma lo fa con discrezione: la sua preoccupazione davanti al piccolo Gesù non è parlare, spiegare, capire; ma è custodire.
Custodire: una parola oggi un po' dimenticata, un po' fuori moda. Sono più in voga altre parole come consumare, usare, sfruttare; oppure, per altri aspetti, parole come difendere, salvaguardare, proteggere. La parola custodire è certo meno usata, almeno nel linguaggio corrente; eppure è una parola preziosa, che il Vangelo di oggi ci aiuta a ritrovare.
Custodire è parola preziosa perché è carica anzitutto di stupore: si custodiscono le persone care, le amicizie, i ricordi belli del passato; si custodisce cioè quello che nella nostra storia ha generato meraviglia e gratitudine. Ma custodire è parola preziosa anche perché descrive uno dei più grandi desideri che abbiamo: il desiderio di essere custoditi, appunto, di passare indenni attraverso le prove della vita, di non soccombere davanti al male che incontriamo ogni giorno; il desiderio di sentirci "a casa", e non spaesati, come invece spesso ci succede.
Custodire è dunque una parola preziosa che assume in Maria un'evidenza particolare. Perché scopriamo che custodire non significa semplicemente difendersi, salvaguardarsi, proteggersi; tanto meno significa chiudersi in casa, o nella cerchia di chi conosciamo, per evitare ogni pericolo; e non significa neppure perdersi nei propri ricordi, nella nostalgia del passato.
Custodire significa invece abbracciare la cosa più preziosa che abbiamo, e cioè il miracolo del Bambino di Betlemme, il mistero di Dio in mezzo a noi. In altre parole, custodire significa portare nel cuore anche dopo Natale la meraviglia di questi giorni; e in questo modo scoprire di essere noi stessi custoditi: fin dal principio dei nostri giorni e fino alla fine della nostra storia, nell'anno che è trascorso e nell'anno nuovo che iniziamo.
Appunto come Maria, la Madre di Dio: che nei giorni del Natale non ha detto una sola parola, ma semplicemente ha cercato di custodire quel bambino santo e prezioso. E lo ha custodito giorno dopo giorno, anno dopo anno, fino alla fine, fino sotto la croce. Fino a quando ha scoperto con stupore di essere lei davvero custodita; di essere lei davvero benedetta insieme a tutte le donne e a tutti gli uomini che Dio ama e custodisce.