Omelia (21-04-2012)
Monaci Benedettini Silvestrini
Vedono Gesù camminare sul mare e hanno paura

E' una pagina di Vangelo che fa sempre bene leggere, perché anima profondamente la nostra speranza. La descrizione della situazione iniziale ci pone in un contesto ecclesiale: i discepoli, lasciati soli, sono nelle tenebre, sono esposti all'assalto di forze avverse. Anche loro, come ogni uomo, troveranno sicurezza e protezione solo in Gesù. "Il mare era agitato perché soffiava un forte vento". I fatti ci insegnano che molto spesso veramente il mare è agitato. L'esistenza è quella che è; abbiamo problemi, difficoltà, sofferenze di ogni genere e continuiamo a sentirci soli. A questo punto la nostra fede può porsi delle domande a cui non sa dare una adeguata risposta. Dov'è Gesù? Perché Dio non interviene nelle nostre cose o nelle situazioni difficili di tanti poveracci? "Dopo aver remato circa tre o quattro miglia, videro Gesù che camminava sul mare e che si avvicinava alla barca, ed ebbero paura". Ai discepoli affaticati e spaventati che lo vedono giungere, il Signore dice: "Io sono". E' una frase tipica con la quale Gesù rivela il suo vero essere, qualificandosi come presente e operante per il bene dei suoi, come già nell'Antico Testamento Dio si era rivelato a Mosè, accingendosi a compiere la grande opera di liberazione. Gli apostoli avevano bisogno di un segno per riconoscere la divinità e non restare invischiati in concezioni messianiche terrestri. D'altra parte dovevano perdonargli di non voler essere il loro re, secondo le loro aspirazioni; dovevano prepararsi all'estremo insuccesso della croce. Il miracolo dei pani, del vangelo di ieri, rievocava e compiva quello della manna. Il camminare sulle acque, richiama il passaggio del Mar Rosso. E Gesù stesso ne fornisce l'interpretazione, dicendo: "Io sono". Nelle vicende umane la fede deve sempre far risuonare quel: "Io sono".