Omelia (28-12-2003) |
mons. Vincenzo Paglia |
Commento Luca 2,41-52 Introduzione L'inquietudine e l'incomprensione di Maria e di Giuseppe, nonostante la loro vicinanza a Gesù, nonostante che siano stati preparati da Dio al compito di accompagnare i primi passi della vita di Gesù, ci riportano a quello che è il nostro atteggiamento di fronte all'opera di Dio in noi e intorno a noi. Ogni essere è un mistero per quelli che lo circondano. La sofferenza che nasce da questa solitudine collettiva non trova pace se non nella fede. Noi siamo vicini gli uni agli altri perché siamo tutti amati di un amore divino. L'amore che ci unisce, lungi dall'abolire il nostro essere diversi gli uni dagli altri, rafforza, anima e sviluppa quanto c'è di originale in noi. Ma solo una carità che venga da Dio può mettere nei nostri cuori una tale disposizione. Maria e Giuseppe non hanno capito a fondo ciò che Gesù diceva o faceva. Ma hanno accettato, nella fede e per amore, di vederlo compiere la sua vita e adempiere alla sua missione, partecipandovi nell'oscurità della loro fede. Che lezione per noi! Quando non capiamo l'azione del nostro prossimo, perché supera le nostre capacità, dobbiamo saper amare senza capire: solo con un tale atteggiamento tutto diventa possibile. Omelia Sono passati pochi giorni dal Natale e la liturgia ci porta subito a Nazaret per farci incontrare la famiglia di Maria, Giuseppe e Gesù. I Vangeli, a dire il vero, danno poco spazio alla vita familiare di Gesù e riportano solo alcuni episodi della sua infanzia. In una sola frase l'evangelista sembra voler riassumere tutti i trenta anni di Nazaret: Gesù "stava loro sottomesso... e cresceva in sapienza, in età e in grazia davanti a Dio e davanti agli uomini". Guardando gli anni di Nazaret comprendiamo ancor più quanto dice l'apostolo: "Egli si è fatto simile agli uomini". Gesù è vissuto in famiglia come tutti noi. E' a dire che la salvezza non è estranea alla vita ordinaria degli uomini. In effetti, a Nazaret non ci sono né miracoli né predicazioni e neppure folle che accorrono; tutto accade "normalmente". La festa odierna ci suggeriusce che anche questi anni sono stati di salvezza. La Famiglia di Gesù era una famiglia ordinaria, composta da persone che vivevano del lavoro delle proprie mani: né miseri né benestanti, forse un po' precari. Senza dubbio esemplari: si volevano bene, anche se probabilmente non mancarono incomprensioni ed anche correzioni, come si arguisce dall'episodio dello smarrimento nel tempio che oggi abbiamo ascoltato. In quella famiglia però c'è una profondità che viene svelata dal Vangelo: la "centralità" di Gesù. Questo è il "tesoro" della famiglia di Nazaret. Maria e Giuseppe avevano accolto Gesù, lo custodivano e lo vedevano crescere in mezzo a loro, anzi dentro il loro cuore, e aumentava parimenti il loro affetto e la loro comprensione. Ecco perché la Famiglia di Nazaret è santa: perché era centrata su Gesù. Quell'angoscia che Maria e Giuseppe sentivano quando non riuscivano più a trovare Gesù dodicenne, dovrebbe essere la nostra angoscia quando siamo lontani da lui. Non riusciamo a stare più di tre giorni, talora, senza neppure ricordarci del Signore, senza leggere il Vangelo, senza sentire il bisogno della sua amicizia. Maria e Giuseppe si mossero e lo trovarono, non tra i parenti o i conoscenti - è difficile trovarlo lì - ma nel tempio, tra i dottori. Gesù, dodicenne, ci offre la lezione decisiva: tutti siamo figli di Dio. Ce lo dice fin da bambino, fin dalle prime pagine del Vangelo. E ce lo ripete alla fine, dall'alto della croce quando si affida totalmente a Dio come un figlio, e dona alla madre un figlio e al discepolo la madre. L'apostolo Giovanni ce lo ricorda nella sua prima lettera: "Carissimi, vedete quale grande amore ci ha dato il Padre per essere chiamati figli di Dio, e lo siamo realmente!" Oggi, Gesù ci insegna come siamo, o meglio come dobbiamo sentirci, davanti a Dio. Anche noi dobbiamo crescere con Gesù nella conoscenza di Dio. Nazareth, rappresenta perciò l'intera vita del discepolo che, appunto, accoglie, custodisce e fa crescere il Signore nel proprio cuore e nella propria vita. Non è allora solo un caso che "Nazareth" significhi "Colei che custodisce". Nazareth è Maria, che "custodiva nel suo cuore tutte queste cose". Nazareth è la patria e la vocazione di ogni discepolo. E non importa se il mondo continuerà a dire: "Da Nazareth può mai venire qualcosa di buono?" |