Omelia (22-04-2012) |
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COMMENTO ALLE LETTURE a cura di don Gianni Caliandro * Nella I lettura è riportata una delle prime predicazioni dell'Apostolo Pietro dopo la Pasqua del Signore. In essa c'è una strana tensione, tra la franchezza e, quasi, la veemenza dell'accusa che Pietro fa ai giudei, e poi quasi una giustificazione con cui egli stesso al loro operato: "voi avete agito per ignoranza". Ci facciano pensare, queste parole, che il Crocifisso è segno di che cosa l'uomo è capace di fare dell'altro uomo, di quanta violenza, anche inconsapevole, siamo capaci gli uni nei riguardi degli altri. Il crocifisso ci insegna chi siamo, che cosa si nasconde dentro un essere umano. La franchezza di Pietro è capace di smascherare anche noi, nelle possibilità del male da cui anche noi siamo abitati. E anche del male inconsapevole che spesso compiamo, pensando di essere dalla parte del giusto, ciechi sui nostri limiti o i nostri errori, ma con la presunzione di saper individuare il male presente negli altri. Quanto male fatto per la nostra ignoranza, per la nostra cecità! * La terza lettura, quella evangelica, ci narra di un Cristo che sempre e di nuovo va incontro ai suoi, che pure sono quelli che sono scappati, che lo hanno tradito, che vinti dalla vigliaccheria lo hanno lasciato solo (e non è questa un'altra forma di violenza che Gesù ha subito?). Eppure Egli li cerca, si fa vedere, li aiuta a ricominciare. E chiede da mangiare, ricreando una convivialità che era quella prima della fuga, e come allora anche ora è lui che prende l'iniziativa, si fa vicino, crea l'occasione. Del resto anche dopo la Pasqua i discepoli sono ancora persone piene di paura e di incredulità. La risposta di Dio all'incredulità e alla inconsapevolezza è l'offerta dell'incontro. Sempre di nuovo. La condiscendenza di Gesù verso i suoi amici traditori, è davvero un riflesso dell'umiltà con cui Dio, di fronte al nostro peccato, sempre di nuovo ci cerca, e prova a far ricominciare il nostro cammino. Il turbamento e il dubbio dei discepoli è certo quello suscitato dal mistero della Risurrezione, ma è anche quello di chi si vede amato e cercato di nuovo anche dopo il tradimento. Il maestro ricostituisce la sua comunità, cercando coloro che hanno detto di non averlo mai conosciuto per non compromettersi. Dio agisce così, e questo provoca dubbi e turbamento, proprio come dice il vangelo di oggi. Da quel turbamento, nel cuore del peccatore che si scopre amato, può nascere un pentimento sincero, anche per noi. * E qui forse può nascere per noi una terza riflessione: a creare l'occasione di questo nuovo incontro, di questo nuovo pasto attorno al quale può rinascere la fraternità che era stata infranta, è una richiesta di aiuto di Gesù: "Avete qualcosa da mangiare?". Gesù chiede, il Risorto, che dona la vita all'universo, e sta creando il mondo nuovo, è Colui che chiede da mangiare! Come se donare e chiedere non fossero in contraddizione tra loro, ma anzi fossero strettamente collegati. Chiedere è sempre donare, donare all'altro la possibilità di farsi soggetto di amore, la possibilità di risvegliare dentro di sé le possibilità dell'amore. E anche donare, ha a che fare con la richiesta, con la domanda, perché il dono chiede di essere accolto, cerca una casa, diventa un appello alla libertà dell'altro. Il Risorto è colui che dona la vita senza fine, ed è colui che chiede di essere nutrito da chi può accogliere, se vuole, la vita che è venuto a portare a tutti. Del resto Gesù, mentre era presente fisicamente e viveva nella sua comunità percorrendo la Galilea e la Giudea, spesso così aveva iniziato i suoi incontri: "dammi da bere", aveva detto alla samaritana, "ospitami a casa tua", aveva detto a Zaccheo, e così fa ancora dopo la resurrezione. A creare gli incontri sono sempre coloro che osano il proprio bisogno davanti al fratello, senza paura, senza volontà di mostrarsi forti a tutti i costi. Condividere i bisogni, fa ricominciare sempre! Imparare l'arte del dono congiunto alla domanda, dell'amore che cerca il suo equilibrio nell'attesa della risposta, ci fa fare un'esperienza pasquale autentica nella trama delle nostre relazioni. |