Omelia (22-04-2012)
Ileana Mortari - rito romano
Gesù in persona apparve in mezzo a loro

Ci troviamo di fronte ad uno degli episodi di apparizione di Gesù Risorto che vengono narrati da tutti e quattro i vangeli, ma in modalità e con destinatari talvolta diversi. Luca, nel capitolo 24, organizza il suo racconto in tre scene successive, che rappresentano l'itinerario progressivo di avvicinamento e riconoscimento del Signore risorto.

Dapprima ci sono le donne che vanno al sepolcro per ungere il cadavere di Gesù, ma trovano la tomba vuota e due angeli che dicono loro: "E' resuscitato"; poi il Nazareno appare a due discepoli in cammino verso Emmaus, che lo riconoscono "allo spezzare del pane" (cfr. Luca 24, 30-31); infine c'è l'episodio della liturgia odierna, in cui Gesù non solo appare agli Undici e agli altri discepoli, ma insiste sul realismo della sua corporeità: "Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho" (v.39), e, di fronte al persistente stupore dei discepoli, chiede del cibo e "lo mangiò davanti a loro." (v.43)

E' evidente che all'evangelista Luca stanno a cuore due cose: anzitutto l'identità del Crocefisso con il Risorto (l'invito a guardare mani e piedi rimanda alle piaghe dei chiodi); in secondo luogo egli insiste sull'evento della resurrezione come qualcosa che riguarda tutto l'essere di Gesù e non solo il suo spirito, o anima, come alcuni sostenevano ai suoi tempi; certo, ora si tratta di un corpo non più umano, ma glorificato, che ha la possibilità di comparire in un luogo al di là degli ostacoli materiali, ma si tratta pur sempre di corpo reale.

I discepoli "per la grande gioia ancora non credevano" (v.41): la vista del Maestro suscita in loro un'immensa gioia, ma essi erano in un certo senso "bloccati" dalla più certa esperienza della avvenuta morte di Gesù; come dire: averlo lì davanti in carne e ossa era troppo bello per essere vero! Questo dice bene la grandissima difficoltà che subito ebbero i seguaci del Nazareno a percepire e ad accogliere l'evento della resurrezione. E così Luca ci fornisce altri due elementi indispensabili per giungere alla certezza: l'iniziativa di Gesù e il ricorso alle Scritture.

E' da notare che il primo annunzio della resurrezione non viene creduto dai discepoli: "Quelle parole (dette dalle donne che erano state al sepolcro) parvero loro come un vaneggiamento e non credettero ad esse" (v.11) e "Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevan detto le donne, ma lui non l'hanno visto" (v.24); l'indizio della tomba vuota non è sufficiente; solo da un intervento diretto di Gesù risorto può nascere la vera fede; e questo vale sempre: anche in ciascuno di noi il Risorto deve intervenire con la sua azione personale perché crediamo in Lui; occorre dunque pregare perché Egli si riveli a noi.

Fondamentale è poi il riferimento alle Scritture. Infatti, dopo aver mangiato il pesce arrostito offertogli, Gesù dice: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi" (v.44); qui Gesù si riferisce a quei preannunci della sua passione, morte e resurrezione che a un certo punto scandiscono il suo cammino nei tre vangeli sinottici, come ad esempio quello contenuto in Luca 18,31-34: "Poi prese con sé i Dodici e disse loro: - Ecco, noi andiamo a Gerusalemme, e tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell'uomo si compirà. Sarà consegnato ai pagani, schernito, oltraggiato, coperto di sputi e, dopo averlo flagellato, lo uccideranno e il terzo giorno
risorgerà - Ma non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che egli aveva detto."


Anche dopo che quei preannunci si sono realizzati, dopo che Gesù è risorto al terzo giorno, e addirittura dopo che Gesù risorto è apparso a loro, i discepoli continuano a non capire.

"Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: - Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati" (vv.45-47). Siamo ad un punto cruciale del cammino di fede:
gli indizi (come quello della tomba vuota) non bastano; occorre leggerli alla luce del progetto divino testimoniato dalle Scritture; e Gesù, come già ai due viandanti di Emmaus (cfr. i vv.25-27), spiega ai suoi discepoli tutto ciò che si riferiva a Lui "nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi" (v.44): sono i testi che ritroviamo nella predicazione della Chiesa primitiva, quando i discepoli, che finalmente "hanno capito", sotto la guida di Gesù e dello Spirito Santo si fanno a loro volta testimoni e annunciatori della salvezza.

Così, ad esempio, nella Legge di Mosè, cioè nel Pentateuco (i primi cinque libri della Bibbia) troviamo la figura di Isacco (Gen.22) che, portando la legna sulle spalle per il sacrificio, prefigura Gesù che avrebbe portato la croce sulle spalle verso il Calvario; nel profeta Isaia troviamo la misteriosa figura del Servo di Jahvè "disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire...egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori...con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo" (Isaia 53, 3-8); nei Salmi troviamo le affermazioni: "Insorgono i re della terra e i principi congiurano insieme contro il Signore e contro il suo Messia" (Salmo 2, a.2) e: "non abbandonerai la mia vita nel sepolcro, né lascerai che il tuo santo veda la corruzione" (Salmo 15/16, v.10).

E' solo nella passione, morte e resurrezione di Gesù che la Scrittura trova il suo compimento, cioè il suo completamento, la sua perfezione e la sua pienezza; l'esito tragico della missione di Gesù non è stato un "incidente", ma la logica conseguenza del suo comportamento coerente e improntato alla verità, in un mondo dove prevalgono invece i malvagi e gli ipocriti. La morte di Gesù è stato un fatto terribilmente tragico, ma dal quale è scaturita la salvezza, la remissione dei peccati e soprattutto quella "vita nuova" che il Risorto ha manifestato in sé e dona a tutti quelli che lo riconoscono e amano come "il Signore".