Omelia (22-04-2012)
don Luciano Cantini
Oltre

Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate
Le mani e i piedi di Gesù sono segnate dalla morte: le ferite dei chiodi e al costato non sono annientate, cancellate o rimarginate... sono ancora lì e testimoniano il dono di amore del Cristo. "Dio l'ha risuscitato dai morti" (At 3,15) ma non ha cancellato la sua morte. Gesù non è tornato in vita, lasciando la morte alle spalle, ma è andato oltre la morte. Come le ferite permangono nelle mani e nei piedi di Cristo, così la morte permane nella vita del risorto, ormai soggiogata e vinta "Cristo risuscitato dai morti non muore più; la morte non ha più potere su di lui" (Rm6,9).
La morte e la resurrezione di Cristo superano la dimensione dello spazio e del tempo, pur appartenendo alla storia e ad un preciso momento storico; sono un evento permanente e sempre operante, sorgente continua di grazia per noi, gente di ogni luogo e di ogni tempo. Il dono della vita del Cristo non si è esaurito, egli è l'Agnello immolato (Ap 5,6), il suo è un dono perenne.

Avete qui qualche cosa da mangiare?
Una complessità di sensazioni e di sentimenti prendono gli apostoli: prima erano sconvolti e pieni di paura, poi la gioia e lo stupore prendono il sopravvento, ma non riescono a decifrare il loro sentire, la realtà sembra troppo grande, inavvicinabile, incomprensibile, incontenibile. La sensazione della morte è ancora opprimente e intollerabile, la sua pesantezza è tale da condizionare la sensibilità, da non permettere di vedere e toccare: hanno la sensazione di vedere un fantasma.
Questa, in fondo, è la nostra realtà: la morte sembra condizionare la nostra esperienza, anche la vita ha in qualche modo il sapore della morte che avanza. La nostra esperienza di vita è troncata dalla morte che sembra dividere il tempo in due fasi distinte e separate: l'aldiqua e aldilà; anche il linguaggio ne è testimonianza. Il risorto ci mostra una vita che possiede la morte, l'ha racchiusa, superata e vinta. Il tempo è uno solo e una sola è la vita. Gesù prova a raccontarcelo chiedendo qualcosa da mangiare. Continua ad aver bisogno di noi, condivide le cose che conosciamo bene, il pane e i pesci, per aiutarci a superare i limiti dell'esperienza umana. Non c'è un aldiqua e aldilà, ma un unico tempo nella continuità della vita eterna. Egli ha mangiato davanti a loro mostrando di gradire la nostra piccola offerta perché fossimo in grado di accogliere il suo grande dono.

Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture
La comunione nelle piccole cose è da sempre veicolo per i grandi passi; Gesù ha prima recuperato il senso umano dei rapporti, ha mangiato davanti agli apostoli, ha riavviato la comunicazione per poi aprire i discepoli alla comprensione delle scritture. È ancora una volta il mistero della incarnazione che si rende evidente; il risorto ha bisogno di immergersi di nuovo nella piccolezza e nei limiti dell'uomo per aprirsi al mistero più grande e chiedere a quegli uomini stanchi, impauriti e stupefatti di farsi carico della testimonianza di un evento che travalica l'esperienza umana e la trascende coinvolgendola.

Di questo voi siete testimoni
L'uomo ha bisogno dell'uomo e della sua umanità per poi oltrepassarla, ha bisogno del pane e del pesce arrostito, ha bisogno della condivisione e della comunione per andare oltre, per cogliere la responsabilità di una missione e per andare incontro alla vita che è per sempre, che supera la morte perché la racchiude vincendola.