Omelia (22-04-2012) |
padre Paul Devreux |
Il vangelo di oggi ci parla di tre apparizioni; quella ai discepoli di Emmaus, poi quella a Simone da solo, e poi quella ai discepoli riuniti. Ciò che emerge da queste apparizioni è che i discepoli sono increduli e allo stesso tempo pieni di gioia. Normalmente sono il male e la sofferenza a renderci increduli; qui invece è la contentezza, forse perché sembra troppo bello per essere vero. Essere amati, sopravvivere alla morte, ritrovare i nostri cari, tutto quello che sogniamo, troppo bello per poter essere vero e quindi siamo sospettosi. I discepoli avranno bisogno di stare a lungo con Gesù risorto per riuscire a credere che tutto questo è vero, che Gesù non è semplicemente un fantasma, l'ombra di se stesso che vaga, ma un uomo nuovo, pieno di Dio e portatore di una speranza nuova, la speranza in un Dio che ama l'uomo di un amore che è più forte della morte. Ricordiamoci che per secoli Israele ha amato e servito Dio, pur non credendo nella risurrezione, semplicemente perché lo considerava importante e fonte della vita. Poi Gesù ha rivelato che la morte non ha l'ultima parola sulla vita, perché l'amore di Dio è più forte. Anche noi oggi possiamo vivere amando Dio come se la risurrezione non ci fosse, senza pensare ad essa come se fosse una ricompensa, qualche cosa che meritiamo, perché la risurrezione è un frutto dell'amore tra Dio e l'uomo, e non potrà mai essere dovuta o meritata. Perciò viviamo lodando e ringraziando il nostro Dio per questa vita, come se la risurrezione non ci fosse, dicendo solo che forse ci sarà, pronti ad accoglierla con grande stupore e gioia. |