Omelia (01-01-2004)
don Romeo Maggioni
Non sei più schiavo, ma Figlio

per il rito Ambrosiano Nm 6,22-27 - Gal 4,4-7 - Lc 2,16-21

Ottava del Natale nella circoncisione del Signore

Fine di un anno, tempo di bilancio; inizio d'un nuovo anno, tempo di auspici e di auguri. Che cosa ci fa insoddisfatti del passato e trepidi di fronte al futuro? E' l'esperienza della nostra fragilità, la coscienza della nostra incapacità di far fronte all'incognito, e, alla fine, la paura della nostra precarietà, cioè della sofferenza e della morte. E' la condizione dell'uomo...!, noi andiamo dicendo rassegnati. E in questo caso sappiamo bene che gli auguri sono chiacchiere vuote e puramente convenzionali.

Ma non è questa la condizione del credente, la condizione del cristiano, che appunto da questa sua fragilità e precarietà è stato riscattato. L'uomo credente sa che non è da sé, sa che non può tutto da sé, sa che non è per sé. I guai, gli enigmi, le incognite e le paure nascono quando l'uomo si toglie dal quadro che lo precede, quello di Dio Creatore e Padre, e si chiude nel proprio ambito terrestre illudendosi di fare da sé: si scontra così con la realtà più grande che è fuori di sé e dentro di sé.

Quell'uomo nuovo che è apparso al mondo a Betlemme, viene subito - con la circoncisione - iscritto al popolo di Dio, alla famiglia di Dio, come ci dice il vangelo di oggi; e vivrà per tutta la vita la condizione di figlio di Dio, guidato dallo Spirito santo, per divenirne alla fine erede, come puntualizza bene oggi - alludendo a noi battezzati -, la seconda lettura.

Ora in una famiglia l'unica legge che ne regola bene i rapporti è l'amore. Così nei nostri rapporti con Dio. "Dio ci ha amati per primo", precede ed eccede in amore per noi, la sua carta d'identità è: grazia e misericordia. Ma vuole che ciascuno liberamente vi corrisponda con fiducia e abbandono d'amore. Sono appunto questi due gli argini entro i quali la nostra vita può scorrere serena.

1) GRAZIA E MISERICORDIA

La carta d'identità del nostro Dio - dicevamo - è: grazia e misericordia. Tutto quello che siamo e abbiamo è dono di Dio. Da Lui veniamo, non siamo al mondo per caso, ma frutto di un progetto preciso: ha un senso e uno scopo la nostra vita. Siamo impastati di divino, fatti a sua immagine. Cioè, come precisa il N.T., siamo figli propri di Dio. Contiamo quindi molto davanti a questo Padre, che lo Spirito dentro di noi ci invita a chiamare col nome di Abbà, papà. Non siamo abbandonati a noi stessi o alle violenze del mondo. Queste prime verità ci danno spalle sicure nel guardare al nuovo anno: siamo nelle mani di uno "che è il più grande di tutti".

Andiamo a Lui. Non c'è buio nel nostro futuro. Sappiamo con certezza cosa ci aspetta dopo la morte: la risurrezione della carne e la vita eterna con Dio. Quell'anelito di immortalità che ci tormenta di fronte alla fine di tutto, è saziato con un dono che eccede ogni nostro stesso desiderio e sogno, perché Dio vede e vuole il mio bene più di quello che io non veda e voglia di me. "Se sei figlio, sei anche erede", questo è il destino che ci è preparato, quello di divenire "simili a Lui perché lo vedremo così come Egli è". Tutt'altro che incerto e nebuloso è il nostro domani di credenti.

E questo Dio è misericordia, soprattutto, nei nostri confronti. Fedele anche quando noi siamo infedeli. Sempre disposto al perdono per renderci ogni giorno nuovi, capaci di ricominciare da capo con più slancio e forza. Anche quest'anno capiterà di aver bisogno di chi ci dà ancora fiducia, dopo qualche umiliazione: "Si fa più festa in cielo per un peccatore pentito..". Dio è sempre disponibile a darci credito. E sa trarre il bene anche dal male: anche le prove, qualche sofferenza, sappiamo che alla fine riusciranno per il nostro bene. E, più ancora, anche dal nostro peccato, Dio sa trarre un bene per noi. "Tutto coopera al bene per coloro che amano Dio" (Rm 8,28).

2) FEDE E ABBANDONO

Ma a questa disponibilità di Dio - gratuita e perciò permanente e universale - deve corrispondere per lo meno una accoglienza libera da parte nostra, nella sincerità. Che anzitutto significa credere a questi fatti e passi compiuti da Dio nei nostri confronti. Si crede quando si conosce. Capita come tra marito e moglie: a volte l'amore s'appanna per un incidente; in quel momento è il ricordo dei fatti d'amore a sostenere l'appanno e a rinnovare l'amore. Quando la vita perde la speranza, sono solo i fatti conosciuti e certi dell'amore che Dio ha per noi a darci ancora la fiducia e il coraggio di continuare. La fede dà chiarezza contro ogni enigma, e sicurezza contro ogni paura. Leggere di più la Bibbia deve essere un primo proposito di quest'anno.
Corrispondere poi a questo rapporto d'amore, con l'obbedienza alla Parola che ci guida e che definisce la nostra più profonda identità.

Del resto presentatasi incarnata e vissuta dall'uomo Gesù di Nazaret, la cui vicenda è paradigmatica quale fratello maggiore. Lui è il libretto di istruzione del come si deve far funzionare la macchina che siamo noi. Oh! se ogni giorno ci ispirassimo al vangelo nelle scelte morali più impegnative, come sarebbe diverso il mondo e la nostra vita! E con una confidenza che poggia più sulla forza di Dio che non sui nostri sforzi: ci è dato appunto lo Spirito santo, forza di Dio per realizzare quel bene che desideriamo ma che da soli fatichiamo ad attuare.
Fino ad un abbandono capace di esprimere un amore anche provato e puro. Capita con Dio, come nell'amore umano: quando le cose vanno bene, sono buoni tutti ad amare; è nella prova che si vede la verità dell'amore. Dio è stato radicale nell'amarci fino alla morte di croce. In un qualche modo vuol avere da noi un risposta altrettanto radicale e seria.

Questo è il senso profondo della sofferenza lasciataci come materia di obbedienza d'amore nei confronti di Dio, e di corredenzione per la nostra e altrui salvezza. In questa prospettiva, anche i momenti dei quali più abbiamo paura, quelli di qualche malattia o disgrazia, possono essere guardati con occhio diverso e positivo. Davvero grande è la fortuna del credente che sa di poter riscattare anche i momenti più difficili dell'esistenza.

L'augurio di Buon Anno allora si sostanzia di questi contenuti di fede; su di noi sta la paterna mano di Dio che ci guida e benedice:
"Ti benedica il Signore e ti protegga. Il Signore faccia brillare il suo volto su di te e ti sia propizio. Il Signore rivolga su di te il suo volto e ti conceda pace" (I lett.).
Giornata della Pace, oggi. Anche la convivenza civile ha bisogno di Dio, della sua legge e della sua forza. Dio guida la storia; basta che trovi cuori un poco disponibili. Siamo docili, ciascuno per la sua parte, e Dio guiderà al bene noi e la nostra famiglia in tutti i giorni di questo nuovo anno che comincia.