Omelia (22-04-2012)
don Giovanni Berti
Gesù non è un fantasma

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In questi giorni, ad una riunione di preti delle parrocchie della zona dove sono parroco, è sorta una discussione riguardo alcune scelte che le varie amministrazioni pubbliche stanno portando avanti riguardo il territorio in questo tempo di crisi.
Non entro nel merito delle questioni, che sono ancora in evoluzione e non sono l'oggetto della mia riflessione, ma volevo sottolineare la bella discussione che è nata tra noi preti.
C'era chi sosteneva che come preti non possiamo prendere posizioni troppo esposte, perché siamo vicini alle elezioni amministrative, e questo ci esporrebbe alla critica di non esser politicamente neutrali. C'era invece chi sosteneva che non possiamo come preti del territorio tacere riguardo alcune ingiustizie e scelte politiche che nascondono interessi personali più che pubblici. Si è ribadito che è comunque importante confrontarci tra noi in modo chiaro e profondo, perché la comunità cristiana è chiamata a inserirsi per davvero nel tessuto sociale e storico dove vive.
Gesù quando appare risorto ai suoi amici, fa di tutto per far capire loro che non è un fantasma. Il breve "siparietto" con Gesù che mangia un pesce arrostito, non è da sorvolare velocemente, perché è la prova che lui davvero è ritornato come vivente, e ancora una volta la sua persona appartiene alla dimensione umana della vita, anche se in modo diverso.
Gesù ha compiuto tutto il suo percorso che dal cielo lo ha portato in mezzo agli uomini fino a morire come uno di loro. La resurrezione e il dono dello Spirito portano a compimento il progetto di Dio sull'umanità, e Gesù Risorto è tornato per far comprendere questo progetto ai primi di una lunga schiera di testimoni che arriva fino a noi oggi.
"Di questo voi siete testimoni", conclude Gesù prima di salire al cielo. Essere testimoni significa quindi non pensare che la storia di Gesù sia una favola del passato che ha la consistenza dei fantasmi. Essere testimoni significa non diventare noi stessi dei "cristiani fantasmi", ma al contrario vivere concretamente, fisicamente e storicamente la nostra fede.
Il cristiano non può quindi relegare il discorso di fede in alcuni momenti di "rapimento" spirituale, dove si stacca dal mondo e trova pace interiore in Dio...

Il cristiano è nel mondo, nella concretezza della storia umana, piena di contraddizioni e problemi. In questa realtà portiamo le parole e i gesti di Gesù, che con il dono dello Spirito ora diventano nostri.
In questo tempo di crisi dove cresce la paura per il lavoro, per il futuro della propria famiglia, per la sicurezza personale e la pace nel mondo, il cristiano crede che il vangelo può fare concretamente qualcosa.
Ci sono tanti cristiani, preti e laici, che testimoniano con la loro vita, anche fino alle estreme conseguenze, che Gesù non è un fantasma e nemmeno coloro che portano il Suo nome, cioè noi.
Pensavo a don Giuseppe Diana, prete campano, che la camorra 18 anni fa voleva ridurre a fantasma, e lo ha ucciso. Qualcuno in questi giorni ha profanato la sua tomba, forse per dare un segnale di potenza o solo per furto. Sta di fatto che persone come don Diana, come padre Puglisi, ucciso nel 1993 e come Shabhaz Bhatti, ministro cristiano ucciso dagli integralisti islamici nel lontano Pakistan, e molti altri... ci parlano di una fede portata fino alla fine, con la consapevolezza e l'impegno che non possiamo ridurre il Vangelo a un "fantasma", staccato dalla vita reale del mondo e delle persone.
In quella riunione di preti di cui parlavo all'inizio, anche se con posizioni diverse, è stato bello vedere come in tutti c'era il desiderio di non disinteressarsi dei problemi concreti del territorio. E' solo questione di trovare la modalità giusta, che coinvolga la comunità cristiana nel suo insieme.
Ma la cosa importante è testimoniare che Gesù è realmente risorto ed ora non vive nascosto nei cieli, e quindi indifferente al mondo, ma è vivo e concreto in tutti i battezzati che portano il suo nome.
Gesù non è un fantasma... e nemmeno noi.


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