Omelia (29-04-2012) |
Gaetano Salvati |
All'origine c'è l'Amore La liturgia della Parola di oggi narra dell'intimità cui il discepolo è chiamato e in cui è nutrito e formato: essere figlio di Dio (1Gv 3,1). Una simile condizione, "vedere Dio così come Egli è" (v.2), è possibile perché, come afferma San Giovanni nella seconda lettura, il Padre ci ama: Egli non ha esitato ha mandare il Figlio sulla terra non per condannare l'umanità, ma per salvarla; il Figlio ci ama: dà "la vita per le pecore" (Gv 10,15); infine, lo Spirito ci ama: la Sua presenza crea la Chiesa, la comunità dei fratelli in Cristo. Questo contesto d'amore rende comprensibile il significato profondo e la funzione di Gesù, pastore delle anime. Come riferisce il vangelo di san Giovanni, il Maestro si descrive innanzitutto bello e buono (v.14); tali attibuti manifestano che la predicazione di Gesù, vale a dire, la bontà cui fa riferimento per descrivere la Sua azione, è autentica, perché salva l'uomo dalle tenebre del peccato, trasformandolo in creatura nuova, aperta ai doni della grazia. Quando la creatura sperimenta che solo in Lui e per Lui esiste la salvezza e la consistenza dell'essere, si accorge anche che Egli è il Pastore (v.14), Colui che si prende cura del gregge fino al sacrificio supremo di sè. L'uomo redento (nuovo), ora discepolo, conosce (v.14) che il Maestro, Cristo Signore, è il Salvatore. Il verbo conoscere, allora, assume il termine di amore, quale ringraziamento per i benefici che Dio ha concesso all'umanità: grazie a Gesù, l'uomo sa chi è Dio e cosa ha fatto per lui (ha dato la vita per noi). Allo stesso tempo, dice un amore originario, che sta prima di ogni nostra gratitudine verso Lui: "Dio ha un grande amore" (1Gv 3,1) per noi, tanto da farsi conoscere (farsi amare) per farci ritornare a Lui (rispondere all'Amore). Altra considerazione riguarda la parola "pecora" (Gv 10,11-18) rivolta da Gesù ai credenti. Chi riconosce nell'uomo di Nazaret il Signore, non diviene un automa, un essere privo di libertà e di dignità. Designa, piuttosto, la mansuetudine richiesta per seguire il Pastore. Difatti, per entrare con il Custode nel recinto sicuro, non basta solo confessarsi cristiani (parte di un gregge); occorre, altresì, perseverare nel Suo amore e tenersi lontano dal "mercenario" (v.12). In che modo riusciremo a proseguire con il Pastore, senza lasciarci distrarre da alcuno? Imitando Cristo: come Lui ha dato la vita per tutti (per amore), così anche noi dobbiamo sforzarci di rinunciare ai nostri egoismi per fare spazio all'Altro. In Lui, nel Suo amore, siamo pronti a vivere in ascolto dei fratelli, a sentire e, quindi, a risolvere i loro bisogni: (ri)condurre l'uomo verso la sua origine, verso Dio; ancora, diveniamo sollievo per i sofferenti, appoggio per gli esclusi. Un ulteriore aiuto al nostro intento di rimanere fedeli al Signore, è dettato proprio da Lui: ognuno di noi (la comunità) deve essere sicuro che non può essere disperso perché fa parte della famiglia umana di Dio; per cui, se anche venissero i lupi (v.12), oppure, gli stessi ci rapissero (v.12), abbiamo sempre un Pastore pronto a dare la vita pur di liberarci. Dunque, non temiamo nulla, non lasciamoci vincere dalla disperazione: avanziamo nella Sua pace, trovando in Lui la forza di rialzarci quando cadiamo; Dio è dalla nostra parte. Tutto il resto non è indispensabile. Amen. (Coadiuvato dai ragazzi della Scuola Secondaria di Pratolino -FI-) |