Omelia (29-04-2012) |
don Maurizio Prandi |
Una bellezza offerta (Una bellezza offerta) La quarta domenica di Pasqua offre alla nostra preghiera l'opportunità di mettere al centro il tema della vocazione, della chiamata. La figura di Gesù, Pastore Buono, emerge dall'ascolto della Liturgia della Parola di oggi, ma quella del pastore non è la sola immagine che ci viene consegnata; mi pare sempre importante non sorvolare sulla pietra scartata della quale ci parla Pietro nella prima lettura e sui figli dei quali parla la seconda lettura. Per quello che riguarda il vangelo, il termine kalos, tradotto nella nostra versione con buono, ci apre a contemplare Gesù come il Pastore Bello, chiaramente non in senso estetico perché l'aggettivo kalos non si riferisce a quello, quanto piuttosto in senso valoriale, in riferimento alla vita. Così questa pagina ci indica una meta: la meta di una vita bella perché spesa con amore, facendo così emergere quello che è valore, lasciando così tutto ciò che fa scivolare la vita verso il tornaconto e l'interesse personale. E' grande la differenza, ci dice Gesù, tra l'essere per gli altri (il Pastore), o l'essere per se stessi (il mercenario), tra il vivere per amare e il vivere per amarsi. E' una bellezza offerta quella di Gesù; tante volte lo abbiamo detto ma ancora oggi ce lo ripetiamo con forza: la bellezza né la si può possedere, né la si può catturare, né la si può comprare. Alla bellezza gli uomini mettono un prezzo, Dio no. Dio la mette a disposizione: offro la mia vita... pongo la mia vita... depongo la mia vita dice Gesù. Già vi ho raccontato di Mandito, che alle persone che vogliono comprare i suoi fiori (e quanto bisogno ha questa donna di quei soldi) dice: i fiori ve li regalo, perché la bellezza né voi la potete comprare né io la posso vendere. Ci sono cose che solo le anime più semplici capiscono bene, forse perché sono scritte dentro la loro semplicità appunto. Offrire è un verbo importante, un verbo liturgico. Per questo insieme al poco (però tantissimo per qui!) denaro che si raccoglie durante l'Eucaristia abbiamo deciso di mettere anche le nostre vite, le nostre storie diritte o storte che siano; una domanda ci ha accompagnato: cosa vuole dire quella affermazione di Gesù la offro per poi riprenderla di nuovo? Certamente c'è un riferimento alla Risurrezione ma anche ad una possibilità che l'offrire la vita ci dà, ossia quella di ri-leggerci continuamente in questo cammino così bello e difficile che è la fede. Soltanto se sappiamo offrirla questa nostra vita possiamo riprenderla in mano per cambiarla, per renderla più bella, soltanto se è offerta possiamo dire che è vissuta pienamente, soltanto se è offerta diventa contagiosa generando bellezza e conversione. Sento che a questo verbo così importante ne sono legati altri tre che la liturgia di oggi ci offre: due, conoscere ed ascoltare sono citati esplicitamente ed uno, costruire, è una conseguenza. E' la prima lettura, che offrendoci la significativa immagine della pietra scartata ci allarga il cuore e ci dà speranza. Si, perché questa vita offerta, donata, non è detto che sia anche accettata, capita, condivisa; e di fatto la vita di Gesù non lo fu... non importa, dice Pietro, perché resta la vita alla quale Dio Padre affida "pezzi di sogno" per poter costruire, fondare la sua chiesa. La credo consolante questa idea per me stesso e per tutte quelle persone che si trovano a fare i conti con il rifiuto o ricevuto dagli altri o da noi stessi inflitto a quelle parti della nostra vita che non accettiamo e che vorremmo scartare. Gli altri due verbi ci aiutano ad approfondire il modo di relazionarsi di Dio in Gesù e ci danno quindi l'occasione di crescere in questo che è l'aspetto più importante della vita, la relazione. Conoscere ed ascoltare ci dicono che nella relazione non si può giocare al risparmio, ma è necessario amare, perché questo è il senso del conoscere biblicamente inteso; non un sapere imparato sui libri ma un coinvolgersi, un creare dei legami, uno spendersi affettivamente. L'ascoltare lo lego ad un qualcosa che ultimamente sento di non avere: la pazienza. E' come se avessi sempre fretta: di risolvere un problema, di fare capire come deve essere il cammino di una parrocchia, di un gruppo, di una persona... l'ascolto mi richiama alla cura sincera e paziente di chi il Signore mi ha posto nel cammino e una volta di più mi radica nella certezza che per sperare di raccogliere dei frutti è necessaria la pazienza della semina e non la fretta del trapianto di alberi. |