Omelia (18-01-2004)
don Romeo Maggioni
Non hanno più vino

L'evangelista Giovanni probabilmente è stato testimone oculare del fatto di Cana: vivo e concreto è il racconto. Ma a distanza di cinquant'anni - quando scrive il suo vangelo - la lunga meditazione ha trasformato il fatto in una catechesi. Lo chiama infatti un "segno", dove l'attenzione è spostata su ciò che di Gesù e della sua opera il fatto accaduto rivela, sulla fede quindi che suscita: "manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui". E' cioè un'altra "epifania", un altro rivelarsi di Dio attraverso e in Gesù di Nazaret.
Il segno è quello del banchetto nuziale dal vino abbondante dei beni messianici; è quello dello sposalizio tra Dio e il suo popolo attraverso l'antica e nuova alleanza offerta a noi oggi nel banchetto eucaristico dove beviamo "al calice della salvezza".
E' da questo banchetto che nasce la Chiesa, con Maria e come Lei tutta fiduciosa e docile alla parola e al gesto di Gesù, e premurosa del bene di tutti i fratelli.

1) LO SPOSO E' QUI

L'esperienza più nuova e scioccante che l'umanità ha fatto di Dio è quella del popolo della Bibbia, quella di sentire un Dio vicino, un Dio per l'uomo, un Dio che s'è legato ad Israele con un Patto, un Dio innamorato e premuroso, entusiasta della sua famiglia di credenti quanto un giovane della sua ragazza: "Sì, come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo creatore; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te" (I lett.). Un amore che è perdono, che è riscatto dalla nostra condizione di povertà e schiavitù, morale ed esistenziale, anche per aver più volte noi già rifiutato l'amore di Dio: "Nessuno ti chiamerà più 'Abbandonatà, né la tua terra sarà più detta 'Devastatà, ma tu sarai chiamata 'Mio compiacimento' e la tua terra, 'Sposatà, perché il Signore si compiacerà di te e la tua terra avrà uno sposo" (I Lett.).

Ed ecco allora finalmente lo sposo, Dio che si fa uomo, che si unisce sostanzialmente (cioè con una sponsalità totale) alla nostra umanità, "annullando ciò che era del diavolo, assumendo ciò che è dell'uomo, donando ciò che è di Dio" (Beato Isacco della Stella). Gesù è lo sposo, e quando c'è Lui si fa festa: "Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?" (Mt 9,15). Giovanni Battista aveva trasalito di gioia per l'arrivo di questo Messia, lo sposo che s'unisce alla sua sposa: "Non sono io il Cristo - andava ripetendo -, ma io sono stato mandato innanzi a Lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta" (Gv 3,28-29). Ed è lo sposo a offrire il vino buono al banchetto di nozze che anticipa l' "ora", cioè l'era messianica.

Quella del vino, buono e abbondante, è immagine classica nella Bibbia per esprimere la ricchezza del dono di Dio e la gioia gratuita che suscita nel cuore dell'uomo. Sognava già Isaia: "Preparerà il Signore per tutti i popoli un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati". E al di là dell'immagine, il dono è sostanzioso e decisivo per la nostra vita: "Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole del suo popolo farà scomparire" (Is 25,6-8). Trasformerà la povertà della nostra acqua nel vino robusto della condizione divina, superando anche le strettoie dell'antica Alleanza per mettere "vino nuovo in otri nuovi" (Mc 2,22), per fare cioè una religione tutta nuova.

2) LA SPOSA E' PRONTA

Un antico canto orientale entrato nella Liturgia Ambrosiana dell'Epifania dice così: "Oggi la Chiesa si unisce al celeste suo sposo che laverà i suoi peccati nell'acqua del Giordano. Coi loro doni accorrono i Magi alle nozze del Figlio del Re, e il convito si allieta di un vino mirabile". La sposa di queste nozze è appunto la Chiesa, tutta raccolta - qui a Cana come nel Cenacolo di Pentecoste - attorno a Maria, primizia e immagine della Chiesa, e come da lei rappresentata. La madre di Gesù qui appare anzitutto come la coraggiosa discepola che crede nella potenza e nella premura di suo Figlio per la nostra salvezza. Segnala il bisogno: "Non hanno più vino", e nonostante la reticenza di Gesù perché non è ancora la sua "ora", insiste e ottiene. Ella rappresenta quindi la nuova Eva - la "Donna" nuova - che all'opposto della prima, si apre e obbedisce al Signore. E' il primo atteggiamento che deve avere anche ognuno di noi di fronte alla proposta sponsale di Cristo, di aprirci cioè a Lui nella fede e in un rapporto d'amore sincero e totale.

Fiduciosa della potenza di Cristo, Maria è attenta e scopre i bisogni degli uomini. "Non hanno più vino", ed era una tragedia per la festa di nozze. Conosciamo tutti questa premura di Maria, e tutti - anche quelli più lontani dalla Chiesa - sentono di non essersi mai rivolti invano a Lei. Madre di Gesù, è anche madre della Chiesa da che un giorno Gesù dall'alto della croce le disse pensando a ognuno di noi: "Donna, ecco il tuo figlio" (Gv 19,26). Ma anche qui Maria è modello della Chiesa, chiamata come Lei a vivere la premura di Dio per tutti gli uomini, soprattutto i più bisognosi e i più poveri. Scoprire i bisogni e farsi prossimo è la consegna lasciataci da Gesù.

Ma forse quel vino che manca e che spegne la gioia è più profondamente segno della mancanza della fede, anzi della gioia e dell'orgoglio della fede che non ci fa più efficaci testimoni e missionari di Gesù. La "nuova evangelizzazione" di fronte al Duemila non è questione di nuove tecniche, ma semplicemente di entusiasmo, di passione, di possesso convinto ed esplosivo della fede. Allora si diventa apostoli, e come Maria, andremo a dire a tutti: "Fate quello che vi dirà". Cioè andremo a dire a tutti gli uomini: non fidatevi d'altri, è Lui, Gesù, il Cristo, l'unico che può saziare pienamente la vostra sete di felicità ed eternità.

"Non hanno più vino"...: di quante carenze, e carenze profonde di senso e sicurezza soffre la nostra umanità! Carenza di Dio, carenza di fede, carenza di punti fermi di verità, carenza di punti d'appoggio affettivi perché non fondati sulla roccia sicura dell'Assoluto e dell'Amore che è Dio.
Si parla oggi di "nuova evangelizzazione": forse c'è proprio bisogno di una iniezione di gioia con lo scoprire e riassaggiare il vino buono dello specifico messaggio di Gesù. Troppo spesso ci troviamo dentro un vino un po' annacquato dal comune buon senso e da quel tarlo terribile che è il minimalismo, o l'eccessiva razionalizzazione del vangelo. Andiamo direttamente alla fonte, col leggere e studiare personalmente il Vangelo di Gesù e la Bibbia.