Omelia (11-03-2012) |
Monastero Domenicano Matris Domini |
Commento su Giovanni 2,13-25 Contesto Dopo le prime due domeniche, con i testi classici di apertura dedicati al racconto delle tentazioni e della trasfigurazione di Gesù, che quest'anno abbiamo ascoltato nella versione di Marco, la liturgia ci fa continuare il nostro itinerario quaresimale con alcuni brani del vangelo di Giovanni. Per quest'anno (ciclo B) saranno Gv 2,13-25, il brano odierno, con la descrizione della cacciata dal tempio dei venditori e la promessa da parte di Gesù di unnuovo tempio; nella IV domenica la seconda parte del discorso notturno con Nicodemo, Gv 3,14-21 e la V domenica la richiesta di alcuni greci di vedere Gesù, Gv 12,20-33. Un itinerario volto ad approfondire alcuni aspetti importanti per la fede cristiana, in riferimento alla Pasqua del Signore Gesù. Il testo odierno segue immediatamente il racconto del segno di Cana (Gv 2, 1-12) con cui forma un dittico, ed entrambi si concludono con la fede dei discepoli (cfr. vv. 11 e 22), ed è seguito dall'incontro con Nicodemo (di cui ascolteremo una parte nella IV domenica). L'episodio è raccontato anche nei sinottici (cfr. Mt 21,12-17; Mc 11,15-19; Lc 19,45-48), ma a differenza di questi non è posto a ridosso del racconto della passione di Gesù, ma all'inizio della sua vita pubblica, ricevendo da questo contesto un senso differente. Si tratta di un episodio storico in cui emerge l'identità e il mistero di Gesù che gli evangelisti presentano con sfumature diverse. La pericope si compone di un versetto introduttivo (v. 13), il racconto del fatto (vv. 14.16), la discussione che ne segue con la richiesta di un segno (vv. 18-22) e un sommario conclusivo (vv. 23-25) che prepara i brani seguenti. Al centro dell'attenzione sta Gesù che si propone come il Figlio di Dio Padre e come il nuovo tempio in cui adorare Dio in spirito e verità (cfr. il testo della samaritana, Gv 4,1-42, proposto nella III domenica nell'anno A). La liturgia della Parola si completa con il brano di Es 20,1-17 (il testo del decalogo) e la lettura paolina da 1 Cor 1,22-25 dove ci viene ricordato che in Cristo crocifisso troviamo la sapienza e la potenza divina. 13 Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme. L'introduzione della pericope fa menzione della Pasqua dei Giudei, espressione tipica di Giovanni, che intende porre una netta separazione tra la festa ebraica e la pasqua cristiana. Per Gesù la festa ebraica era scaduta nel suo significato, passando dal ricordo della liberazione ad un evento di mercato (il commercio degli animali per il sacrifico, favorito dai sacerdoti per il guadagno che comportava). Secondo l'evangelista Giovanni Gesù andò tre volte a Gerusalemme per celebrare tale festa, quella del testo odierno è la prima pasqua (la seconda è narrata in 6,4 in riferimento alla moltiplicazione dei pani; la terza la troviamo in 11,55, appena prima della passione e morte, come nei sinottici, cfr. Mc 14,1ss e paralleli). L'attività di Gesù si svolge nel quarto vangelo soprattutto nella città santa a differenza dei sinottici che invece ambientano il ministero pubblico in Galilea e lo fanno salire a Gerusalemme (la città è situata su una collina) per l'unica pasqua menzionata quella della sua passione, morte e resurrezione. 14 Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete. 15Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori dal tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, 16e ai venditori di colombe disse: "Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!". Di fronte allo spettacolo poco edificante e ancor meno religioso del commercio nel cortile del tempo, come pure dell'andirivieni di gente ed animali che usavano il cortile riservato ai pagani (dei gentili) come scorciatoia pur raggiungere il monte degli ulivi (cfr. Mc 11,15-17), Gesù richiama il senso profondo del tempio e dell'attività che vi si deve svolgere. Quello di Gesù è un gesto messianico che si rifà a Ml 3,1: "ecco, io manderò il mio messaggero a preparare la via davanti a me e presto entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate" e Zc 14,21: "in quel giorno non vi sarà più mercante nel tempio del Signore"; altri testi profetici deplorano il culto solo esteriore ( Am 5,21-24; Is 11,11-17; Ger 7,21-26). Siamo nella linea dell'escatologia giudaica in cui il Messia avrebbe purificato il tempio. A differenza dei sinottici non definisce il tempiocasa di preghiera, macasa del Padre mio . Si tratta di un distinguo importante: il tempio come dimora di Dio è un dato tipico e tradizionale nell'AT (cfr. Es 25,40; 1Re 6,1; Sal 122,1) e di conseguenza centro del culto a lui dovuto. In questo testo per la prima volta Gesù chiama Dio Padre mio e indirettamente si proclama suo Figlio; affermazione sconcertante per un israelita e che ci fa comprendere quanto Gesù dice sul suo rapporto con Dio contenute nel quarto vangelo (5,17-26; 6,32.37.40; 10,30; 14,10). Se Dio è Padre allora il culto a lui dovuto non può consistere solo in sacrifici materiali, ma dovrà essere un culto spirituale e interiore da vivere nell'amore, secondo le esigenze dell'alleanza stipulata da Dio con il suo popolo (cfr. 1Re 19,10.14). (G. Zavini) 17 I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divorerà. Questo commento redazionale ci fa capire che il testo è raccontato dall'evangelista alla luce della resurrezione (cfr. Sal 69,10) e in senso profetico; infatti il mutamento di tempo del verbo dal passato al futuro indica che tutta la vicenda di Gesù, che l'evangelista sta per narrare, si svolgerà nel segno dello zelo per Dio. La sua è una vita tutta volta a compiere la volontà del Padre, sino alla fine e in questo senso il testo diventa anche un annuncio della passione di Gesù. Mentre per i sinottici questo episodio è il motivo addotto per condannare Gesù (cfr. Mc 11,18; Lc 19,47-48), in Giovanni è preludio della sua morte. 18 Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: "Quale segno ci mostri per fare queste cose?". 19 Rispose loro Gesù: "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere". 20Gli dissero allora i Giudei: "Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?". Come altrove nei vangeli ( cfr. Mc 8,11; Mt 12,38; 16,1; Lc 11,16,29-30) davanti ai gesti profetici di Gesù (in questo caso l'autorità esercitata sul tempio e su quanto vi accade) i giudei, o più in generale i suoi avversari, chiedono un segno prodigioso a garanzia dell'autorità di Gesù. Ma il segno proposto da Gesù si pone su di un piano completamente diverso: non un prodigio strepitoso, segno di potenza, ma un gesto profetico: Giovanni gioca intenzionalmente sull'ambiguità del verbo farò risorgere (in greco eghéiro che significa sia innalzare un edificio, sia far risorgere un morto). Indicando la sua resurrezione afferma che avrebbe trasformato il vecchio tempio (di pietre) in uno nuovo che avrebbe rivelato la sua divinità. Il tempio si identifica così con il suo corpo; è il segno di Giona di cui parlano anche i sinottici (cfr. Mt 12,38-39; 16,1-4; Mc 8,11-13; Lc 11,16.29; 12,54-56). La risposta del v. 20 ci mostra l'equivoco in cui sono caduti i giudei: essi si riferiscono ai lavori nel tempio, voluti da Erode il Grande; la costruzione era infatti cominciata nel 20/19 a.C. (come attesta Flavio Giuseppe,Ant . XV, 380). Da ciò ricaviamo che l'evangelista pone l'attività di Gesù nel 27/28, data in cui i lavori non erano ancora ultimati anche se la parte essenziale era compiuta. 21 Ma egli parlava del tempio del suo corpo. 22 Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù. Ancora due versetti redazionali: l'evangelista precisa il senso delle parole di Gesù come profezia della sua pasqua. Ilcorpo, l'umanità di Gesù, è il luogo della presenza e della manifestazione di Dio in mezzo all'umanità, dunque è il vero tempio. Il culto dovrà d'ora in poi fare riferimento alla sua persona (Gv 1,14; 1,51; 4,20-24). Giovanni parla del corpo di Gesù solo in questo versetto e nei due testi in cui questa profezia si compie: alla deposizione di Gesù dalla croce (tempio distrutto) e alla scoperta del sepolcro vuoto, dopo la sua resurrezione (Gv 19,38; 20,12). Alla luce di tale evento e per l'azione dello Spirito santo, i discepoli ricorderanno queste parole del Maestro: Cristo risorto è il nuovo Tempio, il solo luogo della presenza salvifica di Dio tra gli uomini, il Tempio spirituale. (G. Zevini) La fede nella Scrittura è posta dall'evangelista sullo stesso piano di quella nellaparola detta da Gesù, a significare che solo dopo la resurrezione i discepoli compresero appieno la portata delle parole e dei gesti, di tutta la vita di Gesù. Se la morte di Gesù è il segno del suo zelo per Dio, la sua resurrezione inaugura il tempio nuovo, spirituale, in cui si vive una fede senza limiti né barriere, come diceva Isaia (Is 56,7). Per Giovanni il nuovo tempio, sempre attuale e duraturo, è il corpo di Cristo risorto dai morti. Di qui Giovanni conserva la destinazione primordiale del tempio: il luogo della presenza di Dio tra il suo popolo. (Van Den Bussche). 23 Mentre era a Gerusalemme per la Pasqua, durante la festa, molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome. 24 Ma lui, Gesù, non si fidava di loro, perché conosceva tutti 25 e non aveva bisogno che alcuno desse testimonianza sull'uomo. Egli infatti conosceva quello che c'è nell'uomo. Questi tre versetti costituisco un sommario, come se ne trovano anche nei sinottici, che riassume l'attività di Gesù e ne anticipa il senso, dove si valuta l'uomo sotto l'aspetto della fede e dell'incredulità. Il tema della fede infatti verrà sviluppato nei due capitoli successivi con il racconto del colloquio con Nicodemo (3,1-21), la testimonianza del Battista (3,22-36), la samaritana (4,1-42) e la guarigione del ragazzo (4,43-54 che apre ad una universalità della fede). Per l'evangelista ci sono diversi tipi di fede: alcuni insufficienti, come la fede nel taumaturgo Gesù: molti, vedendo i segni che egli compiva, credettero nel suo nome (v. 23), che ritroviamo anche in Nicodemo. Altri che si aprono ad un approfondimento (la samaritana che dimostra una fede messianica) ed infine la vera fede nel Figlio di Dio (il Battista, 3,22-36; Maria e i discepoli 2,11.22), quella a cui bisogna approdare. Gesù conosce l'intimo dell'uomo, le sue fragilità e non si lascia ingannare dall'entusiasmo superficiale che segue i suoi segni; egli ha la conoscenza propria di Dio e sa distinguere coloro che accettano appieno le sue parole e la sua persona, senza lasciarsi condizionare dalle apparenze (cfr. Gv 21,17; 1Gv 3,20). Egli attende la risposta di ciascuno e nei capitoli 3 e 4 l'evangelista ci mostra tre esempio significativi: Nicodemo, rappresentante del giudaismo ortodosso, la samaritana appartenente al giudaismo eretico e l'ufficiale romano un pagano. Il segno del tempio che Gesù ha appena offerto, è un gesto che ci richiama all'autenticità del rapporto con Dio, liberando dall'esteriorità in cui il sistema dei sacrifici l'aveva rinchiuso. Il percorso quaresimale è anche per noi un tempo propizio per purificare e rafforzare la nostra fede e vivere il culto a Dio nella libertà e nella verità del vero tempio, che è l'umanità di Gesù Cristo. Preghiamo il testo Salmo Responsoriale (al Salmo 18 ) Signore, tu hai parole di vita eterna. La legge del Signore è perfetta, rinfranca l'anima; la testimonianza del Signore è stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore è limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore è puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti. Più preziosi dell'oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. Colletta Dio misericordioso, fonte di ogni bene, tu ci hai proposto a rimedio del peccato il digiuno, la preghiera e le opere di carità fraterna; guarda a noi che riconosciamo la nostra miseria e, poiché ci opprime il peso delle nostre colpe, ci sollevi la tua misericordia. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Oppure: Signore nostro Dio, santo è il tuo nome; piega i nostri cuori ai tuoi comandamenti e donaci la sapienza della croce, perché, liberati dal peccato, che ci chiude nel nostro egoismo, ci apriamo al dono dello Spirito per diventare tempio vivo del tuo amore. Per il nostro Signore Gesù Cristo... |