Omelia (01-04-2012)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Marco 11,1-10

Contesto

Con la Domenica delle Palme entriamo nella fase finale del tempo quaresimale; al racconto della passione (quest'anno, ciclo B, Marco 14,1-15,47) si affianca il testo dell'ingresso di Gesù nella città santa, Gerusalemme, che nell'evangelista Marco ha un carattere molto particolare, introducendo la sezione dei capitoli 11-13 che narrano l'ultima settimana di vita di Gesù ed il racconto della sua passione e morte (capitoli 14-15). Il testo ha delle forti risonanze anticotestamentarie e descrive un'azione simbolica o profetica che si connota per tre aspetti: quello del bisogno, della novità e della promessa. La sezione aperta dalla nostra pericope ci presenta lo scenario e i temi fondamentali dell'ultimo tratto di cammino di Gesù, con un valore teologico importante (come vedremo più sotto). All'apparente trionfo di Gesù nel testo evangelico di Mc 11,1-10 con cui ha inizio la processione della Domenica delle Palme, si contrappone la sua marginalità nel racconto; il racconto però lascia nel lettore la sensazione che tutto quanto si compie non sia casuale, ma voluto da Qualcuno che ha predisposto la vicenda di Gesù e vuole svelarne il senso.

Anche le altre due letture (Is 50,4-7 e Fil 2,6-11) ci parlano del significato della morte di Gesù, in chiave profetica la prima, Cristologia ed ecclesiale la seconda.

1aQuando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli

Dal capitolo 11 inizia per Marco una settimana decisiva, l'ultima della vita terrena di Gesù, scandita con precisione sempre più insistente, in giorni ed ore (vedi 11,12.20; 14,1.12; 15,1.25.33.34) che narra l'evento centrale del suo vangelo: la morte di Gesù sulla croce (15,34-37).

Marco nel primo versetto della pericope colloca Gesù (che viene da Gerico dove ha compiuto l'ultimo miracolo di guarigione narrato dall'evangelista, vedi Mc 9,46-52) in un ambiente geografico molto preciso, mettendo in campo i luoghi in cui si svolgerà l'azione d'ora in poi:Gerusalemme, centro della vita cultuale e nazionale e i villaggi limitrofi: Betania (che funge da luogo di appoggio nel suo soggiorno presso la città santa) e Bètfage (posta tra le due località precedenti); infine il monte degli Ulivi . Il brano si apre con alcune indicazioni ai discepoli e nello stesso modo si concluderà la sezione (cfr. 13,5-37) con discorso escatologico. All'interno di tale sezione si situano tre visite al tempio (11,11; 11,12-25; 11,27-12,44) e le cinque dispute con i gruppi religiosi del tempo. Più dei testi paralleli (cfr. Mt 21,1-11; Lc 19,28-40; Gv 12,12-19) Marco concentra l'attenzione sull'identità di Gesù con il riferimento apparentemente marginale della cavalcatura che gli serve per entrare in città; l'episodio ha lo scopo di mettere in luce il senso di quanto sta per accadere.

2 e disse loro: "Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3 E se qualcuno vi dirà: "Perché fate questo?", rispondete: "Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito".". 4 Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5 Alcuni dei presenti dissero loro: "Perché slegate questo puledro?". 6 Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare.

Lo svolgersi del racconto ci sorprende perché l'evangelista spende ben 7 versetti per parlarci dell'animale che Gesù utilizza per il suo ingresso nella città santa, un puledro (che da Mt 21,5 sappiamo essere un asinello). Un fatto analogo, apparentemente privo di significato, ma a cui è dato ampio spazio, è narrato in Mc 14,12-16, quando i discepoli saranno incaricati di preparare la pasqua (ossia la cena pasquale con il Maestro). In realtà il brano racchiuso tra il 2° e il 6° versetto ha molte risonanze messianiche: Gesù cavalcando un asinello si mostra come colui che realizza diverse profezie legate al re Messia (Zc 9,9;14,4-5; Gn 49,9.11), mentre i vv. 7-8 si riallacciano ad episodi AT di intronizzazione (1Re 1,30-40; 2Re 9,13).
Una domanda sorge spontanea: perché Gesù si serve di un asinello? Questo indica un bisogno: il Signore ha bisogno dell'aiuto dei discepoli che glielo procurano, e anche della disponibilità dei proprietari. La sua non è una signoria regale, al contrario. Vi è pure una novità in quanto l'animale è giovane e su di esso nessuno è ancora salito; il giungere del suo regno, di Gesù come Messia non si impone, egli compie le profezie senza clamore e senza pretese. Infine abbiamo una promessa perché tutto ciò che Gesù dice si compie puntualmente (cfr. anche 14,12-16); i lettori di Marco sono invitati a riflettere su quanto accade e a considerare che il senso degli eventi è più profondo di quanto si potrebbe pensare ad uno sguardo superficiale. Quello di Gesù non è un ingresso come tanti, lui non è un pellegrino qualsiasi che si reca nella città santa per la Pasqua, ma qualcosa di più.

L'evangelista lo presenta come il Messia che fa il suo ingresso solenne come gli antichi re; è probabile che Gesù abbia voluto compiere questo gesto simbolico al suo ingresso in Gerusalemme (per il vangelo di Marco Gesù si reca una sola volta nella città santa) per indicare la sua identità e il senso di quanto gli stava per accadere, il senso della sua missione e della sua prossima morte.

Lo svolgimento dell'azione, dal ritmo lento, sembra poi guidata dall'esterno: tutto si compie come aveva detto Gesù . Si tratta di una profezia o di un fatto legato ad un accordo previo con i proprietari? Comunque sia tutto avviene secondo le parole di Gesù. e più in profondità secondo il disegno che un Altro ha stabilito.

7 Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8 Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. 9 Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano: "Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10 Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!".

Dopo che Gesù è salito sul puledro l'attenzione si sposta da lui a quanto accade intorno a lui; sugli astanti che gettano i mantelli sul puledro e ai suoi piedi (altri riferimenti regali, vedi 1Re 1,30-40; 2Re 9,13), insieme adelle fronde, particolare questo più adatto alla festa delle Capanne che alla Pasqua.

Alcuni precedono ed altri seguono (ad indicare la folla anche se non dobbiamo pensare che ci fosse tutta la città) e tutti insieme acclamano:Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore . La citazione del salmo 118,25-26 ai vv. 9-10, di per sé era divenuta un saluto abituale per i pellegrini che si recavano a Gerusalemme, anche se l'aggiunta del nostro padre Davide! (citando il salmo 2; la ritroviamo nel NT solo in At 4,25) dà un carattere messianico all'acclamazione.

Ma stranamente Gesù non è più al centro dell'attenzione, la sua presenza è minimale: non sappiamo cosa fa', se dice qualcosa, come reagisce alle acclamazioni; il messaggio però è chiaro. Con questo ingresso solenne e il gesto della cacciata dei venditori dal tempio (subito dopo ai vv. 15-17) egli pone due azioni cariche di significato e che hanno a che fare con il motivo della sua morte (cfr. Mc 14,58).

Colui che entra in città è il Messia figlio di Davide anche se il seguito del racconto ci mostrerà che Gesù è un Messia sofferente, che porta su di sé il peccato del mondo e che in obbedienza al volere salvifico di Dio Padre, si umilia sino alla morte di croce (cfr. la seconda lettura Fil 2,6-11).

La pericope si conclude con il v. 11 che la liturgia odierna sopprime, ma che è importante nella dinamica della sezione dei capitoli 11-13, dove leggiamo: "Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània." Sarà infatti il tempio lo scenario delle cinque dispute di Gesù e dell'insegnamento sul dono della vita che leggiamo in Mc 12,41-44 ad indicare la logica che guida il cammino stesso del Messia, figlio di Davide.

Preghiamo

Salmo responsoriale (dal salmo 21)

Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?

Si fanno beffe di me quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo ama!».

Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.

Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.

Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all'assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza d'Israele.

Colletta

O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio...