Omelia (06-05-2012) |
don Mario Campisi |
Ritornare alle radici. L'albero come figura del credere "Sono il pastore", ha proclamato domenica scorsa. "Sono la vite", spiega, continuando a comporre il mosaico della sua missione, in questa domenica. E aggiunge altri tratti qualificanti: la "vigna" l'ha piantata il Padre, che è "agricoltore". Ritornare alle radici è, più che un riscoprire valori, un'inversione di marcia. Recuperare certezze eclissate o scolorite dal tempo, non dall'uso, non ci dispensa dal contemplare e dall'usufruire della fonte. "Senza di me non potete fare nulla". E' un'affermazione che va ribadita più che mai, nel clima di autosufficienza e di autogiustificazione in cui siamo immersi. Ed è proprio quando questa visione secolarizzata dell'uomo e della storia sfocia nel "secolarismo" che, negati i valori della trascendenza e della rivelazione, si perdono il "senso di Dio" e dei rapporti con lui, e il "senso del peccato" come dimensione verticale di offesa a Dio. Ricomporci in tralci, innestati nella "vite" per il fluire della linfa vitale, è indispensabile condizione per il cammino della Chiesa, nella riscoperta della dignità della singola vocazione e missione nei limiti della costituzionale miseria e nella ricchezza del piano di Dio per la salvezza dell'uomo.
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