Omelia (25-01-2004)
padre Gian Franco Scarpitta
Fra noi e quei Nazareni

Quali sarebbero le nostre reazioni se improvvisamente una persona della nostra parrocchia, da noi da sempre conosciuta e stimata come razionale, equilibrata e corretta, cominciasse a proferire delle stranezze e ad avanzare delle pretese assurde affermando di essere latore di un messaggio da parte di Dio?
Certamente resteremmo sbigottiti e sconvolti, e le nostre opinioni sui orienterebbero su un improvviso malessere psichico manifestato da parte di quella persona; in tutti i casi non lo prenderemmo sul serio, optando subito per l'allontanamento di questa persona, almeno dal contesto della pastorale parrocchiale e catechetica. In parole povere, sarebbe un esaltato.

Anche se nel passo odierno questi avvenimenti sono omessi, tale fu l'atteggiamento del popolo che affollava la sinagoga nei confronti di Gesù una volta che questi concluse le proprie riflessioni sul passo del profeta Isaia, con un'ulteriore aggravante di non secondaria importanza: quello che aveva appena finito di dire costituiva motivo di scandalo e di feroce riprovazione da parte di tutti, poiché lui, "figlio di Maria e di Giuseppe", che era stato da tutti conosciuto come un bravo ragazzo e zelante osservatore della Legge di Mosè, adesso "pretendeva" di adempiere le promesse di liberazione del popolo preannunciate in tempi remoti e pertanto di definirsi lui stesso Messia e Salvatore...
La reazione istintiva della gente si può definire attraverso queste parole: "Chi sei tu per sostituirti a Dio? In tutti gli anni della tua infanzia e adolescienza ci eravamo illusi che tu integerrimo nella fedeltà a Dio, e invece... ecco chi abbiamo cresciuto: un bestemmiatore blasfemo e traditore, che merita la morte!"
Il problema però va visto da un'altra prospettiva: i Nazareni non avevano ben compreso chi fosse in realtà Gesù, limitandosi a guardare la sua persona con una certa vena di superficialità e guardandolo solo come il figlio di Maria e Giuseppe; ma per comprendere che in Gesù vi è la rivelazione piena da parte di Dio e la liberazione dell'umanità bisogna far ricorso alla prospettiva della fede: solo accettando senza raziocinio esasperato la sua parola e, prima ancora, la sua persona, è possibile riscontrare in Cristo la valenza salvifica operata da Dio a nostro vantaggio e consideralo di conseguenza come costante punto di riferimento.
L'atteggiamento da parte degli astanti della sinagoga, (per il quale del resto Gesù farà poi un'altra affermazione: nessun profeta è accetto nella propria patria) è pertanto riprovevole perché indice di chiusura e di affermato distacco nei confronti della grazia divina, nonché un'ostinazione a vedere il loro conterraneo con occhi esclusivamente umani. Prova ne sia il fatto che Gesù non era alla sua prima esperienza di predicazione: rivolgendosi a Teofilo, l'evangelista Luca testimonia che Egli avesse già presenziato presso altre sinagoghe, che i suoi insegnamenti erano già stati accolti da altri e soprattutto... che "la sua fama di diffuse in tutta la regione". Quindi è cosa evidente che, già prima del suo arrivo, anche a Nazareth Gesù doveva essere conosciuto secondo i parametri del Vangelo e pertanto non c'era motivo che i suoi concittadini si adirassero nei suoi confronti, né che si stupissero delle sue affermazioni. Il fatto che invece lo rifiutano sottolinea in loro una radicale chiusura del cuore alla fede.

Ma se stiamo analizzando con riprovazione l'atteggiamento del popolo di Nazareth nei confronti del Signore, ciò non vuol dire che dobbiamo soffermarci esclusivamente su quei tempi/luoghi e omettere di fare (io per primo) il "mea culpa" sulla "nostra" refrattarietà nei confronti dello stesso Signore, in tempi odierni.
Non è forse un rifiuto ostinato nei confronti di Gesù quello che gli si rivolge anche da parte nostra, quando si è chiamati ad uscire dai propri ambiti per assumere quelli relativi alla Parola di Dio? Non è forse vero che, per ragioni di comodità o di conformismo con il secolo presente, noi si avanza tante volte un qualsivoglia pretesto per eludere il nostro impegno di cristiani nel mondo, lasciandoci sedurre specialmente dalla logica dell'orgoglio, dell'arrivismo e della presunzione? Non è cosa reale che noi si dia maggiore importanza ai alle nostre aspettative di affermazione e alle egoistiche ambizioni senza che Cristo abbia parte alcuna nei nostri progetti e nelle nostre impostazioni di vita?
Non è raro il caso in cui Cristo venga oggi sottomesso ai gusti e alle preferenza della gente o addirittura delle singole persone e che si trovino giustificazioni di ogni sorta per non conformarci al suo insegnamento... Molte volte si è a posto con la propria coscienza solo per aver adempiuto il precetto della Messa domenicale o della preghierina quotidiana, trascurando che invece la vita cristiana ha luogo soprattutto fuori dal tempio e dalla Chiesa, e ciò anche quando si debbano fare opportune rinunce. Forse tante volte vorremmo che Lui sia disposto ad assecondarci nelle nostre pretese in tutti i casi e in ogni senso...Il che non può non invitarci a rivedere il nostro cristianesimo.

Per chi invece accoglie il Signore nella prospettiva della fede e con lo spirito adeguato della sottomissione alla Parola e della previa apertura di cuore, Questi è invece davvero il Liberatore nonché apportatore del "lieto annuncio ai poveri" vale a dire Colui che soddisfa le nostre miserie reali e svincola da ogni legame di odierna schiavitù e in quest'ottica prima o poi si ottiene sempre la ricompensa delle "carni grasse e dei vini succulenti" garantiti gratuitamente a tutti nella prima Lettura di oggi tratta da Neemia (v. 10)" Cioè la consolazione e la gioia duratura.

LA PAROLA SI FA VITA
Spunti per la riflessione

--In tutto il corso della mia quotidianità, è davvero Gesù il centro delle mie attenzioni o le mie preferenze sono legate a mode, costumi, usanze ecc...?

--Più volte ho sentito e letto la frase dommatica: Gesù è Dio fatto Uomo. Ebbene, questo che cosa significa PER ME ADESSO, IN QUESTO MOMENTO?

--Considerando le mie preferenze e i miei sollazzi abituali, c'è qualcosa a cui potrei rinunciare senza rimpianti per una causa di carità o comunque per una finalità evangelica?

--Quando i precetti della Chiesa o la stessa Parola di Dio mi interpella su qualcosa di caro (o di comodo) a cui devo rinunciare, quali sono le mie reazioni?