Omelia (29-04-2012)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giovanni 10,11-18

Contesto

La IV domenica di Pasqua ci presenta come ogni anno il testo evangelico del Buon Pastore (Gv 10,1-21) e si svolge nel clima della giornata di preghiera per le vocazioni che quest'anno ha come tema "Rispondere all'amore si può". Il testo giovanneo viene suddiviso in tre parti: nell'ano in corso (ciclo B) il testo è quello centrale (Gv 10,11-18) dove Gesù stesso spiega il significato dell'immagine del buon pastore . La pericope si divide in tre parti: vv. 11-13 l'identità del buon pastore; vv. 13-16 la conoscenza esistente tra il pastore e il suo gregge ed infine vv. 17-18 il dono della vita.

E' evidente il legame pasquale con questo capitolo 10 giovanneo, dove sotto l'allegoria del pastore e della porta si parla dell'unico mediatore che Dio ha inviato per salvare il suo popolo (con riferimenti pure all'Esodo), mediatore che offre la sua vita.

Il capitolo 10 si apre con una formula solenne e con la seguente affermazione: 1 "In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro e un brigante. 2 Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore . La mancanza di un'introduzione qualsiasi tradisce il legame con il capitolo precedente e le sue tematiche, in particolare l'espulsione del cieco risanato a causa della sua fede in Gesù Cristo. L'affermazione di Gesù è dunque rivolta a quanti sono citati al capitolo 9 e cerca di spiegare la situazione. Si tratta di una forma letteraria, quella utilizzata nel capitolo 10, che non è propriamente una parabola, né un'allegoria, ma un insegnamento simbolico, segreto, misterioso, che prepara ed esige una rivelazione aperta, esplicita (I. de la Potterie). Un discorso enigmatico con un forte contenuto messianico, circa l'opera di Gesù e la sua identità. Infatti l'apertura (al v. 1 con la formula solenne: in verità, in verità io vi dico) richiama l'attenzione a qualcosa di fondamentale e importante.

I testi scritturistici abbinati al vangelo di questa domenica, oltre al salmo pasquale (sal 117) sono un brano della prima lettera di san Giovanni (1Gv 3,1-2) dove ritroviamo il tema della conoscenza vitale tra Gesù / Dio Padre e noi suoi figli e il testo di Atti (At 4,8-12) in cui Pietro afferma che solo nel nome di Gesù c'è salvezza. La centralità dell'opera di Cristo Gesù nel piano di salvezza di Dio Padre appare così in piena luce, mostrando che essa si compie nel dare la vita; un modello a cui i discepoli sono invitati a guardare e in cui ogni vocazione nella Chiesa prende forma e può sussistere.

11 Io sono il buon pastore. Il buon pastore dà la propria vita per le pecore. 12 Il mercenario - che non è pastore e al quale le pecore non appartengono - vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge, e il lupo le rapisce e le disperde; 13 perché è un mercenario e non gli importa delle pecore.

Dopo la spiegazione dell'immagine della porta (che occupa i vv. precedente) ora Gesù afferma di essere lui il buon o meglio il bel (in greco kalos) pastore . Il termine impiegato non è di carattere estetico e non si riferisce all'aspetto di Gesù, quanto la sua missione e le sue opere (vedi 2,10; 10,32-33) e si potrebbe tradurre anche perfetto e vero . L'immagine del pastore, che troviamo anche nei sinottici in testi diversi su Gesù e le sue opere (vedi Mt 18,12-14; Lc 15,3-7; Mt 9,36-38; Mc 6,34; 14,27; Mt 10,16; 25,31-11; Lc 12,32) ha sullo sfondo molti passi AT ed ha un chiaro valore messianico (vedi Mi 5,3; Ez 34,23-31; Ger 3,15; 23,35; Sal 23; Zc 13,7-9).

La seconda parte del v. 11 specifica in che modo Gesù è il buon pastore: egli dà la propria vita per le pecore . L'espressione dare la propria vita riportata più volte in questo brano (v. 11.15.17.18) e che ritroviamo nel capitolo 13 per la lavanda dei piedi ( cfr. Gv 13,4.12, dove si parla delle vesti, simbolo della vita stessa) è tipica di Giovanni per indicare il libero gesto di Gesù che si mette nella mani del Padre in favore delle pecore, gli uomini e le donne di ogni tempo, in vista della loro salvezza. E' lui li pastore messianico che giunge a dare la sua vita, a donare se stesso, a privarsi della vita per il bene delle sue pecore, degli altri (vedi Gv 15,13).

L'idea è rafforzata dal paragone che segue con il mercenario, il quale ha con le pecore un rapporto di interesse economico, gli servono per il suo benessere. Al contrario il buon pastore ha con esse un rapporto d'amore e di fede, è lui che sacrifica la sua vita per il bene delle pecore. Il messaggio è rivolto anche a quanti nella chiesa primitiva e di sempre svolgeranno il ruolo di pastori: anch'essi dovranno essere animati dai sentimenti qui descritti e che anche san Pietro ripropone (vedi 1Pt 5,2-4). Pure negli Atti c'è un eco di questo nel discorso di Paolo a Mileto (At 20,29.31).

14 Io sono il buon pastore, conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, 15 così come il Padre conosce me e io conosco il Padre, e do la mia vita per le pecore. 16 E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore.

La seconda parte della pericope odierna mette in luce un altro aspetto: quello della conoscenza, altro tema mutuato dall'AT (vedi Os 6,6; Am 3,2; Ger 22,16; Sal 139,1-6) e dal contesto biblico generale in cui il verbo greco ginòsko indica una conoscenza esistenziale dove tutta la persona e la sua esperienza concreta è coinvolta. Il tema della conoscenza (già emerso nei vv. 4-5 di questo capitolo 10) tra Gesù e i suoi ha come riferimento e matrice la conoscenza tra il Padre e il Figlio, si tratta di una conoscenza reale e intensa, dall'amore ( 1Cor 8,3: chi ama Dio è da lui conosciuto dirà san Paolo). Una amore che si allarga oltre i confini di Israele, oltre i confini della chiesa primitiva di Gerusalemme e giunge a tutti gli uomini e le donne. Un'apertura missionaria che sarà quella della Chiesa: "E' caratteristico del vangelo di Giovanni proiettare lo guardo sul futuro della Chiesa (cf. 4,34-38; 12,20-24), partendo dalla situazione di Gesù. Paragonando il v. 16 con il contenuto dei vv. 1-5, a cui rimanda in particolare la ripetuta menzione dell'ovile, vediamo due periodi ... Il primo periodo è legato ... alla vita terrena di Gesù. Il secondo periodo, che segue l'"esaltazione" legata all'offerta della sua vita, concerne le pecore venute da ogni dove: è il tempo della Chiesa, che vive sotto la guida del Signore glorificato" (O. Kiefer).

17 Per questo il Padre mi ama: perché io do la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. 18 Nessuno me la toglie: io la do da me stesso. Ho il potere di darla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio".

Infine la terza parte del vangelo che oggi ci viene proposto riprende il tema del donare la vita, con un nuovo elemento: il rapporto tra Gesù e il Padre è legato a questo dono di sé che è pure il suo comando . Nel testo di Giovanni troviamo diversi riferimenti a questa idea (12,24.32; 15,13; 16,21): l'amore del Padre per il Figlio e per il mondo e l'amore del Figlio per il Padre e per il mondo si manifesta nell'obbedienza sino alla morte di croce, dove si dona completamente e liberamente per dare la vita in abbondanza a noi e a cui il Padre risponde con la resurrezione il luogo in Gesù riprende di nuovo la sua vita donata.

Ogni discepolo ha quindi in Gesù un modello secondo l'evangelista Giovanni, perché in lui può vedere/riconoscere l'amore di cui anche la sua vita deve essere normata (cfr. 1Gv 3,16). Dalla pagina evangelica di oggi oltre al ritratto di Gesù scaturisce quello dei suoi discepoli e della Chiesa intera.

Preghiamo il testo

Salmo Responsoriale (dal Salmo 117)

La pietra scartata dai costruttori è divenuta la pietra d'angolo.

Rendete grazie al Signore perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nell'uomo.
È meglio rifugiarsi nel Signore
che confidare nei potenti.

Ti rendo grazie, perché mi hai risposto,
perché sei stato la mia salvezza.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d'angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Sei tu il mio Dio e ti rendo grazie,
sei il mio Dio e ti esalto.
Rendete grazie al Signore, perché è buono,
perché il suo amore è per sempre.

Colletta

Dio onnipotente e misericordioso, guidaci al possesso della gioia eterna, perché l'umile gregge dei tuoi fedeli giunga con sicurezza accanto a te, dove lo ha preceduto Cristo, suo pastore. Egli è Dio...

Oppure:

O Dio, creatore e Padre, che fai risplendere la gloria del Signore risorto quando nel suo nome è risanata l'infermità della condizione umana, raduna gli uomini dispersi nell'unità di una sola famiglia, perché aderendo a Cristo buon pastore gustino la gioia di essere tuoi figli. Per il nostro Signore...