Omelia (06-05-2012)
Monastero Domenicano Matris Domini
Commento su Giovanni 15,1-8

Contesto

Dopo l'immagine del buon pastore, proposta domenica scorsa, in questa V domenica il testo evangelico ci presenta quella della vite, anch'essa classica nell'AT; l'evangelista Giovanni la utilizza nel discorso di addio (capitolo 15) per parlare del rapporto tra Gesù e i discepoli. La liturgia della Parola di questo tempo pasquale continua l'approfondimento circa la vita in Cristo inaugurata con il battesimo. Il nostro testo si divide in due parti: i primi 4 versetti con il tema del rapporto tra Gesù e il Padre, i seguenti 4 versetti presentano la necessità di rimanere o dimorare in Cristo; comune il tema della vite, identificata con Gesù stesso, e del portare frutto . Gesù si presenta come colui che conclude l'alleanza con la sua comunità identificandosi con la vera vite; ad essa il Signore chiede di portare frutti e di trasformare in prassi di vita il suo insegnamento (G. Zevini); tema Cristologico ma anche ecclesiale.

Anche la seconda lettura (1Gv 3,18-24) ci parla della comunione con Gesù attraverso l'amore fattivo e l'azione dello Spirito santo, mentre nella prima lettura (At 9,26-31) continua il racconto delle vicende della prima comunità cristiana, con particolare attenzione a Paolo.

1 "Io sono la vite vera e il Padre mio è l'agricoltore.

La liturgia di questa V domenica ci propone un testo inserito nell'ultima cena, si tratta del secondo discorso (capitoli 15-16) e in particolare della prima parte, dove Gesù si definisce la vera vite; l'evangelista usa una forma letteraria ebraica, il mashal, in cui si fondono elementi allegorici, simbolici, esortativi e profetici.

L'immagine della vite e della vigna è classica nell'AT ed è riferita in genere ad Israele (cfr. Is 5,1; Ger 2,21; 5,10; Ez 15,2-6;19,10-14; Sal 80,9-16); nel testo giovanneo c'è un riferimento diretto a Sir 24,17-20 dove tale simbolo è riferito alla Sapienza divina.

Inoltre Gesù identificandosi con la vite introduce una novità importante che si arricchisce con il proseguire della pericope, come vedremo di seguito. Questa immagine verrà utilizzata nel NT per indicare sia l'infedeltà della vite Israele sia la cura di Gesù per i discepoli (cfr. Mc 12,1-12; Mt 20,1-8; 21,28-31.11-41; Lc 13,6-9; 20,9-19).

Gesù dunque è la vera vite e il Padre suo l'agricoltore: abbiamo un'indicazione sull'identità di Gesù e del suo rapporto con il Padre, che ha delle conseguenze importanti sul rapporto tra costoro e i discepoli di Gesù. (cfr. 1Cor 3,6-9). La cura che l'agricoltore ha per la vite è simile a quella che il Padre ha per Gesù e i suoi, per la Chiesa. Ed essa è il nuovo Israele poiché è innestato su Gesù, la vite feconda che dà il frutto sperato da Dio, a differenza di Israele che spesso si è mostrato vite bastarda. Gesù "da compimento alla speranza d'Israele, poiché ormai la vite-Cristo non può essere infedele. La vite-Israele in Gesù è promosso a una fedeltà totale" (A. Jaubert).

2 Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo taglia, e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. 3 Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato.

L'immagine della vite è scelta per rendere ancora più intimo e vitale il rapporto che corre tra Gesù e i discepoli; domenica scorsa l'immagine del pastore e delle sue pecore trasmetteva l'idea di un rapporto inteso ma comunque estrinseco. Ora appare più vitale in quanto nella vite e nei suoi tralci scorre la stessa linfa', la stessa vita. Il legame tra Gesù e i discepoli, i credenti (la Chiesa) indicato con la vite e i tralci sottolinea l'intensità del rapporto; il principio fondamentale della vita cristiana è condividere la stessa vita di Gesù, restando uniti a Lui, la vera vite .

L'autenticità di questa vita in Cristo è garantita dall'opera del Padre che taglia e pota: operazioni dolorose ma necessarie per garantire e favorire la vita. La fede e l'amore con cui restiamo in Cristo (vedi Gv 14,21) hanno alla radice l'azione del Padre. Infatti il v. 3 specifica che è la parola (quella di Gesù e quella delle Scritture) a renderci puri. Il credente nell'ascolto fedele e obbediente alla Parola si purifica e diviene sempre più tralcio della vite/Cristo (cfr. Gv 13,10). Del resto la necessità della grazia, dell'azione gratuita e preveniente di Dio per credere è un tema ripreso spesso da Giovanni (cfr. 6,37.65; 14,6).
Come il tralcio partecipa alla vita del tronco a cui è attaccato, il credente con la sua adesione a Cristo partecipa alla vita autentica, quella di Dio; questa partecipazione gli impone di vivere e di agire conforme alla novità rivelata da Gesù (TOB). D. Bonhoffer scriveva a questo proposito: "le mani di Dio sono mani ora di grazia ora di dolore, ma sono sempre mani d'amore".

4 Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può portare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così neanche voi se non rimanete in me.

Rimanete in nel vangelo di Giovanni indica la reciproca appartenenza di Gesù e dei suoi discepoli e l'unica sfera di vita retta dall'amore, a imitazione della reciproca immanenza del Padre e del Figlio. L'espressione è presente in diversi passi giovannei (soprattutto nei testi 6,54; 10,14-15; 14,20.23) viene qui collegata all'immagine della vite per specificarla: il dono di grazia di Dio rimane, ma insieme deve rimanere la fedeltà del credente. Ciò significa che la fede è un cammino, un avanzare per continuare a godere del dono di Dio che in Cristo non verrà mai meno. La fede non è data al cristiano una volta per tutte, ma è la risposta alle esigenze della Parola che è un principio dinamico che purifica e libera da ciò che in noi si oppone a Dio.

Rimanere in Gesù senza mai abbandonarlo: ecco ciò che il Cristo chiede ad ogni comunità di fede, provata dalle persecuzioni della vita, dalla superficialità e dal pericolo dell'incostanza di fronte alle esigenze della fede (G. Zevini).

5 Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. 6 Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e secca; poi lo raccolgono, lo gettano nel fuoco e lo bruciano.

La seconda sezione di questo brano inizia al v. 5 che riprende l'autorivelazione di Gesù del v. 1: Io sono la vite ma una variazione rispetto al v. 1, infatti ora si aggiunge voi i tralci . Abbiamo anche una ripresa dell'affermazione del v. 4: rimanete . Dopo l'attenzione a quanto opera il Padre, ora siamo spinti a considerare il rapporto tra Gesù/vite e i suoi discepoli/tralci. Gesù invita a rimanere in lui per portare frutto . Il senso di questo rimanere è dinamico ed indica le condizione che permettono di rimanere nella vita. Separati da Gesù siamo nella morte e andiamo incontro alla condanna eterna (Ez 15,1-8; Mt 3,10; 13,30.40); la vita viene da Gesù (cfr. Gv 10,10; 14,6); il v. 6 propone una serie di verbi come facendo un percorso al rallentatore: chi non rimane viene gettato, secca, viene raccolto, lo gettano nel fuoco, lo bruciano, che sottolineano l'inevitabile fallimento del tralcio staccato dalla vite.

In modo diverso san Paolo dirà: "Tutto posso in Colui che mi dà la forza" (Fil 4,13).

7 Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto. 8 In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli.

Il tema si sviluppa ulteriormente con l'equivalenza proposta tra Gesù e la sua Parola. Accogliere la parola di Gesù è accogliere la sua persona e il suo mistero, accoglienza possibile attraverso la fede che rende quindi efficace ogni preghiera (vedi Gv 14,13 e la prima lettura di questa domenica 1Gv 3,22), perché il credente non potrà che chiedere ciò che Cristo vuole: la gloria del Padre e la salvezza di tutti i fratelli.

Infine la gloria del Padre, che si manifesta in Gesù, è manifestata anche in coloro che producono frutti in forza della loro comunione con Lui. Come Gesù con la sua vita di donazione libera e feconda compie la volontà del Padre, così quanti, saranno uniti vitalmente a lui porteranno frutto, ossia daranno gloria al Padre e saranno testimoni del vangelo.

La seconda lettura (1Gv 3,18-24) ci dice poi che è attraverso l'azione dello Spirito santo che ciò diventa possibile.

Preghiamo il testo

Salmo Responsoriale (dal Salmo 21)

A te la mia lode, Signore, nella grande assemblea.

Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.
I poveri mangeranno e saranno saziati,
loderanno il Signore quanti lo cercano;
il vostro cuore viva per sempre!

Ricorderanno e torneranno al Signore
tutti i confini della terra;
davanti a te si prostreranno
tutte le famiglie dei popoli.

A lui solo si prostreranno
quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.

Ma io vivrò per lui,
lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
annunceranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
«Ecco l'opera del Signore!».

Colletta

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l'eredità eterna. Per il nostro Signore...

Oppure:

O Dio, che ci hai inseriti in Cristo come tralci nella vera vite, donaci il tuo Spirito, perché amandoci gli uni agli altri di sincero amore, diventiamo primizie di umanità nuova e portiamo frutti di santità e di pace. Per il nostro Signore...