Omelia (20-05-2012)
Giovani Missioitalia
Il Vangelo corre dappertutto

Con l'ascensione di Gesù al Padre si compie la sua missione e inizia quella dei suoi discepoli perché il Vangelo corra dappertutto. La Parola di oggi sembra condurci a muoverci dentro alcuni spazi per lanciarci nel mondo e stare nel mondo che Dio ama.

Innanzitutto lo spazio della Vita.
"Uomini di Galilea perché state a guardare il cielo? Questo Gesù che di mezzo a voi è stato assunto in cielo verrà allo stesso modo in cui l'avete visto andare in cielo" (At 1,11). Vivete! La Buona Notizia, le pagine di Vangelo si liberano a partire dalla vita. La vita ha un fine verso cui camminare con tutte quelle domande che abitano il cuore. A volte capita di sentire che la nostra vita non ha un senso, ci sembra di essere qui per caso e tanti aspetti difficili della quotidianità ci intimoriscono. Ci si lascia vivere, ci si lascia condurre dalle proprie vedute, da ciò che ci fa sentire immediatamente bene e ci illude di essere liberi. La Parola e lo Spirito di Gesù Risorto entrano nella nostra vita e ci chiamano a viverla, a non essere dimissionari nei confronti di essa.La nostra prima vocazione è imparare a vivere perché non si spenga il desiderio di essere felici dentro il progetto che è nel nostro e nel cuor di Dio

Il ritorno di Gesù al Padre e il dono dello Spirito inaugurano anche il tempo della Chiesa. Siamo chiamati ad essere "un solo corpo e un solo spirito", a nutrirci della stessa speranza, a vivere di "un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ef 4,4-5).
Certo, non sempre la Chiesa è capace di essere fedele alla vocazione che la costituisce corpo di Cristo. È segnata dal limite, dall'incompiutezza, dalle contraddizioni... le stesse dinamiche di male che ben conosciamo perché abitano dentro ciascuno di noi. Ma la Chiesa, seguendo il suo Maestro, è anche capace di esprimere il bene, di riprodurre il miracolo dell'amore, di essere gratuitamente e generosamente attenta all'uomo e alle sue ferite, di essere autenticamente il luogo che custodisce la presenza del Risorto e rende possibile l'incontro con Lui.
Per questo siamo Chiesa, per questo il credente, anche il giovane credente, ama la Chiesa, dono del Signore e continuamente edificata dal suo Spirito. Nella consapevolezza che solo insieme si costruisce il "corpo di Cristo" nella storia, finché "arriviamo tutti all'unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino allo stato di Uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo" (Ef 4,13). La promessa che ci muove è alta: camminare da fratelli verso quella pienezza di umanità che è secondo il pensiero del Padre da sempre e che Gesù ha realizzato anche per noi.
La nostra Chiesa ha forse un po' perduto il senso dell'essere corpo di Cristo. La più giovane Chiesa d'Africa sembra conservarne una più viva consapevolezza. In questo lembo di terra che è diventato il nostro punto di osservazione, i credenti si identificano con immediatezza nella fede in Gesù e nel sentirsi parte della comunità cristiana, probabilmente anche in forza del senso di appartenenza al gruppo che caratterizza queste culture. È impossibile per noi dimenticare la gioia esplosa la notte di Pasqua dopo il battesimo di tanti fratelli e sorelle. L'hangar che fa da chiesa in questa periferia di città in cui viviamo si è riempito di canti, di urla, di battimani festosi... nuovi fratelli si sono aggiunti ad altri fratelli, animati dalla stessa fede, uniti nello stesso battesimo. Le parole di benvenuto del responsabile laico della comunità, commosso e grato, ne sono state ulteriore e prezioso segno.

Si apre, infine, anche il tempo della testimonianza "fino ai confini della terra" (At 1,8), resa possibile dal dono dello Spirito e chiesta ai suoi dal Risorto: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura" (Mc 16,15).
Qual è la Buona Notizia da proclamare? Certamente la gioia dell'incontro con Gesù, ciò che si è assaporato del suo mistero di amore e di libertà, la forza rivoluzionaria della sua parola, la possibilità di fidarsi di un Dio che sta dalla parte dell'uomo e lo salva da tutto ciò che deturpa la bellezza dell'umanità...
Il vangelo di Marco sembra suggerire questa declinazione: Gesù ha vinto il male che opprime il cuore e la vita dell'uomo. Rendere testimonianza a Gesù, allora, significa scegliere di incarnare la logica del bene, cercare di rendere evidente nella concretezza della storia la supremazia del bene su ogni dinamica di male, affermare con la vita il potere "debole" dell'amore contro ogni istinto violento di sopraffazione dell'altro... Nel nome di Gesù, infatti, coloro che credono "scacceranno demoni, parleranno lingue nuove, prenderanno in mano serpenti e, se berranno qualche veleno, non recherà loro danno; imporranno le mani ai malati e questi guariranno" (Mc 16,17-18).
In questa capacità di testimoniare la vittoria del Bene, i cristiani della nostra nuova comunità ci sono di esempio. Senza clamore, con semplicità, attraverso piccole scelte, discrete, ma che sanno di Vangelo. Come quella di farsi vicini ai malati. In questa terra capita spesso di ammalarsi e di star male per qualunque cosa. La malattia è abbastanza spontaneamente associata all'influenza degli spiriti maligni e all'inimicizia di qualcuno che li fa convergere contro chi cade ammalato. Anche chi è cristiano ritiene facilmente di essere vittima della "sorcellerie". Come rispondono a questo gli altri cristiani? Facendosi vicini, visitando i fratelli ammalati che abitano accanto... E quando ci si ritrova al capezzale dell'ammalato anzitutto si prega insieme, si invoca la presenza del Signore, l'unica vera Presenza, più forte di qualunque attacco del male. L'ammalato, così, trova pace, si sente accompagnato dal Signore e sostenuto dai fratelli.
Umile segno di attenzione umana e di cristiana carità, capace di testimoniare la forza liberante del Vangelo.



Il commento è stato realizzato da Anna Maria Merla ed Emanuela Maistrello, missionarie fidei donum, della Diocesi di Milano, in Cameroun.