Omelia (03-06-2012) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Deuteronomio 4,32-34.39-40; Salmo 32; Romani 8,14-17; Matteo 28,16-20 Il mistero della Trinità apre ai nostri occhi la novità del Dio del cristianesimo, come si rivela nel percorso e nel compimento delle Scritture. Né un Dio lontano nei cieli, immane trascendenza che non possiamo neppure figurarci, né un Dio antropomorfico, scimmiottamento di una figura umana con poteri eccezionali. Seppure il Dio del Vecchio Testamento è prevalentemente trascendenza, e tale è rimasto nell'ebraismo, tuttavia già il Deuteronomio non può fare a meno di rappresentare, con stupore, Dio che entra in relazione con l'uomo, dato che il popolo ha udito la voce di Dio parlare dal fuoco ed è rimasto vivo! Con la nuova alleanza, la relazione si precisa: essa è non è altro che il modello di quella che meglio l'uomo conosce, la relazione familiare, che accomuna in un solo destino il Padre, il Cristo, lo Spirito e gli uomini figli di Dio. La grazia del Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo rendono l'uomo quello che è, un essere libero. Paolo ci esorta a vivere secondo la grazia ed il carisma che abbiamo avuto in dono: Non avete ricevuto uno spirito da schiavi per ricadere nella paura, ma avete ricevuto lo Spirito che rende figli adottivi, per mezzo del quale gridiamo: «Abbà! Padre!». Chiaro che Paolo non sceglie i suoi termini a caso, egli ha ben presente il testo di Isaia, per esempio, che definisce Israele un servo del Signore. L'opposizione schiavo (servo) - figlio adottivo, ecco la novità fondamentale del credo cristiano, la possibilità aperta a tutti di entrare in intimità con Dio, di rivolgersi non ad un ente trascendente ma addirittura ad un Abbà, cioè ad un papà, babbo, ancor più che a un Padre. Chi di noi è genitore conosce l'emozione che si rinnova quando i figli ci chiamano con questo semplice appellativo. Questo è l'appellativo che ha scelto per sé il Dio della nostra fede. E forse, per noialtri che non abbiamo la vocazione di consacrarsi interamente al Padre, è solo con il sacramento del matrimonio e con la generazione dei figli che riusciamo a cogliere una qualche luce nella relazione che ci lega alla Santissima Trinità. Sappi dunque oggi e medita bene nel tuo cuore che il Signore è Dio lassù nei cieli e quaggiù sulla terra. Questo ammonimento del Deuteronomio perde il suo tenore grave per volgere alla gioia nelle parole di Cristo sceso in terra e dei suoi discepoli che per primi lo hanno accolto. Da quell'ammonimento si passa al Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo, l'annuncio che non fa paura ma che rassicura l'uomo, Cristo come accompagnatore, compagno di strada, con noi e non sopra di noi, che nella comunione si riafferma e si ripresenta con il suo corpo tutti i giorni della nostra vita. Certo il rapporto filiale comporta degli impegni, con l'adozione siamo diventati eredi di Dio e coeredi di Cristo ci dice Paolo. Ed il primo impegno è quello del proselitismo, mosso dall'amore: battezzare tutti popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Se allora guardiamo lucidamente alla nostra capacità di riempire quell'impegno filiale di contenuti, il panorama può essere sconsolante. L'uomo è naturalmente il teatro vivente di pulsioni antagoniste. Anche il Vangelo di oggi non dà forse atto dei dubbi degli apostoli, che pure hanno visto il Cristo? Pietro, il primo Pontefice, colui sul quale è stata edificata la Chiesa di Cristo, non ha forse tradito il suo Signore per tre volte nel breve volgere di una notte? Non hanno tradito o dubitato altrettanto tutti gli altri dodici? Prima di diventare santi, i suoi primi discepoli appaiono come una banda di miscredenti e di traditori. Ma anche qui è la ricchezza del messaggio cristiano: gli apostoli sono quanto di più lontano dal superuomo, dall'eroe o dal semidio, sono invece gli archetipi del povero credente che va oltre il suo limite e compie la sua missione fra mille passi falsi. Nei nostri dubbi e nei nostri errori noi glorifichiamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per la revisione di vita: - Sentiamo in noi uno spirito da figli adottivi del Padre che ci induca ad esercitare la nostra libertà nei rapporti con gli altri ed in particolare con coloro che non credono? - L'intimità del Cristo "con noi tutti i giorni" la coltiviamo all'interno dei rapporti familiari ed amicali e come? |