Omelia (27-05-2012) |
padre Gian Franco Scarpitta |
Araldo di verità e di vita C'è gioia a Gerusalemme mentre il tempio viene preso d'assalto da parte di tanti pellegrini che provengono da ogni parte del mondo (allora conosciuto) per celebrare la Pentecoste ebraica. E' il cinquantesimo giorno dalla mietitura del primo covone di grano, sono passate sette settimane e adesso, secondo la prescrizione (Lv 23, 10 - 11), si loda il Signore per l'avvenuto raccolto, offrendo nel tempio le primizie di quanto mietuto: un frutto per ciascun esemplare di raccolto. Tale è infatti la Pentecoste intesa in senso ebraico. Lo scenario davanti alla porta del tempio è quello di un via vai continuo di persone in festa recanti ceste e sporte di alimenti agricoli in un clima lieto, festoso ed appagante. A Gerusalemme vi è però anche un gruppetto di Galilei forzatamente nascosti, rifugiati in un abituro dalle porte sbarrate nel timore di essere assaliti improvvisamente dai Giudei, che si sono messi alle loro calcagna. Il timore e lo sgomento li trattengono dall'uscire di casa anche per le commissioni più importanti e quando esigenze materiali impongono a qualcuno di loro di abbandonare il nascondiglio, questi lo fa sempre usando massima prudenza e circospezione. Paura e trepidazione imperversano negli Undici apostoli di Gesù, proprio mentre si irradia la gioia e la festosità di tanta gente attorno. Fino a quando non avviene qualcosa di insolito che sconvolge la loro vita, interessando anche quella della succitata gente convenuta da varie provenienze. Luca descrive che gli apostoli vengono raggiunti da una serie di fenomeni concomitanti che costituiscono una straordinaria manifestazione del divino: nella Scrittura il fuoco, il rombo, il vento sono elementi in cui Dio non di rado manifesta la sua potenza. Il fuoco è particolarmente l'elemento divino che distrugge radicalmente l'uomo vecchio per ricostruirlo su fondamenti nuovi, che disgrega per risanare e in questo caso le lingue come di fuoco rappresentano la Parola di Dio che rinvigorisce e sprona questi timidi e pavidi discepoli creando in loro una condizione di rinnovata forza e intraprendenza. E' lo Spirito Santo che si manifesta in tutto questo. Lo Spirito, che accanto al Padre e al Figlio è Dio, come suggeriscono parecchi accostamenti biblici di attributi che lo associano al Figlio di Dio (Paraclito, Avvocato, Consolatore). Si tratta dello Spirito che aveva guidato e illuminato Gesù nella precedente vita prepasquale dall'incarnazione al Battesimo al Giordano; dalle prove della tentazione demoniaca nel deserto fino all'autoconsegna alla croce e alla Risurrezione. E' lo stesso Spirito "testimone della verità" che Gesù aveva promesso ai suoi prima di ascendere al Cielo perché non restassero orfani e spaesati e che adesso discende sul gruppo per continuare in esso e in tutti i discepoli l'opera medesima del Risorto. Lo Spirito Santo infonde la parresia, cioè il coraggio e la franchezza apostolica per la quale adesso gli Undici superano ogni timore e ogni riservatezza e, bando alle paure e alle esitazioni, affronteranno ogni rischio e si esporranno a tutti i pericoli pur di annunciare il Risorto a tutti, a cominciare dai numerosi pellegrini che affollano il Santuario. Sono infatti gli attoniti presenti, che Luca elenca come provenienti da tantissimi popoli ed etnie, i destinatari dell'annuncio della Risurrezione, particolarmente con questo fenomeno straordinario chiamato xenoglossia (=parlare in lingue straniere) che è un parlare in modo tale che tutti gli altri possano comprendere unanimemente, nonostante la differenziazione delle lingue natie. Lo Spirito, che ha già reso testimonianza veritiera del Cristo agli stessi apostoli, si fa latore della stessa testimonianza di verità anche presso tutti questi uomini e donne di ogni nazione, che restano sbigottiti di come semplici uomini possano annunciare a tutti le grandi opere di Dio. Pietro spiegherà agli astanti che non si tratta di ebbrezza (sono appena le nove del mattino) o di demenza mentale, ma che come aveva profetizzato il profeta Gioele, lo Spirito del Signore si è appena effuso su ogni persona per compiere prodigi. Lo Spirito di Colui che loro, appunto i Giudei interlocutori, avevano appeso sulla croce e che Dio ha risuscitato. Lo Spirito Santo prenderà decisioni congiuntamente agli apostoli (At 15) e sarà guida e anima della comunità cristiana man mano che essa si accrescerà di numero e si protenderà nella missione di evangelizzazione e di annuncio. Lo Spirito di verità guiderà coscienzialmente anche gli stessi Pastori quando la Chiesa dovrà assumere seri provvedimenti in ordine al recupero della propria santità e della sua attendibilità e guiderà tutti nella giusta direzione da intraprendere ogni qual volta dovesse sorgere qualche dubbio o qualche perplessità. Lo Spirito che testimonia il vero è infatti lo Spirito veritiero anche in senso morale e comportamentale. La Chiesa, nel suo procedere storico ha nello Spirito così di essere assistita dallo stesso Signore che l'ha istituita e per questo non può che impostare la propria vita e la missione affidandosi alla Terza Persona della Trinità, la quale continua a elevare, ispirare e infondere coraggio, guidando tutti verso la Verità. Lo Spirito Santo è la vita della Chiesa e dei singoli soggetti e senza il suo "soffio" non possiamo avere stabilità né sussistenza. Nello Spirito Santo troviamo anche noi, come gli apostoli a Gerusalemme, la motivazione e la forza di superare ogni paura e incertezza e di far fronte a tutte le inquietitudini, specialmente nella prospettiva dei problemi e quando sorgano titubanze nelle decisioni. Lo Spirito infonde il coraggio nella prova, la solerzia nella demotivazione e fiducia nell'abbandono, risollevando gli animi quando debbano essere afflitti e calmandoli e sopendoli quando debbano eccessivamente esaltarsi. Propri del Paraclito sono infatti i sette doni che indirizzano e fondano la vita e il buon intendimento dell'uomo. Perché non invocare lo Spirito nei momenti di incertezza e di apprensione? Perché ostinarci (come di fatto avviene in tanti luoghi umani e anche ecclesiali) a vedere nello Spirito una sorta di astrattismo avulso e astorico, per niente legato né interessato alle nostre vicende? Perché ci si pone titubanze nell'invocarlo e nel porsi alla sua sequela? Forse non attribuiamo sufficiente importanza al fatto che lo Spirito è Spirito concreto della vita di tutti i giorni, che permea il nostro quotidiano suscitando di giorno in giorno esattamente quello che il Signore Gesù suscitava con i suoi interventi edificanti quali gli insegnamenti, le parabole e i miracoli, ossia la fiducia, la speranza, la sicurezza. Prerogative delle quali avvertiamo estrema necessità al giorno d'oggi, quando la debolezza e la fragilità d'animo causano il suicidio di parecchie persone (ormai troppe) per l'instabilità e per la crisi economica e quando non sono pochi i giovani in preda alla depressione e allo smarrimento per la perdita irrimediabile del proprio lavoro. Lo Spirito Santo è certamente presente e attivo mentre noi disperiamo su questi e altri problemi interrogandoci sulle possibili vie d'uscita e proprio Lui garantisce lume e buon senso riguardo alla soluzione di problemi socialmente tanto assillanti. Anche in questo senso non mancherà di guidarci verso la verità che è Cristo, anche intorno alle scelte e alle decisioni da intraprendere. |