Omelia (20-05-2012) |
don Roberto Rossi |
Camminare sulla terra guardando il cielo Celebriamo la festa dell'Ascensione. E' la festa di Gesù per sempre vivente nei cieli, nostro Salvatore, sempre pronto a intercedere per noi. E' la festa del nostro "destino", è il senso della nostra vocazione all'eternità. Ma più che soffermarsi su questa, la liturgia odierna e lo stesso brano del Vangelo si soffermano sulle condizioni poste dal Signore affinché questa possibilità si realizzi. "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura". Il bisogno di condivisione e di comunione si manifesta anche nell'ultimo annuncio di Gesù. Ogni creatura è invitata a partecipare, come disse nella parabola del banchetto nuziale. Andate, non tenete egoisticamente solo per voi questo dono di vita eterna. "In tutto il mondo, fino ai confini più estremi della terra". Oltre il limite pensabile dall'umano. È questo il senso dell'amore di Dio. La sua carità non può essere racchiusa o costretta. Si espande liberamente senza limiti. La misura del suo amore è quella di non avere misura. "Chi crederà e sarà battezzato sarà salvo". Ecco la condizione per la salvezza: chi crederà, chi aderirà volontariamente, chi risponderà con generosa prontezza sarà salvo. È il consenso interiore che poi si manifesta nelle forme dell'amore cristiano a evidenziare chi crederà. Qui si misurerà la rettitudine della fede. "E questi saranno i segni che accompagneranno quelli che credono ...". Questa espansione della fede è accompagnata da prodigi solo se verranno fatti "nel mio nome". Si evidenzia qui una sintonia tra Cristo e i suoi discepoli che dovrebbe mettere in risalto, come dice l'apostolo, che "non sono più io che vivo, ma Cristo che vive in me". È quanto ci conferma il Vangelo: "Allora essi partirono e predicarono dappertutto, mentre il Signore operava insieme con loro". L'Ascensione conferma le Scritture vivificando il passato, apre uno spiraglio sul nostro futuro ultimo, ma soprattutto convalida il presente della Chiesa che vive sostenuta e accompagnata da Cristo suo Redentore. Questo rapporto tra passato, presente e futuro è testimoniato dalla stessa Chiesa nascente. La lettura degli Atti degli Apostoli ci intima: "perché rimanete a guardare il cielo? Quel Gesù or ora salito al cielo ritornerà nello stesso apparato". Del resto lo stesso Gesù aveva poco prima ammonito: "Il Padre con la sua autorità ha stabilito tempi e momenti che non spetta a voi conoscere". A noi spetta solo manifestare la nostra fede. L'integrità della nostra fede si misura dall'amore che portiamo tra di noi realizzato nell'unità della Chiesa. Ci ricorda oggi Paolo: studiatevi "di conservare l'unità dello spirito nel vincolo della pace" e, per far questo, occorre "umiltà e mansuetudine, con longanimità, sopportandovi caritatevolmente gli uni gli altri". Il Signore attira lo sguardo degli Apostoli - il nostro sguardo - verso il Cielo per indicare loro come percorrere la strada del bene durante la vita terrena. Egli, tuttavia, rimane nella trama della storia umana, è vicino a ciascuno di noi e guida il nostro cammino cristiano: è compagno dei perseguitati a causa della fede, è nel cuore di quanti sono emarginati, è presente in coloro a cui è negato il diritto alla vita. Possiamo ascoltare, vedere e toccare il Signore Gesù nella Chiesa, specialmente mediante la parola e i sacramenti. Siamo chiamati anche a saper utilizzare con saggezza i mezzi di comunicazione, per far conoscere la vita della Chiesa e aiutare gli uomini di oggi a scoprire il volto di Cristo. Il Signore, aprendoci la via del Cielo, ci fa pregustare già su questa terra la vita divina. Un autore russo del Novecento, Pavel Florenskij, nel suo testamento spirituale, scriveva: "Osservate più spesso le stelle. Quando avrete un peso nell'animo, guardate le stelle o l'azzurro del cielo. Quando vi sentirete tristi, quando vi offenderanno, ... intrattenetevi ... col cielo. Allora la vostra anima troverà la quiete" |