Omelia (20-05-2012)
don Maurizio Prandi
Responsabili nel mondo

Sono davvero tante le "perle di bellezza" che la liturgia della Parola di oggi ci offre. La maestosità che gli artisti da sempre hanno impresso alla scena che si offre agli occhi dei discepoli io la vedo nelle parole di Gesù: Andate in tutto il mondo e predicate il vangelo ad ogni creatura; ossia la grandezza di Gesù non sta tanto nell'essere elevato al cielo o nel sedere sul trono alla destra del Padre, ma sta nell'affidare ai discepoli la responsabilità di annunciarlo e di renderlo vivo, presente, continuando ad operare perché la Buona Notizia del vangelo raggiunga ogni luogo, anche il più sperduto ed isolato.
Una solennità davvero missionaria questa, e l'ambito della missione secondo le parole di Gesù è il più ampio che si possa pensare: il mondo intero; così come i destinatari sono i più "universali" possibili ogni essere creato. Questa consegna avviene in un contesto che potrebbe sembrare per niente ideale per poter confidare in qualcuno, poiché il versetto 14 (il testo di oggi comincia con il 15), infatti, afferma che alla fine apparve anche agli Undici, mentre erano a tavola, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto. Si potrebbe tranquillamente pensare che con queste persone Gesù voglia chiudere, e invece no, dice: Andate! Che bello!!! Gesù continua a dare nuove opportunità, continua a fidarsi, a dire che ha bisogno di loro e mette nelle loro mani e sulle loro bocche il vangelo.
Nelle comunità della missione abbiamo sentito particolarmente "nostra" questa liturgia della parola, questa presenza del Signore che agisce insieme con noi e conferma la Parola accompagnandola con dei segni che non sono grandi come i miracoli, ma che fanno bene al nostro cuore: una comunità di campo, quella del Triangulo che accoglie in uno stesso giorno quattro persone nuove desiderose solo di ascoltare la Parola di Dio; due uomini di 75 anni che prima di ricevere la Prima Comunione nella comunità alla quale appartengono si riconciliano tra di loro; una comunità (Mordazo) che, riunita in consiglio, decide di dare tutto quello che c'è nel fondo comune per aiutare una mamma sulla sedia a rotelle e sua figlia a cominciare i lavori per rifare il tetto della casa prima che il periodo delle piogge cominci a rendere quasi impossibile la vita.

Ci è sembrato importante anche sottolineare quanto Luca ci dice nella prima lettura, mettendo al centro l'opera del Signore: è lui che fa e insegna come ci ha confermato il brano di vangelo. La traduzione in spagnolo ci ha aiutati in questo (quella italiana meno...) e mi piace condividere con voi quello che è nato. Luca scrive di aver fatto il primo racconto di tutte le cose che Gesù incominciò a fare e ad insegnare; quel "incominciò" ci ha molto colpiti, quello che Gesù ha cominciato nel vangelo continua ora negli Atti e continuerà poi in ogni comunità che dal suo Spirito si lascerà guidare. In una Lectio Divina su questo brano degli Atti, gli appartenenti alle Famiglie della Visitazione scrivono di una bella immagine di chiesa: E' bello l'inizio che parla delle cose che Gesù "incomincia" a fare e ad insegnare. Questo è il libro della continuazione delle opere e delle parole di Gesù. E' la chiesa che viene descritta come l'azione e la parola di Gesù che continua servendosi dei suoi discepoli. E' Lui che continua ad essere il protagonista, il centro di tutto il testo. Questo deve spingere anche noi a concentrare tutta la nostra attenzione su Gesù.
In questo tempo di Pasqua è stato molto importante ascoltare come prima lettura durante la messa feriale il testo degli Atti degli Apostoli. Questa storia di una chiesa che nasce, fatta dall'intreccio di moltissime storie differenti tra loro anni luce ma tutte tese a vivere il Regno di Dio che Gesù ha annunciato: la carità fraterna, la preghiera, la frazione del pane, l'aiuto al prossimo. Molto forte l'ordine di Gesù di non allontanarsi da Gerusalemme; restare lì è importante, perché è il luogo della Pasqua di Gesù e quella Pasqua è da celebrare e vivere nella nostra vita fatta di continui passaggi che ci chiamano a morire e a rinascere ogni giorno. Bello anche il riferimento alla promessa del Padre, due motivi: il primo lo sento in continuità con quanto domenica scorsa ci dicevamo meditando la supplica di Gesù a rimanere nel suo amore; al versetto 4, dove la traduzione italiana dice di attendere la promessa del Padre, una traduzione più letterale dice rimanere attorno alla promessa del Padre, ed ecco che torna quell'invito alla stabilità, alla perseveranza, alla fedeltà, per poter così rinnovare la fede ogni giorno; il secondo riapre il tema sempre importante della maturità della nostra fede perché in un mondo, quello delle nostre comunità (di missione e non), ancora troppo religioso, dove facendo qualche promessa (come dicono qui), si pensa ancora di potersi ingraziare nientemeno che Dio in una sorta di commercio religioso, siamo aiutati a capire che Dio, ribaltando completamente i piani, ci chiama alla fede. E' una bella continuità con il cammino della settimana anche perché giovedì abbiamo un po' lavorato sul discorso di Paolo nell'Areopago e quell'inizio: Ateniesi, vedo che in tutto siete molto religiosi mi ha fatto pensare tanto. Nell'omelia ho detto che la religione non basta, è qualcosa di buono ma di insufficiente, è necessario fare qualche passo in più, perché la religione chiede mentre la fede si offre, la religione vuole risposte mentre la fede è un cammino fatto di domande sempre nuove, la religione pretende certezze mentre la fede accetta di essere illuminata da dubitose chiarezze (don Michele Do), la religione cerca un commercio con Dio (ti chiedo di fare questo per me e se tu me lo concedi io ti prometto di fare quest'altro...) mentre la fede è una relazione impostata tutta sulla gratuità. Allora scoprire che non siamo noi a fare promesse a Dio, ma è Dio che nella Bibbia fa promesse a noi ci responsabilizza ancora di più nel fare del nostro rapporto con Lui una consegna senza condizioni. Sempre questo versetto 4 ci dice che tutto quello che il Risorto dice e fa ha la sua fonte nello stare a mensa. Dei quaranta giorni che sono passati dalla sua Resurrezione, Vangeli e Atti degli Apostoli sottolineano il continuo stare a mensa di Gesù con i suoi discepoli: è in questa mensa comune che si vive l'attesa (Famiglie della Visitazione) ed è a questa mensa comune che accogliamo il dono promesso: quella della Sua presenza tra noi e in noi. Da questa mensa siamo chiamati a partire, non per assolvere un precetto, ma per poter andare sempre più lontano, fino ai confini della terra, dove possiamo incontrare non soltanto i lontani ma gli ultimi, i diseredati, le pietre di scarto sulle quali nessuno vuole costruire.