Omelia (03-06-2012)
Omelie.org - autori vari


COMMENTO ALLE LETTURE
a cura di Padre Gianmarco Paris

Avvolti dal mistero di Dio

Dopo aver percorso le tappe principali della vita di Gesù, dalla nascita, alla vita pubblica, alla passione, morte e resurrezione, fino al ritorno a Padre insieme al quale invia ai suoi discepoli lo Spirito Santo, in questa domenica siamo invitati dalla liturgia della "Santissima Trinità" (per non essere astratti dovremmo meglio dire "trinità di Dio") a contemplare in un unico sguardo il mistero di quel Dio che la storia di Gesù ci ha fatto conoscere: è un Dio unico, e al tempo stesso è un mistero costituito da tre persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Proponendoci questa festa dopo aver concluso il tempo pasquale, la liturgia ci ricorda che abbiamo scoperto questo "nome di Dio" grazie alla vita, morte e risurrezione di Gesù, cioè grazie alla sua storia concreta, alle sue parole e gesti, al suo insegnamento che si è tradotto in gesti concreti, fino a quello supremo di donare la sua vita per noi.
Per celebrare bene questa festa non è necessario preoccuparsi di spiegare il fatto "strano" che Dio è uno solo e in Lui esistono tre persone. Questa festa piuttosto ci aiuta a stare vicini al mistero da cui veniamo e verso cui andiamo: il mistero dell'amore che per esistere deve scambiarsi, deve uscire e entrare, deve perdersi per trovarsi. Siamo come coloro che si mettono a parlare dell'aria: la possono studiare, per capirla meglio e rispettarla di più, ma il presupposto perché possano fare ciò è che l'aria esista, perché loro vivono grazie ad essa.
Così è per noi in rapporto alla Trinità di Dio: se ci pensiamo bene, tutto quello che facciamo come cristiani ha a che vedere con la trinità di Dio: il segno della croce, con cui iniziamo e concludiamo ogni nostra preghiera; la benedizione con cui invochiamo su di noi la protezione di Dio; il battesimo che ci introduce nella vita di Dio; il matrimonio con cui benediciamo il patto di vita e di amore tra un uomo e una donna; il gesto ultimo con cui affidiamo alla terra il corpo dei nostri cari defunti. Tutti questi gesti di fede dicono una cosa sola: il nostro desiderio di entrare nel mistero di Dio, di appartenere a lui, di vivere della sua stessa vita, perché sentiamo che dentro questo mistero la nostra vita diventa vera e piena.
È in questa prospettiva che possiamo meditare sulla Parola che la liturgia di questa festa ci propone: non come una "spiegazione" della Trinità di Dio, ma come una strada per entrarvi.
Nella pagina di Deuteronomio Mosè invita il popolo a prendere coscienza della straordinaria novità del Dio che si è fatto conoscere liberandolo dalla schiavitù e facendo con Israele un patto di fedeltà. Ecco: riflettendo e meditando su questa storia concreta di salvezza si giunge a comprendere che solo questo "Signore" merita di essere Dio. È un "Dio unico" nel senso che gli altri dei che i popoli adorano non entrano nella storia in favore dei loro popoli; come dice il salmo, hanno occhi e non vedono, mani e non palpano. La risposta attesa da parte di Israele è l'obbedienza alle leggi, che sono le clausole del patto siglato, e sono condizione per poter vivere bene e a lungo nella terra in cui Israele sta per entrare.
Gesù ha compiuto la promessa di fare entrare il popolo nella terra, non quella fisica di una regione determinata, ma la terra del "Regno di Dio", che ha annunciato e aperto a tutti. Per questo al momento di tornare al Padre (come dice la pagina conclusiva del Vangelo di Matteo) affida agli apostoli la missione di fare di tutte le nazioni dei discepoli, di incamminarle nella strada della sequela di Gesù, che loro per primi hanno iniziato e non ancora concluso. Un modo per fare ciò, in un certo senso il primo passo, è di battezzare "nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Questa espressione trinitaria, che viene dalla matura fede della Chiesa di S. Matteo, significa che il battesimo fa entrare il cristiano nell'ambito di influenza di Dio, che si è fatto conoscere nella storia come Padre, come Figlio e come Spirito, con azioni proprie di ciascuna di queste persone. La missione della Chiesa consiste nel fare entrare tutti gli uomini nell'abbraccio di Dio, sottraendoli all'influenza di altre forze che li fanno allontanare dalla loro vera identità.
Vari anni prima Paolo aveva scritto questa buona notizia ai cristiani di Roma, arrivando al punto centrale della sua opera più organizzata, di cui la liturgia ci propone uno squarcio (Romani 8). Infatti per parlare della trasformazione avvenuta nel cristiano Paolo non può fare a meno di coinvolgere le persone della Trinità. Il cristiano è figlio di Dio, perché è condotto dallo Spirito, la cui missione è renderci capaci di sentire e chiamare Dio con il nome famigliare di "papà". Per fare questo lo Spirito non deve fare altra cosa se non renderci simili a Gesù, il Figlio amato; questa imitazione ha il suo punto più alto quando soffriamo con Cristo, quando seguire Gesù ci porta ad affrontare nemici interiori e esteriori che ci chiedono il dono totale di noi stessi, come è avvenuto nello scontro tra Gesù e la morte.
Ebbene, percorrendo le pagine della Scrittura ci addentriamo nella storia della salvezza che ci mostra il volto e il cuore delle persone divine. Non siamo più preoccupati di capire come Dio può essere al tempo stesso unico e trino; veniamo invece attratti dal mistero concreto di un Dio che ama il suo popolo uscendo da sé per arrivare fino dove il suo popolo sta, facendosi uomo per sentire ciò che il suo popolo sente: un Dio così quando si dona non si perde, perché donarsi è la ragion d'essere dell'amore.