Omelia (04-01-2004)
mons. Antonio Riboldi
Gesù Tu ci sei necessario

Siamo ancora come ospiti della grotta di Gesù Bambino a celebrare il grande evento dell'amore del Padre che ci dona Suo Figlio. E' qui che si misura la povertà e la grandezza di ogni uomo. Povertà nel non riuscire a riconoscere ciò che veramente è agli occhi di Dio. Lo riconoscessimo, la vita sarebbe davvero altra cosa: sarebbe uno sprazzo di paradiso da cui non toglieremmo mai lo sguardo per far ci lentamente rivestire della infinita gioia che sa vestire l'amore amato. E nello stesso tempo a volte, la fede vissuta in semplicità come quella dei pastori, ci fa così vicini a Dio da riempire il cuore di gioia e santità; e questa è la vera grandezza dell'uomo. Sembra che troppi oggi, forse sommersi da doni che sono le cose che periscono e noi chiamiamo beni o benessere, vivono una spaventosa povertà di spirito e di cuore da non riuscire a spalancare la porta a Cristo.
A volte anzi quasi si vergognano di definirsi cristiani: tranne poi a mettere in mostra tale nome come titolo di convenienza e realtà vissuta.
Il Vangelo di oggi, che è davvero un inno a Cristo come solo Giovanni, il discepolo che Gesù amava, così parla e sembra fotografare l'uomo di tutti i tempi di fronte alla scelta o al rifiuto di Dio.
"In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Egli era in principio presso Dio; tutto è stato fatto per mezzo di Lui e senza di Lui niente è stato fatto di quello che esiste. In Lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta...Veniva nel mondo la luce vera quella che illumina ogni uomo. Egli era nel mondo e il mondo fu fatto per mezzo di Lui eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l'hanno accolto. A quanti però l'hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio; a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati" (Gv. l,1-18).
Stupendo annuncio di un Dio che si fa vicino; Lui che è la sorgente di tutto e tutti, noi compresi, siamo opera delle mani, che dovrebbe vederci felici della felicità de paradiso. Non solo ma questa accoglienza di Cristo in noi Giovanni la chiama, "nuova generazione": generati da Dio, che è come dire vita nuova, quella che era dal principio della creazione e che fu persa dai nostri progenitori con il peccato originale, facendo ci "uomini nudi", "orfani del Padre", "poveri uomini" che mancando di amore, accattano le "ghiande destinate ai porci", come racconta il vangelo nella parabola del figlio prodigo e da lì il disgusto che provocano...Quando la porta del Padre è sempre aperta, se vogliamo tornare a casa.
C'è una pagina di Paolo VI che descrive bene lo sbandamento di troppi.
"La natura umana è di per se stessa innocente, è di per se stessa perfetta, e a lasciarla esplodere naturalmente dà luogo ad una manifestazione di perfezione. Gli uomini sono buoni, dice un filosofo che presiede nel tempo presente a tutte queste false ideologie. "Gli uomini sono buoni in se stessi. I fanciulli, i ragazzi, tutta la gioventù che cresce è di per sé buona, quindi lasciate che si esplichi, lasciatela senza difesa, non le dite niente. Vediamo a che cosa arriva l'espansione di una gioventù, di una giovinezza, di una umanità lasciata in balìa dei suoi istinti e delle sue tendenze". Va a finire veramente fuori strada ed arriva ad aberrazioni che ci fanno piangere e fremere. E vi è ancora un errore più grave che si insinua nella nostra pedagogia, nelle nostre abitudini sociali: che non è bello il difendere la nostra esperienza dagli stimoli e dall'urto della conoscenza del male; occorre vedere tutto: anzi il male stesso, secondo questi falsi, direi quasi criminali maestri, sarebbe benefico. "Fate l'esperienza del male altrimenti non avrete l'esperienza della vita". E non badano a che cosa si profana, che cosa si distrugge, ai dolori che si seminano" (Paolo VI 8.12.1959).
Un discorso duro che è come una sferzata sulla coscienza di quelli che lui non esita a definire "criminali maestri". Una sferzata che si addice molto bene ai nostri tempi in cui pare ci si diverta a dannarsi con quel "faccio quello che mi pare", un atteggiamento che è come sbattere la porta in faccia al Padre che è la sola verità e la sola felicità, anche se difficile.
E non vorrei che qualche graffio di quel chiudere la porta in faccia alla verità che è Cristo, abbia sfiorata anche noi e spiega la nostra indifferenza religiosa e il nostro malessere.
Di ben diverso tenore sono le parole che l'Apostolo Paolo rivolgeva agli Efesini e che vorrei rivolgere a tutti voi.
"Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo, secondo il beneplacito della sua volontà" (Ef. 1,3-6).
Tocca a ciascuno di noi "farci catturare" dalla bellezza del Natale di Gesù per risentire finalmente gli angeli che ci cantino in festa "Pace a voi che tanto siete amati da Dio".
Richiede molta umiltà, farsi piccoli secondo Cristo, per ridiventare quello che siamo, figli prediletti del Padre.
Così esortava Mons. Bello ai suoi e faccio mie le parole di questo mio grande amico con cui ho condiviso tanto da quando era parroco a quando era vescovo.
"Fratelli, mettiamoci davvero alla sequela di Gesù Cristo. Tutto il resto è inutile. Tutto il resto è retorica. Tutto il resto è commedia, è sceneggiata se noi veramente non prendiamo questa decisione radicale di seguire Gesù Cristo, pastore che dà conforto alle nostre anime e dà orientamento e senso alla nostra storia. La vita è un fluttuare continuo, l'alternarsi delle stagioni, l'avvicendarsi dei tempi, il cadere delle potenze... Cambia la faccia delle cose, lo schema delle cose. Fermo nell'Amore rimane soltanto il Signore. E noi questo cammino lo vogliamo fare insieme" (T. B.)