Omelia (03-06-2012) |
don Luigi Trapelli |
La famiglia di Dio Oggi celebriamo la festa della Trinità. Quando sentiamo parlare di Trinità, pare si debba affrontare un tema della fede molto difficile. In realtà, parlare di Trinità è entrare nel cuore della nostra fede cristiana. Per un musulmano, la Trinità è inconcepibile, perché Dio deve essere uno e unico. Anche l'Ebreo non riesce a concepire un Dio che è Trinità di persone. La stessa prima Alleanza o Antico Testamento, ci svela un Dio che ancora non presenta un Figlio e uno Spirito Santo. Per questo il segno della croce è il tratto distintivo della nostra fede. Usando un linguaggio famigliare, forse troppo semplicistico, la Trinità è Dio Padre che ama da sempre un Figlio che scende sulla terra e lascia a noi il dono dello Spirito Santo. Detto in altri termini Dio è sì uno, ma non unico, perché è Trinità di persone. Dio è comunione di persone. Dio è famiglia. Così ci sentiamo anche in sintonia con il grande incontro delle famiglie che si sta svolgendo in questi giorni a Milano con la presenza del Santo Padre. Solo a partire dalla seconda alleanza o dal Nuovo Testamento come noi diciamo, riusciamo a capire chi è Dio. Solo tramite Gesù possiamo nello Spirito Santo dire: " Abbà, Padre". E lo facciamo perché sperimentiamo che Dio non è isolato, non è solo là in alto impotente rispetto a noi, ma è un Dio che si fa carico delle attese e speranze delle persone. E' un Dio che si fa cura del povero, di coloro che hanno subito dei lutti, di chi vive in questi giorni la tragedia del terremoto. E' un Dio che guarda al volto dell'Uomo e della Donna di oggi per far percepire due grandi inviti che troviamo nel Vangelo di Matteo. Da un lato l'invito a battezzare nel nome della Trinità e quindi ad annunciare a tutti un Vangelo vivo. Dall'altra per capire che Dio non si stacca mai da noi, si lega inscindibilmente alla nostra vita e condivide con noi tutto, dai momenti belli a quelli tristi di questi giorni. Nonostante il dubbio dei discepoli che, mentre lo adorano, fanno fatica a credere, Dio non si stanca di donarsi all'uomo e di amarlo sempre. Per questo tutte le nostre preghiere sono fatte nel nome della Trinità. Pensiamo al segno di croce, ma anche alla preghiera del Gloria al Padre, alle preghiere della Messa che sono fatte al Padre per Cristo nello Spirito. Ogni salmo che leggiamo nel breviario si chiude con la preghiera del Gloria al Padre, perché tutti i salmi realmente terminano nella Gloria della Trinità. La Trinità ci offre due atteggiamenti di fondo. 1) Se Dio non è un Dio isolato, ma comunione di persone, allora la comunità cristiana è chiamata a porre gesti di solidarietà e di unità. Noi siamo fatti per il "NOI". Siamo fatti per costruire insieme agli altri. Non esiste più nella parrocchia e nella Chiesa il termine "Io", ma "Noi abbiamo fatto, o meglio Noi siamo". 2) Ma per vivere questo percorso di unità è necessario partire anche dalla diversità. Diversità di atteggiamenti, idee, modi di vivere e di credere. Quando imparo a riconoscere questa diversità, riesco ad apprezzare che tale percorso si traduca in unità. Il vescovo Tonino Bello parlava correttamente di "convivialità delle differenze". Ossia è proprio nell'apprezzamento di questa diversità che metto in moto un percorso per trovare una strada comune rispettosa delle singole identità. Questo dogma, maturato dopo secoli di lavoro a volte faticoso ma anche appassionante, è in grado di parlare a noi oggi. Solo un Dio capace di scendere nei meandri della nostra storia in Gesù e nello Spirito, permette di sentire la Sua vicinanza e il Suo Amore per noi. Per questo la Trinità è l'icona della Chiesa. |