Omelia (10-06-2012) |
Wilma Chasseur |
Pane spezzato Abbiamo visto che essere Trinità è essere versato l'uno nell'altro. Se Dio fosse solo uno e non trino (come vorrebbero le religioni stramonoteiste), sarebbe una monade solitaria. Nella storia dei Concili prima di stabilire il dogma della Trinità si è dovuto stabilire la divinità delle Persone. Nel Concilio di Nicea (325) si è dovuto stabilire che Gesù era vero Dio (omoousios) e non un'emanazione e, in altri Concili, che lo Spirito Santo era una persona e non semplicemente un soffio o un'energia. In seguito il Concilio di Costantinopoli (381) stabilì che anche lo Spirito Santo era una persona divina. Tutte verità contenute nel Credo che si chiama appunto Niceno-Costantinopolitano. Nel dogma dell'Incarnazione si stabilirono le due nature (divina e umana) e una sola persona (divina) del Figlio. Ma nel sacramento dell'Eucaristia questo Figlio si fa addirittura pane. L'infinito si fa frammento, il tutto si fa particella per potersi donare a noi. Dio sconcertante: la potenza si fa debolezza, il Creatore si fa creatura e quella creatura unica al mondo, cioè l'Uomo-Dio, si fa pane. Più scendere di così, più annientarsi di così, non si può!
Quella pienezza e sovrabbondanza di vita, si fa pane, per eliminare ogni distanza tra Lui e noi: da deformi ci rende deiformi. Se facendosi corpo Gesù è entrato nell'umanità, facendosi pane entra addirittura nel nostro corpo. E facendosi pane spezzato entra addirittura nella nostra debolezza. Il pane intero rappresenta la forza, quello spezzato la debolezza.
L'Eucaristia ci insegna anche un'altra cosa: Gesù non ha scelto pane e acqua, ma pane e vino. Cosa significa? Dice sempre padre Cantalamessa, che il Signore non vuole solo la sofferenza (acqua) e il lavoro (pane) ma vuole anche la gioia (vino). Non solo la sofferenza ci santifica, ma anche la gioia, perché Gesù a Cana ha santificato la gioia. Non moltiplicò il vino per dissetare (per quello c'era abbastanza acqua), ma per dare gioia. Abituiamoci a chiedere al Signore, ogni giorno, la nostra razione di gioia quotidiana. E' sua volontà anche quella ("voglio che la vostra gioia sia piena"). Impariamo a sorridere un po' di più: abbiamo un volto proprio per quello (gli Angeli non possono sorridere e neanche gli animali...) e a rendere partecipe Dio, non solo dei nostri dolori, ma anche delle nostre gioie più belle. Solo così si moltiplicheranno e rallegreranno i cieli e la terra. Prendi Signore, ti offro il mio vino; accettalo e rallegrati con me. |