Omelia (10-06-2012) |
mons. Roberto Brunelli |
Dal terremoto una lezione di umiltà Continua, in Emilia come in terra mantovana, l'emergenza-terremoto, con il suo immane cumulo di dolori, disagi e danni, non solo materiali. Forse anche perché da noi ci si riteneva immuni da tali calamità, di fronte a tanta rovina si resta smarriti, senza parole; qui, a differenza di quanto accaduto in altre parti del Paese, pare non vi siano responsabili per aver violato le norme di legge e del buon senso, e allora si fa più intensa la ricerca di un perché, con la tentazione di chiederne conto a Dio: se è vero che è buono, perché permette queste sventure? La domanda è vecchia come il mondo, e chi scrive non ha certo la presunzione di trovare una facile risposta. Qualche considerazione tuttavia sembra possibile, proprio a partire dall'odierna solennità del Corpus Domini. Essa celebra l'Eucaristia: il vangelo (Marco 14,12-26) evoca l'Ultima Cena, che si rinnova e si ripropone in ogni Messa; Gesù ha dato la sua vita per l'umanità e ha trovato modo di trasmetterne i frutti ad ogni battezzato che lo accoglie in sé nella forma del Pane consacrato. L'Eucaristia resta così il segno permanente della bontà di Dio, che senza posa offre all'uomo la possibilità di realizzarsi in questo mondo in vista dell'altro. Dio ha cura della dimensione spirituale dell'uomo; non ha mai assicurato a nessuno il benessere in questa vita. Semmai è l'uomo, che in un'ottica tutta terrena, come se la sua esistenza finisse in questo mondo, si affanna a crearsela il più possibile confortevole. E allora, pregando per i morti e offrendo tutto l'aiuto possibile ai feriti, ai senza casa, ai senza lavoro, dal terremoto conviene trarre una lezione, severa ma salutare. Una lezione di umiltà: noi non siamo i padroni della nostra vita; il mondo non è nelle nostre mani; il paradiso non è, né potrà mai essere, sulla terra. "Non è qui la perenne città", ricorda la Scrittura (Lettera agli Ebrei 13,14) richiamata più volte anche nel mirabile dramma di T.S. Eliot ‘Assassinio nella cattedrale'. Qui siamo in transito, e per quanto sia giusto, anzi auspicabile, che tutti abbiano condizioni di vita dignitose, occorre rendersi conto che il fine ultimo, la meta cui tendere, sta da un'altra parte. Ha impressionato tutti, nell'incommensurabile sventura del terremoto, l'accanimento con cui pare abbia colpito le chiese. Sono decine quelle distrutte, e centinaia quelle chiuse perché lesionate. E anche da questo si può trarre una lezione: le chiese sono patrimoni di storia e d'arte, esprimono meglio di altri edifici l'identità di un paese, sono utili per ritrovarvisi nel segno della fede comune: sono importanti, dunque. Tuttavia va ricordato - e le circostanze richiedono di farlo - che le chiese non sono ‘la Chiesa', la quale è costituita non dai muri ma dalle persone. Di certo si cercherà con coraggio di ricostruire quelle perdute e risanare quelle ferite, perché sono belle e utili; ma sul piano della fede conterebbero poco, se non fossero strumento al servizio della vera Chiesa, che è la comunità dei credenti. Tornando alla festa del Corpus Domini: oggi comincia a Dublino, in Irlanda, il Congresso Eucaristico Internazionale. Questa, di richiamare l'attenzione del mondo sulla Presenza di Dio tra noi, è un'iniziativa nata in Francia dall'intuizione di una donna, Emilia Tamisier: un significativo esempio dell'attiva partecipazione dei laici alla vita di quella che è anche la loro Chiesa. Tali Congressi si celebrano ogni volta in un Paese diverso, in media ogni tre anni. Il primo fu a Lilla nel 1881; quello di Dublino è il cinquantesimo, e ha per tema "L'Eucaristia: comunione con Cristo e tra di noi". E' un tema particolarmente adatto anche ai coinvolti dal terremoto: invita a non lasciarsi travolgere dalla paura o dallo sconforto, ricordando che il valore supremo non sta nelle cose ma nella fede, e la fede comporta speranza per il futuro, e per il presente amicizia e solidarietà. |