Omelia (10-06-2012)
mons. Antonio Riboldi
Solennità del Corpus Domini

Dobbiamo prendere atto che la Solennità del Corpus Domini, un tempo celebrata anche con uno splendido apparato esterno, oggi, per varie ragioni, è vissuta in tono minore, almeno in molte comunità. Si adducono motivi di ordine pubblico, come il traffico da limitare, o altri più o meno validi, ma di fatto si mette in secondo piano la bellezza di vedere ed onorare Gesù che 'passa' per le nostre strade, e viene annullata la possibilità di manifestare pienamente il nostro grande Grazie al nostro Dio, rimasto tra di noi.
Era commovente - per chi crede, naturalmente - e lo è ancora oggi nei pochi luoghi dove accade, vedere passare Gesù nelle vie delle nostre città o paesi, quasi a voler visitare di persona i luoghi dove scorre la nostra vita quotidiana. Era ed è un modo - che ci colma di pace - per mostrare all'Amico Gesù dove viviamo, soffriamo o gioiamo. Di fronte ad alcune resistenze, mi diceva un giorno un vigile, quasi a scusarsi e scusare: 'Che vuole? La gente sopporta malvolentieri quello che viene percepito come un disturbo. Abbiamo tutti sempre tanta fretta e vorremmo che le nostre strade fossero sempre libere!'
Salvo poi bloccare il traffico - risposi - per aprire lo spazio al passaggio di una qualche celebrità, che così può esibire la sua importanza, suscitando ammirazione o invidia, e niente altro. Ben diverso dal passaggio per le nostre strade di Gesù-Eucaristia, che davvero dà la percezione viva, per chi crede, di Dio che passa per le nostre strade e respira le nostre ansie.
E' una fotografia del nostro tempo che non meriterebbe alcuna attenzione se sotto non contenesse una tremenda verità: il popolo cristiano ha scordato o appannato il meraviglioso, sublime dono che Dio fa di Sé a ciascuno di noi, con il sacramento dell' Eucarestia, facendosi non solo Amico della nostra vita, ma accompagnandoci 'concretamente' in ogni nostro passo, se solo Lo accogliamo.
Dio poteva mai farci dono più grande del Dono di Sé, nell'Eucarestia?
Ogni volta che nella celebrazione della Santa Messa, noi sacerdoti, con l'autorità donataci, proclamiamo le parole della Consacrazione, realizziamo il più grande miracolo, che solo la mente di un Dio Amore poteva pensare: Dio che ci dona il Suo Corpo e il Suo Sangue come nutrimento. Difficile esprimere quello che si prova, almeno per noi sacerdoti, quando pronunciamo, come fossimo Lui stesso: "Prendete e mangiate, questo è il mio corpo. Prendete e bevete questo è il calice del mio sangue. Ogni volta farete questo, fatelo in memoria di Me".
Stupore, meraviglia, confusione, a volte viene spontanea la preghiera: "Signore. aumenta la mia fede!" tanto è grande il Mistero.
Sentimenti ed emozioni che proviamo anche quando doniamo Gesù-Eucarestia ai fedeli.
Ho visto sacerdoti, consci dell'immensità del dono, che al momento della Consacrazione elevavano al Cielo l'Ostia o il Calice, quasi fermandosi stupiti davanti a tale miracoloso Mistero, e fedeli, davvero santi, che al momento della Consacrazione o nel ricevere l'Eucarestia, assumevano un aspetto estatico, di una tale gioia da non poterla descrivere: credenti che vivono l'Eucarestia come momento di Paradiso, consapevoli che è immenso il Dono che Dio ci fa.
E vengono in mente le parole di Gesù: "Io sono il pane della vita. chi mangia di Me vivrà di Me". Una verità non sempre compresa, come avvenne il giorno in cui per la prima volta Gesù parlò dell'Eucarestia. Narra il Vangelo che tanta gente, non riuscendo a capire, forse credendola una follia, perse la fiducia in Gesù e se ne andò. Non lo seguirono più. Gesù provò una grande amarezza, al punto che disse ai Suoi: "Ve ne volete andare anche voi?".
Fu una manifestazione di fede e fiducia quella di Pietro: "Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna".
Come spiegare allora il comportamento di tanti fratelli e sorelle che vedono la Santa Messa come un 'obbligo' e la Santa Comunione come qualcosa 'di cui si può fare a meno"; non importante?
Basta constatare la frequenza molto bassa alla Messa festiva e che dire di quelli che considerano 'una esagerazione comunicarsi ogni giorno'?
Ho avuto la grazia di nascere in una famiglia in cui l'Eucarestia era il punto di forza; mamma, nonostante i tanti figli, la povertà, fin da giovane, ogni mattina, si recava a cibarsi dell'Eucarestia.
A volte con grande sacrificio, ma 'che senso avrebbe la mia vita, l'essere vostra mamma affermava spesso - se non avessi cura di nutrirmi di Gesù ogni giorno. Lui e solo Lui è la ragione della mia vita e il sostegno al mio amore per voi'. Morì a 99 anni, ma fino alla fine chiese di poter ricevere l'Eucarestia. Direi che è passata a Dio con Gesù nel cuore e in bocca.
Quanti fratelli ho conosciuto che non lasciavano passare un giorno senza Lui, il Pane della Vita, che li confermava nell'unico vero significato della vita, sostenendo li nel cammino, a volte davvero difficile, dell'esistenza.
Ricordiamo sempre il grande Dono che Gesù ci ha fatto nell'Ultima Cena, per rassicurare gli Apostoli - e noi - che Lui non ci abbandona mai, è 'con noi fìno alla fìne dei tempi' nell'Eucarestia. Racconta l'evangelista Marco:
"Gesù, mentre mangiavano, prese il pane e, pronunciata la benedizione, lo spezzò, lo diede loro dicendo: 'Prendete questo è il mio corpo'. Poi prese il calice, rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti, e disse: 'Questo è il calice del mio sangue, della nuova alleanza, versato per molti. In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vita fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel Regno di Dio". (Mc. 14,22-26)
Tante volte mi chiedo la ragione della scarsa devozione all'Eucarestia. Nella notte del 1968, un terribile terremoto, a Santa Ninfa', nel Belice, distrusse tutto, compresa la Chiesa Madre. Guardavo all'altare rovinato e come sbriciolato sotto le macerie. Il mio pensiero era che fine avesse fatto il tabernacolo e la pisside, che conteneva Gesù, nelle Ostie consacrate. Con i miei confratelli, nonostante il pericolo, cercammo di individuare il luogo dove era sepolta la pisside. Facendoci coraggio, nel buio, con una torcia, passando sulle macerie, finalmente la trovammo. Era finita sotto una grande pietra. Con fatica ed attenzione riuscimmo ad estrarla. Era stata schiacciata dal peso ed estraendo le Ostie, notammo che anch'esse si erano come sbriciolate. Lo percepii come un messaggio di Gesù, che ci diceva che Lui non ci aveva lasciati soli, ma partecipava alla nostra sofferenza: incredibile Amore!
Quello stesso anno, il giorno della Solennità del Corpus Domini, nel 1968, Paolo VI affermava:
"Che cosa vuol dire il rito insolito e solenne che stiamo vivendo nella processione del Corpus Domini? Noi togliamo dal segreto silenzio dei nostri tabernacoli Dio, per dire anche ai fedeli credenti, che possono accedere al grande Sacramento dell'Eucarestia, di scuotere certa nostra abituale consuetudine davanti al fatto dell'Eucarestia. Misterioso fin che si vuole, ma reale, vicino, presente, urgente, per un nostro più cordiale incontro con quel Gesù che mediante questo sacramento si dona, diventa in noi vita nuova."
Per uno che veramente crede a questo immenso Amore, che vuole partecipare realmente alla nostra vita, l'Eucarestia è il grande fulcro della sua vita interiore.
Ma saremo ancora capaci, davanti a tanta indifferenza da cui siamo circondati, di abbattere il muro che ci tiene lontani dal Dono che Dio ci fa nell'Eucarestia?
Facciamo nostro il canto della Chiesa, oggi:
"Ecco il Pane degli Angeli, Pane dei pellegrini, vero Pane dei figli!
Non deve essere gettato. Buon Pastore, Pane vero, o Gesù, pietà di noi! Nutrici e difendici. Portaci ai beni eterni nella terra dei viventi.
Tu che tutto sai e puoi, che ci unisci sulla terra,
conduci i tuoi fratelli alla tavola del Cielo, nella gioia dei tuoi Santi".