Omelia (06-01-2004) |
mons. Antonio Riboldi |
La nostra stella per arrivare a Dio L'Epifania è la festa della speranza, se per speranza intendiamo quella di trovare la gioia che trovarono i Magi: ossia finalmente, usciti dalle tenebre dell'anima, ci incontriamo con la felicità insopprimibile dell'esistenza, ossia Dio. Un Dio che forse, a volte, vorremmo non esistesse ed è la nostra grande infelicità. Scriveva Paolo VI, nel 1962: "E' impressionante notare come oggi questo problema, cioè il problema religioso, nella sua vera natura e nella sua concreta soluzione, lasci indifferenti, ostili, tanti spiriti del nostro tempo. E' impressionante notare il progresso dell'ateismo, dell'irreligiosità, dell'apatia religiosa in seno alla civiltà contemporanea ed anche nella nostra società, che pur conserva ancora tanti elementi e tanti aspetti derivanti dalla religione cristiana. Chi dice la religione storicamente superata, chi criticamente vanificata, chi praticamente inutile, impossibile. Così vediamo una moltitudine di persone che non si interessa più della religione e che vive praticamente come se Dio non esistesse e non si fosse rivelato nel Verbo di Dio fatto uomo" (Epifania '62). Ci fu addirittura il tentativo folle di cancellare dalla coscienza dell'uomo, e quindi dalla società, la verità incancellabile della esistenza di Dio, ipotizzando un mondo ateo, cercando di costruire una civiltà totalmente atea, proponendo un "paradiso qui", quando tutti, ogni giorno, sperimentiamo che l'uomo da solo può solo creare un "inferno", quello che è sotto i nostri occhi e fa davvero soffrire. Il marxismo o materialismo ha tentato di uccidere Dio, come non l'avesse già fatto con Cristo sul Calvario, non sapendo che Dio non può essere mai e poi mai cancellato o ucciso...caso mai si può uccidere l'uomo. Se ricordiamo, fu proprio la Madonna di Fatima a supplicare di consacrare al Suo Cuore la Russia, per evitare questo immane dramma di un mondo senza Dio. Ed è ciò che tenta di fare, narcotizzando le anime, anche il consumismo. Ma si può vivere senza Padre? Ossia senza quella speranza che tra di noi, vicino a noi c'è un Padre, che si prende cura di noi e solo per vivere la sua felicità ci ha creati? Si può vivere senza sperare di giungere a questa felicità? "Vivo bene - mi diceva una persona, un giorno, - senza dovere pensare a Dio. Faccio quello che mi pare e mi sembra di essere io Dio". "Ma sei riuscito a colmare tutti gli angoli della tua anima, o c'è qualche angolo che rimane vuoto e non sai come riempire e ti fa soffrire perché rifiuta tutto ciò che è tuo e vuole "altro", ossia Dio?" "Ha ragione, - mi rispose - le confesso che la mia vita è un correre disperatamente e a volte mi sembra di essere vittima di visioni di oasi nel deserto che sono solo frutto della grande sete, ma non esistono. Ma se Dio c'è, incalzava, perché non si fa trovare?" "E' più vicino di quello che credi: chiede che tu apra gli occhi, ti sbarazzi degli idoli e ti metta in cammino con Lui, come i Magi, facendoti guidare da quella stella che è il tuo desiderio di trovarLo, ripeto, proprio come i Magi. Ricordati, Dio, il Padre, non si nega a nessuno, perché Padre". "Alzati, canta oggi il profeta, rivèstiti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché, ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni: ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere" (Is. 60,1-67). Ed è davvero esemplare e commovente il racconto, che fa Matteo, della Epifania. E' davvero il giorno in cui Dio spalanca le sue porte non solo agli Ebrei, il popolo che si era scelto, ma a tutti gli uomini di ogni razza e colore e lingua. Per questo l'Epifania è la manifestazione di Dio a tutti gli uomini di tutti i tempi. Ora sappiamo che Lui è un "papà" che ci ama e continuamente ci cerca, con quella discrezione di amore che non fa mai rumore, ma chiede a noi di saperLo cercare. A meno che ci rifiutiamo di trovarLo. E per essere trovato, e quindi entrare nel mondo della gioia, che ripeto è il nostro vero mondo, si serve di segni. Come fece con i Magi come racconta l'evangelista Matteo "Alcuni magi giunsero da oriente a Gerusalemme e domandavano: "Dov'è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarLo". Sappiamo come Erode subito si ingelosì, si consultò e la risposta fu che era nato a Betlemme. Ma subito in Erode sorse la voglia di sopprimere quello che lui credeva un concorrente! E di Erodi, che credono che Dio sia un pericoloso concorrente che attenti al loro trono, ce ne sono anche oggi: il danaro, l'egoismo sfrenato, la voglia di credersi degli dèi. Sappiamo tutti come in tanti modi si cerca di sopprimere Dio nelle anime, a volte riuscendoci ed è davvero il più grande atto di odio all'uomo. Ma i Magi non si scoraggiano. "Udite le parole del re essi partirono. Ed ecco la stella che avevano visto nel suo sorgere, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il Bambino. Al vedere la stella, essi provarono una grandissima gioia. Entrati nella grotta videro il Bambino con sua Madre e prostratisi Lo adorarono" (Mt. 2,1-12). Ma c'è anche per noi una stella? Ossia un segno che ci spinga ad affrontare il viaggio meraviglioso verso Dio e trovare la grandissima gioia? "Vi sono - diceva allora Paolo VI - segni a cui la mentalità moderna è ancora sensibile per trarre argomento della realtà religiosa nascosta e da quei segni fatta palese. Le storie dei convertiti - ed anche il nostro tempo registra magnifiche storie di conversione alla fede cattolica - ci documentano l'esistenza, la verità e l'efficacia di alcuni segni, i quali hanno svelato segreti, indicato doveri, collaudato ragionamenti, confermato avvenimenti di carattere religioso. Lo Spirito Santo vibra ancora nel tessuto dell'esperienza umana, e di tanto in tanto ferisce con la sua luce amorosa il cuore degli uomini, specialmente se questi sono in uno stato di "buona volontà", cioè di retto ed onesto impegno delle loro facoltà religiose" (Paolo VI). Non c'è che da mettersi in cammino anche noi. Occorre avere la forza di uscire dal ghetto pericoloso della nostra povertà umana, che non riesce a farci alzare lo sguardo verso il cielo: capaci una buona volta di spegnere le false stelle che a volte, per ornare le vie delle città a Natale, ci accecano fino a rubarci il cielo, dove c'è la nostra stella. Occorre avere l'eroismo della ricerca del "nato Re dei Giudei"" che ebbero i Magi, che si fecero prendere la mano dalla voglia di verità e non ebbero paura di affrontare un viaggio, pieno di incognite, facendosi guidare dalla stella. Quanta gente, uomini e donne, al tempo di Padre Pio, ebbero il coraggio di affrontare il viaggio di "Betlemme" sapendo che là, da PAdre Pio, avrebbero trovato Dio. E si convertirono. Tanti, ma tanti, che la cronaca non sa riportare. Occorre avere il coraggio di dire a noi stessi che non siamo felici: che nulla a questo mondo può colmare il vuoto dell'anima, che è il posto che solo Dio può occupare. Sicuramente ci accompagnerà la "sua stella", che Dio non fa mancare a chi Lo cerca con cuore sincero. "Ci voglio provare, mi disse un uomo, perché non è possibile vivere questa breve vita giocherellando con le falsità che il mondo ti offre. Ho bisogno di verità, anche se questa mi farà soffrire. Mi dicono che sono matto a mettermi in cammino. Ma non resisto alla voglia di partire". E tornò un uomo che scoppiava di felicità. Aveva trovato la sua stella: l'incontro con un amico che lo aveva preceduto. Quello che prego per voi. |