Omelia (01-07-2012) |
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie) |
Commento su Sapienza 1, 13 - 15; 2, 23 - 24; Salmo 29; Seconda Corinzi 8,7. 9. 13 - 15; Marco 5,21-43 La liturgia della scorsa domenica ci ha ricordato la grande missione profetica di Giovanni Battista, precursore del Cristo, legato a lui attraverso lo Spirito Santo. "Croce, fede, morte, salvezza, vita: la liturgia di questa domenica si svolge nel significato vero di queste parole". La prima lettura tratta dal Libro della Sapienza, ci dice quello che sta veramente a cuore a Dio:"egli non ha creato la morte e non vuole la rovina dei viventi" ma ha creato tutte le cose per l'uomo, perché i viventi siano portatori di salvezza. Il cristiano deve vivere prima di tutto sulla terra che Dio ha creato proprio per lui, deve farsi carico della salvezza dei fratelli, Dio ha creato l'uomo per la vita ma a causa del peccato è entrata nel mondo la morte non voluta da Dio. Nel salmo responsoriale con il ritornello l'uomo ringrazia il Signore perché lo ha risollevato da tutti i suoi mali, gli ha ridato la vita e per questo l'uomo canta inni al Signore per ringraziarlo della sua bontà che dura per sempre. Sentimento dolce per l'animo l'aver trasformato il suo pianto in danza e per questo lo ringrazierà in eterno. Nella seconda lettura l'apostolo Paolo scrive ai Corinzi per invitarli alla condivisione tra uomo e uomo, tra comunità e comunità sull'esempio del Signore nostro Gesù Cristo che: "da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà": solo con la condivisione può esserci la vera comunità che ci salva. Ogni uomo, per piccolo e povero che sia, ha qualcosa da dare agli altri e nessuno è così ricco da non poter più ricevere niente dagli altri. L'apostolo Marco nel vangelo di questa domenica ci presenta due miracoli compiuti da Gesù: intorno a Gesù si radunava sempre molta folla e in uno di questi momenti andò verso di lui un capo della sinagoga di nome Giairo che gli si gettò ai piedi chiedendogli aiuto per la sua figlioletta che stava morendo. In quel momento la fede di Giairo era autentica, confidava nel maestro, sapeva che se lui fosse andato a casa sua la figlioletta sarebbe guarita. Poco dopo vennero da casa sua e gli dissero che la bambina era morta ed allora lo sconforto invase l'animo del padre e forse anche la sua fede divenne più debole. Gesù lo guardò e gli disse: "Non temere, soltanto abbi fede". Andò poi a casa di Giairo ed entrato nella camera della bambina gli prese la mano e gli disse: "Talita kum", e la bambina si alzò e si mise a camminare . Mentre la folla era intorno a lui una donna malata da 12 anni, gli si avvicinò e gli toccò la veste, con fede; pensava che se solo fosse riuscita a toccare Gesù sarebbe guarita. Nonostante la folla Gesù sentì la forza uscire da lui e chiese chi l'avesse toccato, la donna impaurita gli si gettò ai piedi e Gesù le disse: "Figlia la tua fede ti ha salvata, alzati e va in pace". Il termine "fede" possiamo tradurlo in fiducia nel Signore, fiducia illimitata contro ogni logica umana. La fede però deve essere autentica. E' facile avere fede quando tutto va bene, facile ringraziare il Signore in una bella giornata di sole passata in famiglia, in amicizia nella realizzazione dei nostri desideri leciti. La fede autentica è quella che il cristiano ha nei momenti bui, difficili, quando il cielo è scuro, quando non si riesce più ad intravedere la strada giusta: allora solo la fede ci può dare la "sua pace". Siamo appena tornati da Milano dove abbiamo partecipato ai tre giorni di conferenze del settimo incontro mondiale delle famiglie, ed anche noi due, come la donna del vangelo, eravamo da soli nella folla dei credenti, ci siamo però sentiti parte di quella Chiesa ancora viva e vera che dopo duemila anni è ancora fiorente e capace di riempire i cuori di gioia e di coraggio. Per la riflessione di coppia e di famiglia: - Viviamo la nostra vita in modo concreto, calati nella realtà di oggi, o la nostra spiritualità ci allontana dal reale? - Siamo capaci di ringraziare il Signore che ci risolleva dalle nostre debolezze o ce ne dimentichiamo? - Le nostre case e le nostre comunità sono sempre aperte a tutti? - Le scelte della nostra famiglia sono improntate alla fede in Cristo, o piuttosto alle convenzioni? - Nel nostro avere fede siamo come la donna o, nei momenti difficili, la nostra fede si indebolisce? Commento a cura di Gianna e Aldo Sartore - CPM Genova |