Omelia (08-07-2012)
CPM-ITALIA Centri di Preparazione al Matrimonio (coppie - famiglie)
Commento su Ezechiele 2,2-5; Salmo 122/123; Seconda Corinzi 12,7-10; Marco 6,1-6

La liturgia della scorsa domenica ci ha fatto meditare su quale sia la fede che il cristiano deve avere per vivere intensamente e per giungere alla salvezza

La liturgia di questa domenica è dominata dall'indifferenza che gli uomini hanno nei confronti della Parola predicata, e anche dalla debolezza dell'uomo vista come un dono e non come ostacolo alla vita cristiana.

Il profeta Ezechiele, nella prima lettura ci racconta come lo Spirito entrato in lui lo invii a parlare al popolo d'Israele, ma gli preannuncia che la sua predicazione non sarà accettata perché il popolo è una razza di ribelli e di duri di cuore, ma lui deve andare lo stesso e dire loro: "Dice il Signore ...", quelli non lo ascolteranno ma almeno un profeta avrà svolto la sua missione parlando loro.

Quante volte nella nostra vita ci siamo comportati come il profeta o piuttosto siamo stati zitti? Quante volte avremmo potuto parlare e annunciare la verità e abbiamo taciuto? Quante volte abbiamo pensato che non ne valeva la pena intanto non ci avrebbero ascoltato? Forse tutte quelle persone avrebbero potuto ascoltare "la buona notizia" che forse non ascolteranno più da nessun altro.

Spesso ci giustifichiamo pensando che le parole non servono che basta la testimonianza, ma quando capita l'occasione è necessario che i cristiani annuncino la Parola con semplicità, comunicando agli altri quello che ciascuno ha già scoperto.

Il salmista con i versetti del salmo invita l'uomo a rivolgere i propri occhi verso il Signore, in questo modo possiamo sempre chiedergli di avere misericordia di noi e di consolarci per tutti quelli che già ci deridono.

Quante volte nella nostra giornata guardiamo il cielo e entriamo in comunione con il Signore?

Nella seconda lettura l'apostolo Paolo scrive ai Corinzi per comunicargli che il momento di crisi che egli sta vivendo, non solo nello spirito ma anche nel suo corpo - c'è infatti una spina che lo fa soffrire, è per lui un momento di grazia, perché proprio quando siamo "deboli" e lo riconosciamo è allora che siamo "forti". Non mi preoccupo di manifestare le mie debolezze, i miei insuccessi, le mie mancanze, ho pregato il Signore perché mi liberasse dalle infermità che mi affliggono, ma ho capito che tutto questo serve per non farmi salire in superbia. Infatti il Signore mi ha detto: "Ti basta la mia grazia".

L'apostolo Marco nel vangelo di questa domenica ci riferisce la delusione di Gesù che entrato in Nazareth, nella sua patria, in casa sua, non è riconosciuto proprio dai suoi

Venuto il sabato con i suoi discepoli si mise a predicare nella sinagoga, ma quelli che lo ascoltavano erano increduli in quanto non comprendevano da dove potessero venire a lui tutte quelle cose, lui che era uno di loro, il figlio del falegname, il figlio di Maria e Giuseppe, e non capivano come poteva fare prodigi con l'imposizione delle mani, e tutto questo era per loro motivo di scandalo

Gesù disse solo: "nessuno può essere profeta nella sua casa", egli faceva pochi miracoli, guarì solo alcuni malati e poi continuò la sua predicazione per i villaggi.

Quando si torna da esperienze di fede vissuta in comunità si ha il cuore pieno di gioia e di speranza, si pensa di fare tante cose, di annunciare la Parola che abbiamo ascoltato e che ci ha dato nuova forza, ma poi ci scontriamo con l'indifferenza delle nostre città, ed allora pensiamo come sarebbe più facile andare nei villaggi africani o indiani o in missione a evangelizzare; quelle popolazioni infatti hanno sete di conoscere il Cristo, ma gli abitanti del mondo progredito non ci stanno.

La vita frenetica delle nostre giornate ci porta a non conoscere neppure chi abita nel nostro stesso condominio, o peggio i nostri vicini di casa, il Signore aspetta da noi il primo passo, non ci promette successo ma ci chiede di continuare a divulgare la sua Parola negli ambienti dove si svolge la nostra vita.

Non importa se dovremmo dimostrare la nostra debolezza, le nostre mancanze, i nostri errori: se sappiamo solo essere umili avremo in noi la sua forza.

Per la riflessione di coppia e di famiglia:

- Siamo capaci di donare agli altri le nostre esperienze di fede vissuta o le custodiamo gelosamente nella nostra anima?
- L'umiltà è una virtù difficile da praticare, sappiamo, come veri cristiani, presentarci ai fratelli come siamo nella nostra semplicità e povertà di spirito?
- La delusione e l'indifferenza sono un ostacolo al nostro annuncio della Parola, o sull'esempio di Gesù, continuiamo a percorrere la strada iniziata?

Commento a cura di Gianna e Aldo Sartore - CPM Genova