Omelia (17-06-2012)
Gaetano Salvati
Silenzio e fiducia

La liturgia della Parola di oggi ci permette uno sguardo sulla nostra condizione di creature nuove, convocate da Dio a far crescere nella vita il seme della grazia ricevuto il giorno del battesimo. Noi cristiani, liberati da ogni pessimismo e incertezza del domani, siamo pronti ad ascoltare gli insegnamenti del Maestro che rivela al mondo il cammino di fede, se rimaniamo in silenzio e in attesa: attitudini indispensabili perché si compia l'opera di Dio.
San Marco, a riguardo, narra il progressivo sviluppo della fede attraverso due parabole, molto simili fra loro. Nella prima (Mc 4,26-29), Gesù dice alla folla che il regno di Dio è "come un uomo che getta il seme sul terreno" (v.26); il seme è l'annuncio della Parola di Dio, il terreno, invece, rappresenta ogni essere umano, a cui è rivolto il messaggio di salvezza. È bello notare che il Maestro parla di un'evoluzione spontanea (v.28): dal semplice seme, "il terreno produce prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga". Il regno di Dio, allora, appartiene (deve appartenere) a ciascun uomo e, se accolto con serena calma, senza forzature, produce frutto, cioè la capacità di scegliere per il Bene. Nella seconda parabola (vv. 30-32), il Maestro spiega ulteriormente cos'è il regno di Dio. Gesù lo paragona al granello di senape (v.31): è il più piccolo di tutti, quasi invisibile, nascosto agli occhi della storia; ma, "quando viene seminato" (v. 32), cioè proclamato e ospitato nel cuore, "diventa più grande di tutte le piante" (v.32).
L'immagine del granello di senape è il nostro itinerario di fede. Noi cristiani siamo chiamati (seminati) per maturare nella fede e giungere alla comprensione che il nostro destino è "comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa" (2Cor 5,10). La pianta della parabola, allora, rappresenta i frutti che, un giorno, il Salvatore raccoglierà dalle nostre mani. Ma, per far germogliare il granello, cioè per scorgere la volontà di Dio in tutte le azioni quotidiane, abbiamo bisogno del Maestro. In effetti, anche se siamo adatti per dare accoglienza a Dio, il Signore ci insegna che la nostra esistenza deve essere una continua, instancabile ricerca del Suo volto. Ricercare il volto dell'Amato significa rimanere in silenzio, e imitare la bontà del Salvatore. Silenzio è preghiera: pregare nel silenzio (in Dio), è aver fiducia nell'annuncio della Parola che persiste nel male del mondo. Pregare è lasciarsi penetrare dallo Spirito che viene incontro alle nostre necessità e dà la forza per andare avanti. La preghiera nel silenzio, perciò, non ribadisce l'essere passivi di fronte alle avversità o alle ingiustizie; anzi, afferma, nella verità del Vangelo, la giustizia che vince ogni interesse personale, per far trionfare la libertà dell'Amore. Dunque, la preghiera, quale ricerca silenziosa del Dio rivelato a Pasqua, è l'incessante riflessione sulla nostra condizione di salvati: con l'avanzare del tempo, se stiamo alla Sua presenza, il Signore svelerà, pian piano, cosa vuole da noi; ora, dobbiamo amare: questo conta, il resto è dato in abbondanza.
Non cadiamo nella tentazione di ottenere tutto e subito: il tutto è già conquistato per noi dal sangue dell'Innocente; noi impegniamoci a coltivare il seme della Parola giorno per giorno, attimo per attimo, avanzando nella consapevolezza di essere figli di Dio, popolo del regno, che testimonia al mondo la verità. Amen.