Omelia (04-01-2004) |
mons. Vincenzo Paglia |
Commento Giovanni 1,1-18 (forma breve: Giovanni 1,1-5.9-14) Otto giorni dopo è ancora Natale. La liturgia ripropone il prologo di Giovanni. Continuare il Natale non è un semplice ricordo di un importante evento. La nascita di Gesù interroga ancora, deve anzi continuare ad interrogarci. C'è un'esigenza diffusa di rinascita; tutti ne sentiamo il bisogno. Non è possibile che le cose continuino come sono. Eppure continuiamo a dire che è impossibile cambiare le cose e ancor più difficile trasformare il cuore degli uomini. Il Vangelo del Natale ci dice che si può rinascere. Apriamo il nuovo anno con la prima pagina del Vangelo di Giovanni: "In principio era il Verbo". "In principio", vuol dire "al fondamento", all'origine, alla sorgente della vita. La Chiesa ci invita a porre all'inizio di questo anno la Parola evangelica. Questo vuol dire rinascere: ripartire dal Vangelo. Se non c'è il Vangelo a fondamento delle nostre giornate, sarà vano il nostro impegno perché saremo privi della luce che è venuta nel mondo. E dobbiamo crescere con il Vangelo, ascoltandolo giorno dopo giorno, sfogliandolo pagina dopo pagina per ascoltarlo e metterlo in pratica. Così diventiamo contemporanei del Vangelo. Le domeniche ci aiuteranno in questo cammino assieme al Signore. Lo seguiremo nell'Epifania, nel suo Battesimo, nella crescita a Nazareth, nella sua missione per le città e i villaggi della sua terra, nella sua passione, morte e resurrezione. Da Natale in avanti il Verbo, la Parola evangelica, deve divenire carne della nostra vita. Per mezzo di essa, infatti, Dio compie la sua opera, la sua storia di salvezza in noi e nel mondo. La salvezza non è una idea ineffabile: Dio si mostra con la comprensibilità della parola. E non è neppure nell'astratto: la parola di Dio si manifesta nella carne, nella vita. Potremmo dire che la parola evangelica chiede di esser veduta, deve divenire fatto, vita concreta. Non a caso i pastori esclamarono: "Andiamo fino a Betlemme, vediamo questa parola che il Signore ci ha fatto conoscere" (Luca 2,15). Quella parola, che era fin da principio, in quella notte divenne carne di un bambino. Il vocabolo "carne", oltre ad indicare visibilità e concretezza, evoca la condizione di fragilità dell'uomo, manifesta la sua debolezza. Questa è la legge dell'incarnazione che diviene la via anche della rinascita di ognuno di noi. Come si diventa figli di Dio? L'evangelista scrive: "A quanti però l'hanno accolto ha dato il potere di divenire figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati". Si diventa figli di Dio accogliendo il Vangelo. E si cresce manifestando, nella povertà e nella modestia della propria vita, che le pagine evangeliche divengono la carne del nostro vivere. |