Omelia (17-06-2012) |
padre Antonio Rungi |
Un seme che per sbocciare necessita di tempo Le parabole sul Regno di Dio che ci accompagnano frequentemente durante la liturgia della parola delle domeniche ordinarie del tempo liturgico hanno una finalità pedagogica e teologica di grande importanza per un credente che sa benissimo che necessita di tempo per poter entrare in questo regno, crescere in esso e raggiungerne la pienezza oltre questa vita terrena. In questa XI domenica del tempo ordinario nel Vangelo sono messe alla nostra attenzione due importanti parabole dette da Gesù alla folla, perché si renda disponibile ad accoglierlo questo regno e a farlo crescere dentro il proprio cuore. Come un simile regna possa crescere? Lo compendiamo alla luce di altri parallelismo evangelici che Gesù utilizza per formare le coscienze dei suoi discepoli, perché cresca in loro la consapevolezza di appartenere con la fede a questo regno e farlo crescere, aumentando appunto la fede, il dono della grazia di Dio che santifica e ci perfeziona nel tempo, preparando la nostra esistenza ad un possesso definitivo di questo regno nell'eternità beata. Ritornando al Vangelo ascoltiamo cosa dice Gesù nel brano di oggi: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell'orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa". Il Regno è prima di tutto paragonato ad un seme. Chi è addentro alla coltivazione dei campi, dei fiori, degli alberi, sa benissimo cosa rappresenti il seme, gettato in un terreno. Se il terreno è ben predisposto, curato, il seme cresce da solo, si sviluppa e produce quello che in origine è e poi diviene di fatto. Si tratta di un seme di frumento, perché si parla di spiga e mietitura. Due riferimenti molto importanti nel contesto generale della parola di Dio. Il frumento buono viene raccolto nei granai che indicano la chiesa, la comunità dei credenti che alimenta la sua vita attraverso l'eucaristia, i sacramenti, la grazia di Dio. La mietitura è l'altra immagine che richiama il giudizio di Dio, quello definitivo; per cui ci sarà la raccolta nella gloria dei cieli di quanti hanno operato in questa terra per il bene. Ci sono mietiture annuali e mietiture definitive. Quelle periodiche e annuale rappresentano la verifica spirituale ed ecclesiale delle nostre comunità, interpellate dalla parola di Dio a dare una risposta ferma a ciò che è davvero indispensabile per la salvezza eterna. La mietitura definitiva quella del giudizio universale chiuderà la storia per sempre ed inizieranno cieli nuovi e terra nuova. Il Regno di Dio nel Vangelo di oggi è paragonato ad un granello di senape che inizialmente piccolo, diventa nel tempo un albero. E' qui il significato più vero della crescita spirituale e interiore di ogni cristiano che prende sul serio la fede in Cristo e vive di fede, immerso in un cammino di perfezione nell'amore, che giunto al termine del suo sviluppo, diventato albero, costituisce un esempio per gli altri, un sostegno, una protezione, un punto di riferimento, un refrigerio dalle fatiche della vita quotidiana. Ci si riposa sotto l'albero al fresco quando la calura è difficile da sopportarsi, quando la stanchezza avanza e quando è necessario recuperare energie per continuare. Segni, similitudini, immagini varie per farci capire cosa sia davvero importante per un cristiano. Perché proprio la senape? Sono le tante piante citate nel Vangelo e che erano ben note a Gesù, ma anche alla gente che seguiva Gesù, perché per utilizzare queste immagini Gesù, evidentemente conosceva che la folla avrebbe capito il messaggio che voleva lanciare. E allora conosciamola meglio questa senape. E' una pianta originaria dell'Asia, dove cresceva spontanea. Si pensa che sia stata coltivata per la prima volta nel 3000 a.C. in India, e poi esportata in Occidente come spezia pregiata. Era infatti già nota ai Greci e ai Romani, i quali utilizzavano i semi pestati da cospargere sui cibi per renderli più appetitosi. Plinio, nella sua «Historia naturae» (20,236-240), annovera la senape tra le piante coltivate ma, a differenza di altre erbe medicinali, essa non abbisogna di alcuna coltura. Una variante di senape è la Sinapis arvensis, che cresce spontaneamente ed è considerata infestante dal contadino. Gesù se ha scelto questa pianta per illustrare la consistenza del suo regno, un motivo c'era e lo si può individuare nel fatto che un granello di senape mette in risalto il contrasto tra la piccolezza del chicco e lo stadio finale della sua crescita. Il regno di Dio non ha apparenza eclatante, eppure esso è già vicino e presente ma nell'aspetto insignificante di un granello di senape. Proprio a partire da quella minuscola entità si sviluppa una grande realtà di vita. Dio opera cose mirabili servendosi di strumenti e materiali umili che portano in sé un potenziale e un dinamismo travolgente. La parabola poteva terminare con l'immagine dell'albero anche senza alcun ulteriore rinforzo, ma Gesù continua: «... e gli uccelli del cielo si sono posati tra i suoi rami» (Lc 13,19b). Più di ogni altro arbusto, nel caso della senape, colpisce la proporzione che prende la pianta: essa diventa un albero reale, dal rifugio sicuro per i volatili. L'immagine dell'albero sui cui rami gli uccelli fanno il nido è classico nei profeti, per designare l'uno o l'altro dei grandi regni del loro tempo. Gesù aggiunge questo «di più», alludendo chiaramente all'apologo del cedro di Ez 17,22-24 che descrive la prosperità e l'estensione universale del regno di Dio: «Dice il Signore Dio: lo prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami coglierò un ramoscello e lo pianterò sopra un monte alto, massiccio; lo pianterò sul monte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà». In Cristo ogni predizione di salvezza dell'Antico Testamento ha trovato la sua realizzazione. Il regno di Dio diventa iperbolicamente un arbusto dalle dimensioni gigantesche e giungerà ad abbracciare e salvare i popoli del mondo intero. Attraverso questa parabola Gesù spiega che il regno ha una logica diversa e superiore a quella umana e che esso si manifesta in modo imprevedibile e inesorabile, accompagnato dalle sue parole e opere. Il granello di senape, ossia la predicazione di Gesù, non è appariscente, eppure reca in sé il mistero dell'agire divino, di ampiezza universale. «L'agire divino non è misurabile con criteri umani dell'efficienza e del successo. Dio fa storia con il piccolo resto operando in forma oscura e inferiore, sollecitando gli uomini a fargli credito anche contro le apparenze. È un chiaro invito alla fiducia e alla speranza». Tutto questo diventa maggiormente comprensibile alla luce della prima lettura di oggi, tratta dal libro del profeta Ezechièle (17, 22-24): Così dice il Signore Dio: «Un ramoscello io prenderò dalla cima del cedro, dalle punte dei suoi rami lo coglierò e lo pianterò sopra un monte alto, imponente; lo pianterò sul monte alto d'Israele. Metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all'ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l'albero alto e innalzo l'albero basso, faccio seccare l'albero verde e germogliare l'albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò». E qui è forte il richiamo all'umiltà, ad abbassare ogni orgoglio umano, ogni personale convincimento che siamo nel pieno vigore delle energie e che tutto è perfetto in noi. L'albero alto verrà abbassato e l'albero basso alzato. Quale atteggiamento allora come cristiani in crescita dobbiamo avere davanti al Signore che ci chiama ad una piena risposta d'amore in lui che sarà piena nell'eternità? La risposta a questa domanda la troviamo espressa in modo magistrale nella seconda lettura di oggi, tratta dalla seconda lettera di San Paolo Apostolo ai Corinzi: "Fratelli, sempre pieni di fiducia e sapendo che siamo in esilio lontano dal Signore finché abitiamo nel corpo - camminiamo infatti nella fede e non nella visione -, siamo pieni di fiducia e preferiamo andare in esilio dal corpo e abitare presso il Signore. Perciò, sia abitando nel corpo sia andando in esilio, ci sforziamo di essere a lui graditi. Tutti infatti dobbiamo comparire davanti al tribunale di Cristo, per ricevere ciascuno la ricompensa delle opere compiute quando era nel corpo, sia in bene che in male". In poche parole dobbiamo sforzarci di essere graditi al Signore. Il tasso di gradimento non è un indagine di mercato, ma un'indagine profonda di lettura della nostra condotta alla luce del Vangelo, della nostra fede, della nostra carità, della nostra speranza, della nostra interiorità. Si diventa graditi a Dio e a qualsiasi altra persona di questo mondo, se rispondiamo alle sue e loro attese. Perciò se vogliamo verificare il livello di gradimento, prendiamo tra le mani il Vangelo, le regole morali, i comandamenti ed esaminiamoci attentamente. Solo così possiamo avere la certezza di camminare sulla strada giusta e di perfezionarci nel tempo. "Il giusto fiorirà come palma, - ci ricorda il salmo responsoriale di oggi - crescerà come cedro del Libano; piantati nella casa del Signore, fioriranno negli atri del nostro Dio. Nella vecchiaia daranno ancora frutti, saranno verdi e rigogliosi, per annunciare quanto è retto il Signore, mia roccia: in lui non c'è malvagità". Sia questa la nostra preghiera di oggi: "O Padre, che a piene mani semini nel nostro cuore il germe della verità e della grazia, fa' che lo accogliamo con umile fiducia e lo coltiviamo con pazienza evangelica, ben sapendo che c'è più amore e giustizia ogni volta che la tua parola fruttifica nella nostra vita". Amen. |