Omelia (24-06-2012) |
Wilma Chasseur |
Colui che non è Festa antichissima che risale al IV secolo. Giovanni Battista è l'ultimo profeta dell'Antico Testamento; profeta dell'Altissimo per eccellenza, perché se gli altri annunciavano il Messia da lontano, lui fu presente alla sua venuta. Lo vide e lo indicò come Colui al quale non era degno di sciogliere nemmeno il legaccio dei sandali. Il Battista si situa alla giunzione tra Antico e Nuovo Testamento e per questo Gesù disse: "Tra i nati da donna non c'è nessuno più grande di Giovanni Battista, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui". Nell'antica alleanza nessuno è più grande di lui perché ha aperto l'era messianica, ma nella nuova alleanza, entriamo in un regime totalmente diverso: quello dei Cieli aperti, le cui porte sono state riaperte dal sacrificio di Gesù in Croce e quindi il più piccolo di questo regno è più grande anche del Battista perché lui ha visto solo l'inizio della salvezza, ma nel regno dei cieli aperti se ne vede anche il compimento.
Ma Giovanni Battista fu grande nell'umiltà: non rivendicò il titolo di Messia per se stesso, ma disse che era solo la voce che indicava il vero Maestro e invitò i suoi discepoli a seguire Gesù, non lui. Presentandosi non diceva "io sono", ma "io non sono" (non sono Elia, non sono il Messia...) e indicava l'unico Maestro venuto a rivelare lo straordinario destino di gloria che ci aspetta riscattando così la nostra vita dal non-senso e dalla banalità, elevandola ben al di sopra di quanto potessimo sperare! Perché il grande problema dell'uomo di tutti i tempi, non è quello del vivere, ma di dare un senso alla propria vita e al proprio andare. "Noi di tanto in tanto sperimentiamo di essere eterni" diceva già Seneca nel I secolo a C. Ogni tanto, a sprazzi, sentiamo anche noi che "l'uomo supera l'uomo" (Pascal), ma abbiamo bisogno di sentirlo in modo costante perché noi -a differenza degli animali- non abbiamo solo il problema del vivere, ma del perché viviamo.
Nel Benedictus, viene annunciata l'ora della remissione dei peccati e della misericordia. E' la prima volta che il concetto di misericordia compare nel Nuovo Testamento e DIO riconferma così, l'alleanza fatta al suo popolo, nonostante Israele l'abbia infranta più volte. E Israele siamo tutti noi. Noi siamo infedeli, ma DIO è fedele. La sua parola è promessa e promessa mantenuta per i secoli eterni. Anche se una madre si dimenticasse del proprio figlio, Dio non dimenticherà mai i suoi figli, anche se ingrati, infedeli e traditori.
Questo è il tempo della Salvezza, quello in cui il Cuore trafitto di Gesù, ci rivela la sua misericordia. Chi si affida a questa misericordia non sarà né condannato, né giudicato ("Chi crede in Me non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita" Gv. 5). L'unico giudizio sarà quello di dirci -con uno sguardo colmo di amore- chi veramente siamo. Allora, dopo essere stati guardati così da Gesù, saremo veramente ciò che avremmo sempre voluto essere, perché Lui stesso realizzerà in noi questa pienezza di vita e di destino che noi, non eravamo mai riusciti a realizzare. Sarà il nostro nome nuovo che solo Lui conosce e che ci rivelerà nell'ultimo giorno. |