Omelia (24-06-2012) |
Gaetano Salvati |
Una vita piena... nel Suo nome "Io ti rendo grazie: hai fatto di me una meraviglia stupenda". Il ritornello del Salmo ci aiuta a comprendere il motivo per cui la liturgia, oggi, celebra una nascita, quella di Giovanni Battista. La ragione profonda non risiede nella meditazione dell'opera compiuta dal cugino di Gesù lungo le rive del Giordano, trent'anni dopo la sua nascita; quanto piuttosto, nel considerare attentamente la formazione iniziale di Giovanni. San Luca, infatti, narra che "il bambino cresceva e si fortificava nello spirito" (Lc 1,80). Fermiamoci un istante, e meditiamo il racconto dell'evangelista: scopriremo che la descrizione della nascita e dell'infanzia del Battista illuminerà il nostro cammino di fede. Il Vangelo riporta che Elisabetta diede alla luce un figlio (v.57). È importante rilevare che la madre concepì il bambino in tarda età: ciò dimostra che i tempi di Dio, per cui ogni uomo ha la possibilità di convertirsi, ci sono ignoti; dunque, basta questo per farci comprendere che il Signore dà sempre la possibilità per salvare la creatura, per (ri)tornare a Lui, per convertirsi. Continuando la narrazione, i genitori, adempiendo l'annuncio dell'angelo (v.13), chiamarono il figlio Giovanni, che significa "testimone della luce". In realtà, la loro fermezza di fronte a quanti, fra parenti e vicini, volevano un nome diverso, sta ad indicare che Dio, ancor prima della nascita, conosce il destino del bambino, tanto da rivelarlo al padre e renderlo, così, partecipe del piano di salvezza attuato da Gesù. Infatti, la lode di Zaccaria rivolta a Dio, cui accenna il Vangelo, è la prova che l'Altissimo non nasconde i Suoi progetti all'uomo. Lo coinvolge perché ama, e amando, manifesta che Egli è il Dio per noi; cioè, incarnandosi e morendo sulla croce, ci salva dalle tenebre dell'inquietudine, per condurci alla vita eterna, ad un'esistenza da vivere in pienezza. Il dono del seme della fede, allora, è il mezzo con il quale il Signore ci compromette al Suo amore e, al contempo ci invita a non staccarci da Lui. A riguardo, l'ultimo versetto del Vangelo dice che il piccolo Giovanni non veniva distratto da futili interessi, ma, rinvigoriva il suo spirito nella presenza di Dio (v.80). Qui risiede l'origine, cui si accennava in principio, della solennità odierna. La figura umile di Giovanni ci mostra che la fede senza la nostra collaborazione, senza il nostro impegno quotidiano per farla fermentare nella storia, non conduce ad esprimere totalmente il nostro essere cristiani e, quindi, ad una vita realizzata nell'Amore: unico "elemento" che rende intensa la nostra esistenza. L'impegno, quindi, evidenzia la nostra volontà a seguire sempre e in ogni caso il Maestro, e a lasciarsi guidare dalla Sua luce. Egli, nonostante le difficoltà del nostro esistere, illuminerà i nostri passi, fino a farci soggiornare sulla terra lodando il Suo nome, come Zaccaria, per i benefici che ci concederà. Impegnarsi a vivere nell'Amore, infine, denota costanza, perseveranza nell'individuare nei sentieri del patire, la forza insopprimibile di Dio, che trasforma le amarezze in felicità, le delusioni in successi, le frustrazioni in affermazioni. Solamente nel Suo nome, dietro Lui, faremo della nostra vita una splendida avventura; innanzitutto, ci realizzeremo come uomini: capaci di Dio, per natura pronti a cercarLo, sapremo cogliere e accogliere la Sua voce; poi, ci realizzeremo come cristiani: chiamati per vocazione, doneremo la Sua luce agli altri. Amen. |