Omelia (01-07-2012) |
Gaetano Salvati |
Commento su Marco 5,21-43 Il Vangelo di questa Domenica ci mostra due esempi per il nostro itinerario di fede e di vita cristiana: il coraggio dell'emorroissa e l'abbandono della bambina. San Marco narra che Gesù, dopo aver predicato alla folla, fu avvicinato da Gairo, uno dei capi della sinagoga (Mc 5,22), il quale supplicò il Maestro affinché guarisse la figlia (v.23). Il Salvatore "andò con lui" (v.24). Mentre camminava tra la moltitudine di persone, una donna "molto sofferente" (v.26), tentava con insistenza di toccare almeno il mantello del Signore; diceva: "se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata"(v.28). L'evangelista dice che Gesù, nonostante la folla si stringesse attorno a Lui, si accorse che una persona gli aveva toccato le vesti (v.30). Chiese a tutti: "chi mi ha toccato?" (v.30); cioè, chi mi ha cercato con insistenza per salvarsi? Chi ha compreso che ogni uomo ha bisogno di incontrare Dio per avere la vita? A questo punto, la donna, impaurita (v.33), Gli disse l'accaduto. Gesù non la rimproverò, anzi, le disse che è salva perché ha creduto in Lui: ora, la donna, incrociato lo sguardo del Salvatore, non vive più nella sofferenza delle tenebre, bensì nello splendore della luce, della fede. Gesù non le mostra solo la gioia della partecipazione alla vita (v.34), ottenuta grazie all'incontro con Lui; afferma che è pure guarita da ogni malattia (v.34). Continuando il racconto del Vangelo, san Marco dice che Gesù ricomincia il cammino con Gairo. Ad un tratto, alcuni uomini vennero dalla casa del capo della sinagoga con una terribile notizia: "tua figlia è morta" (v.35), e ancora, è inutile il contatto con il Maestro (v.35). Ma Gesù disse al padre: "abbi fede" (v.36); vale a dire, io non ti ho mai abbandonato, sono stato sempre vicino alla tua sofferenza, adesso sforzati di credere alle mie parole. Giairo, allora, vedendo l'ininterrotta vicinanza del Maestro continuò ad avere fede in Lui, tanto da condurLo dentro la sua casa (v.38, nel suo cuore). Qui entrarono poche persone (v.37), quelle indispensabili. Entrò anche Gesù (v.39) che si avvicinò alla bambina (v.40), le prese la mano e le disse di alzarsi, e "subito la fanciulla si alzò" (v.42), guarita. L'esempio dell'emorroissa illumina il senso della nostra fede. Innanzitutto, non è una conquista, quasi un trofeo da ostentare per dimostrare la nostra appartenenza al cristianesimo. È una continua, insonne ricerca del Volto di Cristo. Tale indagine va fatta partendo dal nostro intimo: qual è la cosa più importante per noi? Se è il Signore, Egli non ci farà mancare il sollievo della Sua vicinanza: ci conforterà e ci incoraggerà a cercarLo con maggiore insistenza; fino a farci comprendere che la vera preghiera non è l'implorazione di una risoluzione naturale di tutti i nostri problemi; ma, la salvezza dall'inconsapevolezza della Sua presenza. L'esempio di Giairo, ugualmente, ribadisce che il dono della fede è un cammino da eseguire quotidianamente e in compagnia del Maestro. La narrazione di tutta la sua vicenda, dall'implorazione fino alla guarigione, ha mostrato, difatti, la perenne prossimità del Signore dinnanzi ai conflitti che la natura pone sulla strada dell'uomo: Gesù, il Figlio di Dio, fatto storia per amore dell'umanità, è il solo che dà forza, che spinge la creatura ad aprirsi alla Sua novità. Quando l'uomo, come Giairo, dischiude le porte del cuore (della casa) alla novità del dono della grazia, effettiva partecipazione alla vita divina, intuisce che il Salvatore lo invita a rialzarsi definitivamente dall'ozio del peccato. L'invito ad alzarsi (v.42) è la chiamata a riprodurre nella nostra vita la carità con cui Dio ci fa partecipi della Sua vita: vivere il cristianesimo, quindi, non è solamente una questione di cuore; ma, è lasciarsi coinvolgere da ogni sofferenza che incrocia il nostro cammino (di fede). Amen. |