Omelia (15-07-2012)
padre Gian Franco Scarpitta
Non porre limiti alla libertà di Dio

Ad eccezione del solo Isaia che si propone spontaneamente a Dio con le parole "Eccomi, manda me", nessuno dei profeti, dei patriarchi o degli apostoli hanno mai preso l'iniziativa di armarsi e di partire per svolgere un mandato di provenienza divina. E' stato sempre Dio stesso a chiamare i suoi missionari e i latori del suo messaggio e non lo ha fatto certo seguendo i nostri schemi mentali o i nostri sottili ragionamenti.
Le vie del Signore non sono le nostre vie e i criteri delle sue scelte decisionali differiscono estremamente dai nostri. Cosicché, quando si parla di vocazione, cioè i chiamata divina verso un progetto o uno stato di vita di qualsiasi natura ed entità, vanno scartati tutti i procedimenti propri delle nostre selezioni professionali quali il curriculum, il titolo di studio, la competenza, il fascino e l'abilità: Dio è libero di scegliere e di destinare chi vuole e secondo le modalità che lui stesso preferisce, non è vincolato da criteri e modalità di scelta e procede secondo programmi a noi sconosciuti. Nessuna meraviglia quindi se coloro che egli chiama alla sua sequela non mostrano le qualità che noi ci aspetteremmo: Mosè e il successore Giosuè non erano fra i più colti e illuminati del popolo e addirittura Mosè oltre che ignorante era anche assassino.
Degli apostoli si sa che erano rudi pescatori, uno di essi era addirittura un traditore, un altro cambiavalute e un altro ancora addirittura tradì il Signore. Pietro, animato da grande spirito di umanità e di amicizia, stentava a vedere nel Signore il Messia e il Cristo. E il nostro Amos, di cui ci parla la prima lettura di oggi, racconta egli stesso della sua vita: "Non ero profeta, né figlio di profeta. Ero mandriano e cultore di sicomori. Il Signore mi chiamò mentre seguivo il gregge; il Signore mi disse: ‘Va, profetizza al mio popolo Israele." Lo sciatto e rozzo mandriano diventerà profeta apportatore del particolare messaggio della giustizia e della rettitudine in Israele e sarà uno dei profeti minori più rinomati dalla Sacra Scrittura. Dio non considera, nel chiamarlo, la sua scarsa capacità nell'arte oratoria, non guarda al perbenismo della formazione intellettuale e di raffinata sapienza che sono prerogative seguite ai nostri giorni nella scelta di una persona a un determinato ufficio. Dio semplicemente chiama e il suo appello è motivato dalla libertà sua propria, che è incondizionata e caratterizzata dall'amore e dalla fiducia che ci riserva. Ciascuno può essere oggetto di fiducia divina ed essere scelto da Dio ad un determinato ministero, ad una missione anche non duratura o perfino ad uno stato di vita speciale perché tutti siamo "degni" davanti al Signore. Succede pertanto, come è avvenuto al sottoscritto e a tanti altri giovani di trovarsi improvvisamente a percorrere itinerari che prima non si reputavano possibili, a vivere dimensioni che non ci si sarebbe mai immaginato e incontrare luoghi e persone prima impensabili come pure, ad un certo punto, a disporre di prerogative e capacità di cui anteriormente non si disponeva.
La vocazione, ovviamente, non è orientata alla sola scelta di speciale consacrazione o al solo ministero pastorale, ma riguarda ogni singolo battezzato e ogni uomo: può rivelarsi volontà di Dio la vita matrimoniale, una particolare scelta professionale, l'elezione di un particolare proposito di vita o semplicemente un solo atto di volontariato o di apostolato. Disposizione vocazionale da parte di Dio può anche risultare la dedizione di un giovane alla catechesi (quando si è incerti e impauriti, consideriamo che è Dio che ci sta inviando). Poiché non dipende da noi, non possiamo mai avere certezza assoluta del progetto di vita impostato da Dio su di noi con la sola eccezione dell'amore e della carità: quando si fa il bene, in ogni caso e in tutte le circostanze, si sta ottemperando alla chiamata divina.
La pagina evangelica relativa all'invio dei Discepoli ci agguaglia anche di un'altra certezza: colui che ci invita a partire, non manca di attrezzarci e di fornirci di ogni mezzo necessario allo scopo. Come si diceva all'inizio, quando si corrisponde ad una vocazione, non occorre equipaggiarsi né premunirsi, poiché chi ci affida una missione ci darà anche i mezzi e gli strumenti per poterla portare a termine, provvedendo anche al nostro adeguato sostentamento. I Discepoli prescelti, mentre partono, credono di dover contare solamente nel solo bastone che hanno a disposizione, ma si accorgeranno un po' alla volta che il loro stesso ministero e l'efficacia del loro messaggio non farà mancare loro nulla, nemmeno le cose voluttuarie e in necessarie. Si ritrovano infatti a predicare la conversione manifestando un segno dell'avvenuto Regno di Dio con la guarigione degli ammalati ed esercitando il potere conferito loro dal Maestro sui demoni e questo comporterà loro il consenso e l'accoglienza da parte dei nuovi credenti e delle turbe di popolo che si accalcheranno loro attorno. Proprio come succede anche oggi a quanti si incamminano in una missione religiosa. Come certamente sarà successo anche agli inviati di Gesù, si incontrano non di rado difficoltà legate all'indifferenza degli interlocutori, alle inimicizie e alle incomprensioni e spesso si fa fronte anche alle persecuzioni che l'attività missionaria comporta, ma si riscontrerà comunque di essere assistiti, sospinti e incoraggianti non dalle proprie forze ma da Colui che ci ha resi oggetto di tanta fiducia e stima.
Sia attraverso Amos, sia in questi missionari di cui ci parla Marco, come pure in tutti i personaggi della Scrittura, veniamo incentivati ad intraprendere qualsiasi ruolo, incarico o ministero nelle intenzioni di una corrispondenza vocazionale, rilevando a monte la sola volontà del Signore che mentre ci da' l'incarico ci predispone ad esso; insomma ad interpretare ogni nostra scelta nell'ottica della vocazione divina e corrispondere semplicemente ad una chiamata senza attribuire a noi stessi competenze e capacità è sempre garanzia di successo.
La situazione attuale di dispersione nel mondo del lavoro, con i continui tagli alla spesa pubblica, la riduzione delle infrastrutture e delle industrie, la diminuzione sempre più crescente del prodotto interno lordo e la conseguenza di una gravissima crisi occupazionale in tutti i settori, preclude ogni speranza al futuro dei giovani e delle famiglie, conduce a pensare la scelta lavorativa nell'ottica dell'urgenza e della fatalità: pur di trovare una sistemazione e un minimo salario mensile, ci si adatta a qualsiasi cosa, cercando un qualsiasi appiglio, specialmente quando si è perso da poco il lavoro e si tenta disperatamente di trovare una nuova sistemazione professionale. Una situazione certamente spiacevole e demoralizzante, che scoraggia la possibilità di una scelta mirata, ponderata e valutata secondo opportuna riflessione e considerazione, anche nel mondo dei laureati e degli abilitati. E' effettivamente difficile in questo desolane contesto concepire la scelta professionale su parametri di vocazione divina, eppure proprio questo stato confusionale dovrebbe condurci a considerare che davvero il nostro destino è nelle mani di Dio e che ogni nostra scelta deve davvero corrispondere ad una chiamata vocazionale. Proprio la situazione attuale dovrebbe privarci di false sicumere personali, farci prendere coscienza del dono esclusivamente divino e farci porre la domanda su cosa Dio voglia da ciascuno di noi. E per ciò stesso prendere in considerazione, per esempio, anche tutte quelle attività che siamo soliti relegare ad altri, quali l'assistenza anziani, l'artigianato, la coltura della terra e le attività servili di pulizia, essendo fra l'altro anche questi luoghi lavorativi rispettabili e apportatori di soddisfazioni e opportunità, che corrispondono non di rado ad un talento e ad un'inclinazione vocazionale. In tutti i casi, affidare alla fatalità il proprio futuro non è mai esaltante e conduce all'autolesionismo che vien dato dalla insoddisfazioni e dalle incertezze.
Valutando invece ogni cosa nell'ottica della fede e del primato di Dio nella nostra vita, orientando al meglio il nostro libero arbitrio, non sarà difficile corrispondere a noi stessi impostando adeguatamente il nostro avvenire e anche la vita di tutti i giorni, quando concepita alla stregua di scelta elettiva vocazionale, diventa foriera di soddisfazioni. Colui che chiama è Colui che ama. Ci conosce fin dall'eternità avendo chiari i nostri sentieri e le nostre disposizioni e può pertanto, unico fra tutti, determinare quanto davvero ci compete.