Omelia (08-07-2012) |
Agenzia SIR |
Commento su Mc 6,1-6 Anche quelli che non credono percepiscono in Gesù una presenza particolare, "Da dove gli vengono queste cose?". È una realtà che non conoscono, ma la "sentono" e se lo chiedono: "Che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani?". Se i miracoli non provocano automaticamente la fede, però lasciano il segno nell'incredulità. Mentre lo stupore, se da una parte può aprire alla fede, dall'altra porta allo scandalo e al rifiuto. Oggi sono quelli che conoscono bene Gesù ad essere increduli; ieri erano gli estranei (emorroissa e capo della sinagoga) ad aver avuto fede. Oggi i presenti sanno il suo mestiere, conoscono i suoi parenti, il luogo e il tempo in cui è nato. Ma sono conoscenze presentate come un ostacolo alla fede, perché segno di "debolezza" umana. Dinanzi a questo Gesù non può compiere nessun miracolo "potente". Lo stesso sarà sotto la croce ("Non può salvare se stesso!"). È lo scandalo della debolezza in cui si tiene segreta la forza del Signore. Gesù vuol far capire che lui salva solo attraverso la fede in Lui. Gesù è tutto appeso alla nostra fede, senza la quale non può compiere "potenze". Davanti alle meraviglie annunciate da Gesù si apre lo scandalo di un mondo che si considera lontano da Dio. Nessun ebreo avrebbe mai messo in dubbio la grandezza di Dio. Ma qui siamo davanti alla persona di Gesù. E Lui in che rapporto è con Dio? Come può Dio esser disceso nella piccolezza? Questo è lo scandalo per i concittadini di Gesù. Uno scandalo che porterà Gesù alla Croce. La bestemmia per la quale essendo uomo si fa Dio sarà l'accusa che lo condannerà a morte. Prima i parenti e poi la gente di Nazareth, tentano di fermarlo, ma egli non si lascia chiudere entro i legami naturali. Ormai i "suoi" sono quelli che ascoltano la sua voce e fanno la volontà del Padre. Anche a Nazareth Gesù ha cercato i malati e i poveri; essi sono il terreno buono dove il seme viene accolto e produce frutto. La prima eresia non fu la negazione della divinità di Cristo, ma quella che si scandalizzò della sua umanità e che nella sua debolezza crocifissa non vide la salvezza per tutti. Certo occorre la fede per adorare quella carne venduta per trenta denari, il prezzo di un asino o di uno schiavo. Commento a cura di don Angelo Sceppacerca |