Omelia (08-07-2012) |
don Luigi Trapelli |
L'umanità di Gesù Siamo nella Chiesa parrocchiale di Nazareth e predica una persona strana: il figlio di Giuseppe e di Maria. E' un povero carpentiere e la gente rimane scandalizzata e rifiuta il messaggio che Gesù propone. Gesù, il figlio di Dio, viene rifiutato dai suoi, dalle persone che ha conosciuto fin dalla sua infanzia, con le quali ha lavorato. Rimangono stupite del suo insegnamento, ma rifiutano il suo messaggio. Come può il figlio di un carpentiere parlare in questo modo? Partendo dalla figura di Gesù e collegandola alla nostra vita, colgo due spunti. Il primo riguarda la contestazione davanti all'insegnamento di Gesù. Gesù si poteva bloccare, poteva smettere di predicare e, invece, la affronta. Fa comprendere che l'agire di Dio si rivela nelle occasioni umili e semplici. Per questo andrà a predicare in altri villaggi inviando i suoi discepoli. Gesù contestato non si è rinchiuso in se stesso, ma ha moltiplicato il suo agire. Anche noi oggi siamo chiamati ad annunciare il Vangelo in un mondo che sembra non considerare la buona novella. Sembra che il cristianesimo sia una umanità da serie B. E, invece, siamo invitati ad annunciare con forza il Vangelo, accettando il rischio di non essere compresi anche dai nostri stessi familiari e amici. Il secondo aspetto riguarda lo scandalo di Gesù uomo Dio, ossia la divinità di Gesù si rivela grazie alla sua umanità. E' lo scandalo della gente di oggi. Un Dio da volto umano scomoda, un sacerdote con una grande umanità mette in crisi. Presi da mille miracoli, apparizioni, eventi prodigiosi, ci siamo dimenticati che la fede è realtà da vivere ogni giorno. La santità consiste nell'accettarsi riconoscendo che Dio, nonostante tutto, agisce nella nostra vita. Il cristiano non è l'uomo chiuso alla novità, ma è colui vive con entusiasmo la propria vita. La gioia del Vangelo nasce proprio dalla considerazione che Dio mi ama sempre, nonostante i peccati che continuamente compio. Un Dio dal volto umano sconvolge sempre e non è facile da accettare perché ci scomoda continuamente. |