Omelia (23-07-2012)
padre Lino Pedron


In questo brano Gesù scongiura i suoi amici di rimanere in lui, nel suo amore, per portare molto frutto e per godere la gioia in pienezza. L'espressione dominante di questo testo è "rimanere in", che ricorre sette volte.
Gesù si presenta come la vite della verità: in questo modo afferma di essere il Cristo, il profeta definitivo atteso dagli ebrei e la fonte della rivelazione piena e perfetta.
Nell'Antico Testamento la vite ha simboleggiato il popolo d'Israele.
Il salmo 80 canta la storia del popolo di Dio utilizzando l'immagine della vite che Dio ha divelto dall'Egitto per trapiantarla in Palestina, dopo averle preparato il terreno.
La presentazione del Padre, come l'agricoltore che coltiva la vite identificata con Gesù, richiama il canto d'amore di Isaia 5,1-7 nel quale il Signore è descritto come il vignaiolo che cura la casa d'Israele.
La vite-Gesù produce numerosi tralci; non tutti però danno frutto. Il portare frutto dipende dal rapporto personale del discepolo con Gesù, dall'unione intima con il Cristo. L'opera purificatrice di Dio nei discepoli di Gesù ha come scopo una fecondità maggiore.
Dio purifica i discepoli dal male e dal peccato per mezzo della parola di Gesù. Per Giovanni la purificazione è legata alla parola di Cristo, cioè all'adesione, per mezzo della fede, alla sua rivelazione.
Gesù parla della mutua immanenza tra lui e i suoi amici. Nel passo finale del discorso di Cafarnao, egli aveva fatto dipendere questa comunione perfetta tra lui e i suoi discepoli dal mangiare la sua carne e dal bere il suo sangue (Gv 6,56). La finalità della comunione intima con Gesù, il frutto che ogni tralcio deve portare è la salvezza.
L'uomo separato da Cristo, che è la fonte della vita, si trova nell'incapacità di vivere e operare nella vita divina. Senza l'azione dello Spirito Santo è impossibile entrare nel regno di Dio (Gv 3,5); senza l'attrazione del Padre, nessuno può andare verso il Cristo e credere in lui (Gv 6,44.65).
Come il mondo incredulo si trova nell'incapacità totale di credere (Gv 12,39) e di ricevere la Spirito della verità (Gv 14,17), così i discepoli, se non rimangono uniti al Cristo, non possono operare nulla
sul piano della fede e della grazia (v. 5).
Chi non rimane in Cristo, vite della verità, non solo è sterile, ma subirà la condanna del giudizio finale (v. 6).
Una conseguenza benefica del rimanere in Gesù è l'esaudimento delle preghiere dei discepoli da parte del Padre. L'unione intima e profonda con Gesù rende molto fecondi nella vita di fede e capaci di glorificare Dio Padre (v. 8).