Omelia (25-01-2004) |
Paolo Curtaz |
Un bel programma Il tempo che ci è dato è l'opportunità di scoprire il volto di Dio, di vederne il sorriso, di rileggere la Storia e la nostra storia nel suo sguardo, di percepire il suo amore di sposo che attende, di capire, infine. Per compiere questa impresa, che ci stacchi dalle nostre percezioni, dalla fatica del quotidiano, dobbiamo riascoltare e meditare la Parola che ci converte, sederci e accogliere la testimonianza di chi, come Luca, grazie alla predicazione di Paolo, ha conosciuto la misericordia di Cristo e ne parla. Luca non ha mai visto Gesù, come noi: è stato avvicinato al Vangelo da san Paolo, è di Antiochia ed ha seguito Paolo dal secondo viaggio missionario in avanti. Luca è di origine greca, ha sicuramente studiato, scrive in un greco raffinato e scolastico, e, secondo la tradizione, è un medico. Luca vuole dire una cosa alla sua comunità: Gesù è il volto misericordioso di Dio, Gesù è il volto splendido del Padre e la tenerezza di Dio emerge continuamente nel suo racconto. Dante dirà di Luca che è lo "scriba mansuetudinis Christi": lo scriba della mansuetudine di Cristo. Luca ci tiene al suo lettore: l'introduzione al suo Vangelo è un capolavoro; ricalcando lo schema in uso agli storici del suo tempo, Luca ci ricorda che si è documentato, che ha sentito testimoni, che è andato alla ricerca delle fonti per stendere il suo racconto, che ha faticato e si è sbattuto per restituirci un quadro storico attendibile degli eventi che sta per descrivere, e che tutto questo l'ha fatto perché Teofilo, destinatario del suo scritto (sarà un trucco? "Teofilo" significa: "amico di Dio", cioè noi!) possa verificare la saldezza della fede in cui crede. Luca ci tiene alla sua serietà di storico, ci tiene a confermare la fede in cui è rimasto coinvolto: non sono favole quelle in cui ha creduto, né pie elucubrazioni. Ha dato del tempo, Luca, a questa ricerca e ci tiene a precisarlo. Grande Luca! Fa bene a dirlo: neanche lui si immaginava che a duemila anni di distanza siamo ancora qui a giocare a fare gli intellettuali smaliziati, a guardare con sufficienza le pretese di storicità dei vangeli, a scrutare con arroganza il cristianesimo. Siamo convinti che la religione sia qualcosa di utile sì, male non ne fa', insegna il bene, ma che in fondo in fondo tutto si risolva in una pia esortazione che non può certo passare al vaglio della storia o della scienza. Il Vangelo è e resta uno splendido esempio di libro religioso, Gesù è una figura ammirevole, ma tutto si confonde: morale, favola, dottrina... Luca scuoterebbe la testa, invitandoci a prendere un po' sul serio la nostra fede, a dedicare del tempo alla nostra preparazione, a renderci conto che la fede va nutrita, informata, capita, indagata. Macché: le quattro nozioni imparate di malavoglia al catechismo sono spesse volte l'unico nutrimento spirituale di tutti noi. Salvo poi essere convinti di sapere molto sulla fede: più di una volta mi sono trovato durante una cena a disquisire di fede con fior di professionisti che si impantanavano miseramente nell'ignoranza nell'affrontare temi come l'etica, la storicità dei Vangeli e amenità del genere! Siamo seri: il problema è la nostra pigrizia, il problema è la dimenticanza: non ci importa della nostra interiorità, non investiamo perché in fondo non ci crediamo. Smettiamola di giocare a fare gli atei, non nascondiamo la nostra mediocrità dietro una pretesa culturale poco seria e documentata, portiamo rispetto per coloro che davvero hanno cercato e studiato e indagato. Mondo impigrito, il nostro, che affida ad altri l'analisi per poi mandare a memoria un riassunto delle conclusioni masticate dai tuttologi di turno. Vuoi veramente cercare la fede? Indaga. Cerchi davvero Dio? Informati. Vuoi davvero dare senso alla tua vita? Fidati. Sì perché – ci ricorda Luca – la fede nasce dalla testimonianza di chi ha visto e creduto. Così Gesù, a casa sua, a Nazareth, commentando la Parola durante l'incontro in sinagoga dello shabbat annuncia il suo programma. Gesù sceglie il brano di Isaia in cui si annuncia il ritorno dall'esilio in Babilonia del popolo di Israele, brano di liberazione, di salvezza, di ritorno, di gioia restituita. Gesù fa suo il sogno di Israele e dell'umanità di un mondo diverso, redento, armonioso, senza tenebre né fragilità, senza increspature né sbagli. Gesù s'iscrive alla grande schiera degli utopisti di tutti i tempi, di coloro che desiderano davvero cambiare. Per poi concludere: "oggi si è adempiuta questa scrittura". Oggi: Lui realizza questa armonia. Oggi: Cristo raggiunge la storia, Dio irrompe nel quotidiano e lo salva. Oggi: oggi di Luca, oggi mio, adesso, qui Dio mi raggiunge. Questo è il programma di Gesù: realizzare il sogno, renderlo concreto attraverso la sua presenza, presenza divina, presenza travolgente di Dio. Bel programma, no? |