Omelia (22-02-2004) |
don Mario Campisi |
Le due logiche È difficile di fronte a una pagina di Vangelo come quella di oggi non reagire con l'emotività. Reazioni diverse: "è un testo inumano. Le sue esigenze sono eccessive!"; "io insegno ai miei figli a difendersi! Non ho mai capito queste parole"; "questo programma non è alla portata di tutti. Ciò che è richiesto va al di là di ogni logica". Se poi si guarda ai comportamenti collettivi è ancora più incomprensibile. È, questa, una lettura affettiva: il testo ha fatto scoppiare i sentimenti, che polarizzano l'attenzione sul tema dell'amore ai nemici, sul porgere l'altra guancia. Qualche volta un testo come questo può diventare l'occasione per proiezioni ideologiche contraddittorie. Alcuni vivevano la condanna della lotta di classe; altri, al contrario, rilevano che parlare di amore ai nemici significa accettare che ce ne siano, e, dunque, che si è in lotta; altri, concilianti, vi possono vedere la difesa della lotta non violenta. Sono tutte letture che rivelano preoccupazioni ideologiche. È anche possibile riconoscere in questa pagina uno splendido ideale, ma non realistico: chi potrebbe sopravvivere con una simile logica alla concorrenza spietata del commercio? Una società economica o politica, anche piccola, che si ispirasse a tale ideale, sembra votata al fallimento. Di fronte alla violenza e all'ingiustizia la società ha giustamente elaborato sistemi di controllo, sostanzialmente ispirati alla legge del taglione, che di fatto è la legge del "pari", del "tanto-quanto". È importante dar voce a queste reazioni, svelare queste preoccupazioni, esplicitare queste resistenze, altrimenti questa pagina rischia di essere sentita, ma non ascoltata; magari condivisa al momento, ma subito dimenticata, come impossibile, anzi inapplicabile nella vita concreta. Facendo rilevare le parole più ripetute: amore, fare del bene, peccatori, merito, restare, levare il mantello, non rifiutare la tunica, chiedere, dare, si può notare che si tratti ha di un vocabolario molto ricco relativo alla circolazione dei beni. L'amore, dunque, si precisa nel far di circolare dei beni. A sua volta, l'analisi delle opposizioni fa scoprire due logiche opposte: da una parte la logica dell'equivalente scandisce: non amare i propri nemici, non benedire chi maledice, non amare chi non ama, fare del bene a quelli che lo fanno, prestare a chi può restituire. La scansione della logica evangelica del "di più" è ben diversa: ama i tuoi nemici, benedici chi ti maledice, ama quelli che non amano, fai del bene a chi non lo fa', presta anche a chi non può restituire. Di questa logica è motivato l'agire di Dio, "perché egli è benevolo verso gli ingrati e i malvagi". Ci si trova davanti alla rivelazione del mistero di Dio. Entrare nella logica del "di più" significa diventare "figli di Dio". Attraverso la parola di Gesù, Dio rivela se stesso, dà la sua legge che è una legge di gratuità. Entrare nell'ordine della grazia o della gratuità è agire alla maniera di Dio. A questo punto singoli e comunità sono stimolati a "riscrivere" secondo questa "norma" le situazioni concrete particolari. Il problema non è più sapere se bisogna o no "porgere l'altra guancia", ma sapere inscrivere questa logica del "di più" nei diversi e nuovi contesti umani. La nuova logica, sostenuta dalla rivelazione di Dio, non si ferma a un generico sentimento di benevolenza, ma si fa prassi conseguente, che ha il suo test di sincerità nella preghiera, cioè davanti a Dio. Così si passa dalla regola d'oro negativa "non fate gli altri ciò che non volete sia fatto a voi", già insegnata da Confucio e dallo stesso antico testamento (Tb 4,15; Sir 31,15), a quella positiva: "fate". Oggi si è fermi a Confucio? Solo un amore incondizionato e universale crea nuovi rapporti, che sorprendono gli avversari e spezzano la spirale dell'ingiustizia e della violenza. Di fronte alla miseria, Dio in Gesù si comunica come solidarietà, perdono, fedeltà. Il discepolo, rende visibile l'amore di Dio. Come sempre, la parola di Gesù non è una teoria, non è anzitutto un dovere, ma un dono, pura grazia. Amare in questo modo non sembrerebbe difficile, ma impossibile. Ma Dio ce ne ha regalato in Cristo la possibilità. E questo deve vedersi innanzitutto all'interno della comunità nelle tre forme: del non giudicare, non condannare, dare generosamente. Che, tradotto, significa: puntare sul futuro dei propri fratelli, fare credito alla loro reale possibilità di cambiamento con il merito della generosità di Dio, che è senza limiti. Queste novità fanno nascere anche nella storia la novità di uno spazio umano dove governa l'amore gratuito e universale. Tale è il compito serio dei cristiani, che decidono del loro destino davanti a Dio: "con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi il cambio" ( Luca 6, 38). |