Omelia (25-01-2004)
don Elio Dotto
Secondo il solito...

«In quel tempo, Gesù entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere».
Così l'evangelista Luca descrive i primi momenti del ministero pubblico di Gesù (Lc 1,1-4; 4,14-21); e certo noi rimaniamo meravigliati davanti alla normalità di queste sue prime azioni. «Gesù entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga»: egli cioè si comportò esattamente come i suoi compaesani, che in giorno di sabato si ritrovavano insieme per pregare, secondo il loro solito.
Appunto così facciamo anche noi ogni domenica, quando – secondo il nostro solito – entriamo in chiesa. La messa domenicale è infatti per molti di noi un'abitudine, un gesto consueto che segna i nostri giorni festivi. Accade però facilmente che una simile abitudine si trasformi anche in vuota ripetizione: perché ogni domenica – quando entriamo in chiesa – noi sappiamo bene chi è Gesù, cosa c'è scritto nel Vangelo, chi è il prete, cosa succede di solito durante una Messa... Noi appunto pensiamo di sapere bene tutto questo: e dunque spesso viviamo la celebrazione domenicale con leggerezza, senza avere troppe attese...
Non così invece accadde quel giorno, nella sinagoga di Nazareth, quando «Gesù entrò, secondo il suo solito,... e si alzò a leggere». Certo, Gesù quel giorno non fece nulla di straordinario, ma lesse semplicemente un passo assai noto del profeta Isaia, un brano conosciuto bene da tutti. Eppure c'era un clima particolare, quel giorno, nella sinagoga di Nazareth: tutti erano in attesa, «gli occhi di tutti... erano fissi sopra di lui». E bastò una simile attesa a trasformare quelle parole conosciute del profeta Isaia in parole nuove di speranza.
D'altronde allo stesso modo era accaduto al tempo del sacerdote Esdra – come leggiamo nella prima lettura di domenica – quando gli esuli di Israele fecero ritorno nella loro terra (Ne 8,2-4.5-6.8-10): «Tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della legge». Le parole che quel giorno vennero lette al popolo dai leviti non erano certo parole nuove e sconosciute: esse appartenevano all'antica tradizione di Israele. E tuttavia quel giorno il popolo – appena tornato dall'esilio – seppe vedere in quelle parole antiche la novità di una promessa che si compie.
Non così invece facciamo noi in tante situazioni della nostra vita, quando diamo tutto per scontato e pensiamo di sapere bene ogni cosa: proprio come ci accade anche di domenica andando alla messa. In tal modo l'esistenza ci appare sempre più monotona, e nessuna radicale novità ci sembra possibile.
E invece ogni giorno può accadere qualcosa di nuovo nella nostra vita: a condizione però che noi iniziamo ogni giornata con un'attesa che cerca compimento, e non invece nell'atteggiamento di chi sa bene... Perché chi pensa di sapere bene tutto avrà sempre la conferma che tutto si svolge come al solito, e dunque delude come al solito; soltanto chi riesce a nutrire ogni volta da capo un'attesa potrà vedere il compiersi dei suoi desideri.