Omelia (15-08-2012) |
don Alberto Brignoli |
"Assumiamoci" l'impegno di vivere! Quando festeggiamo una persona cara, lo facciamo in occasione del giorno anniversario della sua nascita, ovvero del compleanno. Quando invece festeggiamo un santo, generalmente ricordiamo il giorno della sua morte. E questo perché, secondo la fede cristiana che ci è stata trasmessa, la morte di un credente non è il termine della sua vita naturale, né tantomeno il segno della disfatta dei nostri ideali di onnipotenza e onnipresenza infranti contro il muro della limitatezza e del nulla. Chi muore senza alcuna speranza può certamente pensarla così. Ma chi sa di aver riposto la sua fiducia in Colui che non muore mai è pienamente convinto che terminare la propria esistenza significa essere accolti tra le braccia di un Padre che ci attende là dove ci è stato preparato un posto e dove Cristo ci ha aperto la via per arrivarci. Se poi cerchiamo di capire perché la morte di un credente possa diventare motivo di gioia e di lode, il significato lo troviamo appunto in ciò che abbiamo detto e che Paolo sottolinea nella seconda lettura di oggi: cioè, che esiste una resurrezione dai morti per mezzo della quale la morte è sconfitta e che è stata inaugurata con la Morte e Resurrezione di Cristo, "primizia di coloro che sono morti". La morte dei credenti, quindi, diventa un'imitazione della morte e risurrezione di Cristo così come la vita di un credente deve cercare di essere imitazione di quella di Cristo. Concretamente, la Solennità di oggi non fa altro che celebrare la morte di Maria: nella più antica tradizione della Chiesa, per riservarle una dignità imparagonabile a quella di ogni mortale, così come imparagonabile è la concezione e la nascita di Maria a quella di ogni essere vivente, questa morte è stata definita a volte con il termine di "transito" al cielo, altre volte come "dormitio", come "sonno" della morte (terminologie il cui uso poi è invalso parecchio pure nella descrizione della morte dei credenti in Cristo). In anni molto più recenti (parliamo del 1950) giunge la proclamazione dell'Assunzione di Maria in Cielo "in anima e corpo" come "dogma", ossia come verità di fede imprescindibile per chi si dice credente in Cristo. Se la primizia della Resurrezione è Cristo, possiamo allora senza mezzi termini definire l'Assunzione di Maria come primo frutto di questa primizia, non tanto perché Cristo dovesse fare questo primo regalo a sua madre, ma perché dietro questa priorità di Maria nel godere dei frutti della Resurrezione del Figlio c'è la priorità di Maria nel vivere il messaggio di speranza del Figlio. Ossia, Maria è la prima Risorta dopo Cristo perché è stata la prima seguace di Cristo, cioè perché è la prima vera cristiana. Se quindi è lei ad aprire la schiera di coloro che, credendo in Cristo, risorgono insieme con lui, è ancora lei ad aprirci la strada perché la nostra vita, e non solo la nostra morte, sia un'imitazione della vita di Cristo. Sarebbe perciò molto parziale, per non dire errato, leggere il significato di questa festa come uno sguardo verso il cielo, verso quel destino di gloria a cui Dio ci attende e di cui ci ha aperto la strada, dimenticandoci che questo destino si costruisce innanzitutto qui, sulla terra, attraverso una vita di fede degna di essere chiamata cristiana e insieme profondamente umana. Quell' "anima e corpo" che costituisce la definizione del dogma dell'Assunzione di Maria in cielo sta ad indicarci appunto che il nostro destino di eternità (l'Anima) sarà di gloria nella misura in cui lo costruiamo qui ed oggi "con il Corpo", ovvero con la fatica ed il peso del nostro vivere quotidiano. Vivere in attesa di un destino di gloria incrociando le braccia sul petto e reclinando il capo verso il cielo aspettando che il cielo si squarci e che Dio venga ad assumerci tra le nubi nella gloria senza sporcarci le mani con l'impegno quotidiano di essere uomini e donne profondamente credenti è quantomeno ridicolo; certamente non può dirsi un atteggiamento cristiano. Saremo assunti come Maria nella gloria che Dio riserva ai suoi fedeli nella misura in cui - permettetemi il gioco di parole - "ci assumiamo" qui ed ora un impegno serio a favore della vita e del mondo. E di gente che si assuma impegni seri a favore della vita e del mondo, la nostra società odierna ha profondamente bisogno. C'è bisogno di assumersi l'impegno di permettere ad ogni uomo di vivere e proclamare il proprio credo religioso senza alcuna discriminazione o persecuzione, ma anche senza la pretesa di alcun privilegio rispetto a qualsiasi altra fede; c'è bisogno di chi si assuma l'impegno di dare a tutti la possibilità di emergere da questa situazione di crisi attraverso un lavoro con un giusto salario, che a sua volta abbia un giusto potere d'acquisto, perché giusto e onesto è il lavoro che ogni uomo reclama, e nessuno ha il diritto di vedersi prosciugare i risparmi di una vita di lavoro da un'imposizione fiscale "salva stato" che colpisce sempre e solo i deboli e permette (assurdamente) all'industria del lusso di essere in crescita e non conoscere mai crisi; c'è bisogno di chi si assuma l'impegno di garantire a tutti la libertà di espressione, anche protestando, perché potranno anche buttare a terra borse e monete di ogni parte del mondo, ma non potranno mai annientare il pensiero e la parola; c'è bisogno di chi si assuma l'impegno di lottare seriamente contro la mania del gioco, l'abuso di alcool, l'uso di sostanze stupide e inutili, la noia di vivere che porta i giovani e non solo a cercare "lo sballo" come alternativa ad una vita di sacrifici e di valori; c'è bisogno di chi si assuma l'impegno di dire basta al pettegolezzo e al "gossip" come "stile di vita", e di dare un taglio ai processi mediatici che condannano al tribunale della televisione prima ancora che nelle aule di giustizia; c'è bisogno di chi si assuma l'impegno di fare della vita dei nostri giovani un grosso contenitore di ideali, di senso, di cose che contano, e non un fragile giocattolo "usa e getta" che si rompe con facilità contro il muro di un futuro che non riserva certo loro grandi prospettive. Assumiamoci ogni giorno l'impegno di vivere una vita degna di essere chiamata "vita": e ci accorgeremo, anche con l'aiuto di quella fede che ha marcato a fuoco la vita di Maria, figlia di Anna e Gioacchino di Nazareth, che non faremo alcuna fatica ad essere un giorno assunti là dove lei, Regina dell'umanità e della storia, siede già alla destra del Padre. |